- Nel settembre del 21 l’ex titolare del Viminale e Giorgia Meloni misero sotto accusa l’allora ministra Luciana Lamorgese per non aver usato il pugno duro in un teknival nel viterbese.
- Ma è una scelta che spesso i prefetti privilegiano per evitare ulteriori problemi. Ed è la stessa scelta che la polizia ha fatto a Modena.
- «Finalmente torniamo a far rispettare le regole», tuona Salvini. Ma se fosse così, sarebbe stato lui stesso, da ministro, a non farle rispettare.
«Pugno duro contro droga, insicurezza e illegalità. La pacchia è finita», ha aizzato il ministro Matteo Salvini da Facebook; ma per fortuna ieri a Modena le forze dell’ordine, pure arrivate in dosi massicce (trecento agenti, decine di blindati) a espugnare il capannone dove in un migliaio partecipavano a un rave, hanno scelto saggiamente «la riduzione del danno», come peraltro testimonia la presenza sul posto degli operatori della Cnca, il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza.
La “pacchia” per fortuna dunque è finita bene: nessuna irruzione, nessuna manganellata, la trattativa ha portato a un autosgombero, identificazione di massa e chiusa lì.
È stata una scelta operativa pragmatica, suggerita dalle stesse forze dell’ordine. La stessa scelta di altre occasioni simili, compresa quella dell’agosto del 2021 a Valentano, nel viterbese, per la quale Fdi e Lega si erano scatenate contro l’allora ministra dell’interno Luciana Lamorgese. E dove il rischio che finisse male era ben più forte, visto che c’erano più di 4mila persone e se ne aspettavano 30mila.
Il pragmatismo vale oggi come è valso allora: prefetti e forze di polizia, quando non riescono a prevenire questi raduni, spesso valutano che interrompere l’evento all’improvviso crei più problemi di quelli che cercano di risolvere.
Vedremo gli effetti delle norme varate ieri dal governo, sulle quali gravano pesanti perplessità da parte dell’opposizione. Norme in parte già preparate da Lamorgese, come ha spiegato il ministro Matteo Piantedosi in conferenza stampa.
«Finalmente torniamo a far rispettare le regole», tuona ancora Salvini. Ma evidentemente ce l’ha con sé stesso. Perché basta una sommaria consultazione degli archivi dei quotidiani per certificare che quando agli Interni c’era lui, e l’attuale ministro Matteo Piantedosi era suo capo di gabinetto (lo fu anche con Lamorgese fino all’agosto del 2020) rave, free party e raduni non autorizzati sono stati molti, una cinquantina. Una vera pacchia, potremmo dire.
La pacchia con Salvini
Il governo gialloverde nasce un anno prima della pandemia, e dura dal primo giugno 2018 al 5 settembre 2019. Quel primo giugno a Messina viene convocato un rave in un capannone dismesso di proprietà di Ferrovie dello stato; il 17 giugno a Rive del Torrente Orco (Ivrea), centinaia di partecipanti; il 18 a Valfornace (74 denunciati); il 19 a Roma al Villaggio Olimpico si svolge il raduno annuale di Casapound; il 25 a San Marcello, Pistoia; il 27 a Castri, Lecce, 500 partecipanti (in questo caso interrotti dalla polizia); il 15 luglio a Poggione di Pistoia, sgomberato; il 17 luglio a Villafranca (To), il 30 a Solarolo Pagartino (Cremona), il 5 agosto a Colleparto, Frosinone; e lo stesso giorno a Marano sul Panaro, Modena (600 partecipanti); il 10 agosto a Castelvetrano, Trapani; il 14 a Bernate Ticino (Mi); dal 17 agosto al 23 a Verminone, Macerata: in questo caso erano 4mila i partecipanti; il 24 a Loiano (Bologna); il 15 e 16 settembre a Contrada Salina, Ragusa, anche in questo caso la polizia lo ha interrotto; dal 28 al 30 settembre a Montalto di Castro, il 30 a Arce, Frosinone; dal 6 all’8 ottobre a Moncalieri (Torino, 2mila partecipanti); il 21 al quartiere Caravaggio di Milano; il 28 sempre a Milano, al capannone dell’ex provveditorato; l’uno novembre a San Nicolò di Teramo (600 persone); il 12 dello stesso mese all’ex caserma Cimarosa di Torino, il 19 nella stessa città al Mattatoio di None e a Monticelli d’Ongina, Piacenza; il 2 dicembre a Cassina de’ Pecchi, Milano, e il 9 a San Cesario, Modena.
Il 2019 viene inaugurato da un Capodanno free a Marciano della Chiana, Arezzo, con 450 partecipanti; l’11 febbraio sono in 600 a darsi appuntamento a Porto Mantovano, Padova; il 4 marzo nella zona industriale di Livorno, il 23 e 24 a Pieve del Cairo, Pavia; il primo aprile a Casalmaggiore, Cremona, e a Casalfiumanese, Bologna; dal 21 al 24 aprile di nuovo a Livorno, peraltro nella stessa ex fabbrica (la Trv); e poi a Osoppo, Udine; il 19 maggio a Frassineto Po, Alessandria; il 20 ancora a Livorno, in un capannone abbandonato di via dell’Arnaccio; il 25 ancora a Livorno, il 2 giugno a Appiano, Como; il 9 a Casale Monferrato, Alessandria.
Il 23 giugno a Roma, all’università La Sapienza. Qui muore un ragazzo nel tentativo di scavalcare un cancello, il ministro Salvini tuona contro il rettore Eugenio Gaudio che però fa sapere di aver fatto 60 segnalazioni e 19 denunce alle autorità competenti. A luglio free party a Serravalle Appo, Mantova, il 14 a Torrente Orco Montanaro, Torino, 500 partecipanti, il 16 a Cuggiono, Milano; il 20 a Chivasso, ancora Torino, 200 partecipanti; il 28 e il 29 a Cremona, 400 presenze; il 5 agosto a Ivrea, 500 partecipanti (e 5 arresti); il 12 a Pineto, Pescara, il 17 a Montepulciano, Siena; il 25 agosto a Gallicchio, Potenza. E infine il 31 agosto di nuovo a Casale Monferrato, Alessandria, 200 partecipanti.
Quando Salvini era ministro dell’Interno evidentemente i rave party erano molto meno in cima alle sue preoccupazioni rispetto ad oggi. Sicuramente rispetto a quell’agosto in cui Salvini, Giorgia Meloni, e anche il forzista Maurizio Gasparri misero sotto accusa la ministra Lamorgese per il teknival (rave party di più giorni) di Ferragosto al lago di Mezzano, vicino Valentano, nel viterbese.
Un raduno oceanico. Nel lago morì un ragazzo, ebbe un malore. Ma la polizia, come ieri a Modena, scelse la linea morbida, ovvero «servizi di cinturazione e controllo» ed evitò conseguenze peggiori.
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