Non era stata annunciata la visita di Francesco alla camera ardente dell’ex presidente a palazzo Madama. Martedì la cerimonia laica a Montecitorio
Il cerimoniale del Vaticano non ha fatto sapere niente a nessuno, neanche al cerimoniale di palazzo Madama, fino al momento in cui l’utilitaria bianca si è fermata davanti al portone di Corso Rinascimento. È Francesco, la folla che se ne accorge applaude. Il papa si fa portare in carrozzina davanti al feretro del presidente Giorgio Napolitano, si alza in piedi, si raccoglie in silenzio per minuti che i presenti descrivono come un tempo lungo e sospeso. È l’imprevisto, il colpo di teatro che più di tutta la giornata racconta, ce ne fosse bisogno, la statura politica e umana del presidente. Francesco consegna anche un messaggio scritto a mano, «Un ricordo e un gesto di gratitudine a un grande uomo servitore della patria».
«È la prima volta che un pontefice entra nella sede del Senato di palazzo Madama», dice ai cronisti il presidente Ignazio La Russa, visibilmente emozionato, «È stato per noi un grande onore. È stato affettuosissimo». L’altra volta di un papa in parlamento era stata nel novembre del 2002, Giovanni Paolo II, evento storico.
Il capo della chiesa cattolica rende dunque omaggio a un grande laico, per il quale domani alla camera si celebrerà il primo funerale civile in un’aula, ma che ha sempre dialogato con la religione. E con le religioni, come ha dimostrato ieri anche la presenza a palazzo Madama del presidente della comunità ebraica di Roma Victor Fadlun e il rabbino capo Riccardo Di Segni.
Basterebbe questo, il papa e il rabbino, insieme ai messaggi di cordoglio da mezzo mondo, e insieme al presepe di cittadini e cittadine che ieri si sono messi disciplinatamente in fila sul marciapiede di corso Rinascimento di Roma per rendere l’ultimo saluto al presidente (sarà possibile farlo anche oggi, dalle 10 alle 16) per indicare alla presidente del consiglio l’errore – di più, l’autogol – di quel messaggio di condoglianze così esibitamente gelido – il testo: «Cordoglio, a nome del governo italiano» e «un pensiero e le condoglianze alla famiglia» – non all’altezza del lutto del paese.
Evidentemente segnato dalle polemiche ruvide e assai poco istituzionali di quando lei era semplicemente leader di un partito all’opposizione, e semplicemente antieuropeista. Ieri Giorgia Meloni è stata alla camera ardente subito dopo il capo dello stato Mattarella, ed ha scambiato qualche parola con la famiglia.
Straordinario europeista
La camera ardente ha il segno della sobrietà. Il primo a raccogliersi davanti al feretro è Mattarella, accolto da La Russa, che fa gli onori di casa. L’allestimento della sala Nassirya è semplice: la bara coperta da un tricolore, su un cuscino nero il collare dorato della Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana, l’onorificenza, che spetta dai presidenti della Repubblica uscenti, le corone delle più alte istituzioni.
Sullo schermo, due grandi foto del presidente. C’è la famiglia, la moglie Clio, i figli Giovanni e Giulio, i collaboratori più stretti, l’amico Giovanni Matteoli, Maurizio Caprara, il suo portavoce del secondo mandato al Quirinale e il consigliere Carlo Guelfi.
Fuori, sotto il colonnato del cortile interno, le corone del Pd, del comune di Roma e il gonfalone del comune di Napoli, dove era nato Napolitano 98 anni fa.
Il cerimoniale è rigoroso, dalle 10 per un’ora sfilano le alte cariche dello stato, dalle 11 il senato si apre ai cittadini. Il primo gruppo politico è il Pd, che arriva in forze, la foltissima delegazione – Napolitano è un fondatore del Pd, anche se da presidente aveva smesso di esserne membro, e da emerito e senatore a vita era iscritto al gruppo delle autonomie – guidata dalla segretaria Elly Schlein. Poi Giuseppe Conte e i Cinque stelle, le delegazioni di FdI, Forza Italia, Italia viva arriverà nel pomeriggio, i rossoverdi stamattina.
La processione dei politici va avanti tutto il giorno, gli ex presidenti delle camere Gianfranco Fini, Pier Ferdinando Casini, Laura Boldrini, Piero Grasso e Marcello Pera, gli ex premier Mario Monti, Mario Draghi e Enrico Letta, il leader della Cgil Maurizio Landini, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Walter Veltroni, Francesco Rutelli. Ignazio Visco, Giuliano Amato, Vittorio Sgarbi.
Il commissario europeo per l’economia Paolo Gentiloni, senza intenzione, dice meglio di tutti quello che non piace a questa maggioranza: «È stato uno straordinario europeista, ha sempre avuto l’idea che lo sviluppo e la forza italiana sarebbero stati possibili necessariamente in un orizzonte europeo. La sua è stata una grande lezione».
Ed è la lezione che va di traverso alle destre, che naturalmente nel giorno del lutto azzerano le polemiche su quasi tutti i fronti. Parlano, anzi scrivono, solo i giornali d’area, la critica a Napolitano è dura, e rivela il pensiero che gli esponenti della maggioranza per qualche ora tacciono.
Sarà Gentiloni uno dei pochi a intervenire al funerale laico che martedì alle 11 e 30 si celebra alla Camera. Insieme a lui parleranno l’ex presidente della Corte costituzionale ed ex premier Giuliano Amato, l’ex sottosegretario Gianni Letta, l’ex capogruppo del Pd al senato Anna Finocchiaro e il cardinale Gianfranco Ravasi.
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