Il partito di Berlusconi non crede più alle aperture di Pd e Italia Viva, che non si sono ancora tradotte in fatti concreti. Intanto la Lega attacca ancora l’emendamento pro-Mediaset alla Camera, presentando una pregiudiziale di costituzionalità.
- «Le parole non bastano più e non sono più nemmeno credibili -. dice il deputato Giorgio Mulè – E’ evidente che i Cinque stelle fanno muro sul possibile dialogo, altrimenti il presidente Giuseppe Conte avrebbe già alzato il telefono».
- Il sospetto che si sta insinuando in Forza Italia è che le dichiarazioni del Pd e di Italia Viva in favore del dialogo abbiano un altro destinatario: Sergio Mattarella. Servirebbero ad attestarsi nei confronti del Colle e a dimostrare l’incapacità di Conte di prendere iniziative.
- Matteo Salvini ha dato mandato di sabotare in ogni modo l’emendamento pro-Mediaset, che potrebbe essere il preludio di una alleanza. E ha presentato in commissione una pregiudiziale di costituzionalità del provvedimento in cui è inserito, in cui cita espressamente la società.
Forza Italia si trova nel mezzo di due diverse tensioni. La prima riguarda la maggioranza: da settimane Fi apre al dialogo, ricambiata dal segretario del Pd Nicola Zingaretti e dal leader di Italia Viva Matteo Renzi, ma continua ad esserci un muro di silenzio da palazzo Chigi che non chiama né permette concretamente alcuna collaborazione. La seconda, invece, è tutta interna al centrodestra: la Lega, infatti, ha depositato alla Camera una pregiudiziale di costituzionalità in sede di conversione del decreto legge Covid, fondandola anche sulla presenza della norma cosiddetta “salva- Mediaset”, che mette al riparo la Fininvest di Silvio Berlusconi dall’assalto dei francesi di Vivendi.
Due fronti caldi che creano sempre maggior tensione nel partito. La strategia “istituzionale” da un lato ha fatto andare su tutte le furie Salvini, che ha ordinato ai suoi di sabotare l’emendamento caro a Berlusoni concordato con la maggioranza, dall’altro non ha pagato, portando ad un vero dialogo con il governo.
«Il governo non è credibile»
I parlamentari di Forza Italia, infatti, iniziano a non credere più alla volontà del governo di aprire all’opposizione in nome dell’emergenza. A scoraggiare i berlusconiani è lo scorrere del tempo: dalla prima dichiarazione favorevole di Zingaretti sono passate settimane, giorni fa è intervenuto anche Goffredo Bettini e infine Matteo Renzi, ma alle parole non sono mai seguiti fatti concreti. «Le parole non bastano più e non sono più nemmeno credibili -. dice il deputato Giorgio Mulè – E’ evidente che i Cinque stelle fanno muro sul possibile dialogo, altrimenti il presidente Giuseppe Conte avrebbe già alzato il telefono». Tradotto: le aperture del centrosinistra non servono a nulla, perché Conte non le recepisce come un mandato politico. Anzi, Conte ascolta più il fronte dei Cinque stelle, contrario ad aprire a Forza Italia.
La prova che non ci sia vera volontà sarebbe il calendario d’aula: il testo della legge di Bilancio è stato presentato con un mese di ritardo, la proposta di Fi del doppio relatore è stata fatta cadere nel vuoto. «Non c’è tempo per elaborare insieme qualcosa, quindi l’accordo non si farà», taglia corto Mulè.
Il più disponibile al dialogo sulla finanziaria è stato l’ex ministro Renato Brunetta, che ha provato in tutti i modi a creare le condizioni. «Avevo proposto di non chiudere il parlamento ad agosto per lavorare insieme e impostare la legge di Bilancio, ipotizzando di anticiparla perché arrivasse prima della seconda ondata di pandemia», dice Brunetta, rimasto inascoltato. Ora Forza Italia ha presentato le sue 34 proposte programmatiche per la legge di Bilancio, ma anche un ottimista come Brunetta ha dovuto ammettere che il governo sembra aver preso una strada diversa. «Alle nostre proposte dei giorni passati, Vito Crimi dei Cinque stelle ha risposto che la Finanziaria è un atto del governo. In tempi normali avrebbe ragione, ma ora siamo in emergenza» spiega Brunetta che, nel prendere atto della chiusura, aggiunge: «Noi eravamo disposti ad assumerci parte della responsabilità, vediamo ora se il governo e questa maggioranza ce la faranno da soli».
Il sospetto
Del resto, la stessa capogruppo in Senato Anna Maria Bernini ha detto che Forza Italia avrebbe potuto approfittare della confusione del governo, ma non lo ha fatto perché «vogliamo che su fisco, imprese, partite iva, famiglie e salute vengano accolte le nostre proposte in legge di Bilancio. Non cerchiamo un dividendo elettorale, ma vogliamo metterci al servizio del Paese».
Eppure, è la sintesi, «Finora non abbiamo avuto alcun segnale». Tanto che il sospetto che si sta insinuando in Forza Italia è che le dichiarazioni del Pd e di Italia Viva in favore del dialogo con Forza Italia abbiano un altro destinatario: Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica ha sollecitato in tutti i modi l’unità nazionale e le aperture del centrosinistra servirebbero ad attestarsi agli occhi del Colle e, per converso, a sottolineare la mancanza di volontà di Giuseppe Conte, incapace di farsi carico della nuova fase politica e ancora troppo succube della confusione dei Cinque stelle. Forza Italia, allora, non servirebbe come sponda parlamentare ma come pretesto per dimostrare al Quirinale che Conte non è più la persona giusta al momento giusto.
Il salva-Mediaset
Mentre è impegnata a trovare risposte dalla maggioranza, Forza Italia deve anche guardarsi le spalle. Matteo Salvini ha osservato con sospetto Forza Italia e non si fida delle garanzie di Berlusconi di non voler entrare in maggioranza. Anzi, moneta di scambio per il salto al governo potrebbe essere l’emendamento che mette al sicuro Mediaset dalla scalata di Vivendi. Per questo, Salvini ha dato mandato di sabotarlo in ogni modo. Al Senato c’è stato il primo tentativo, poi sfumato e fatto passare per uno screzio interno dovuto al fatto che Forza Italia non aveva avvertito la Lega dell’emendamento concordato con la maggioranza.
Ora, però, alla Camera è stata presentata una pregiudiziale di costituzionalità. Il testo è firmato in blocco da tutti i membri della commissione Affari sociali dove è incardinato il procedimento più il capogruppo a Montecitorio, Riccardo Molinari, e non lascia dubbi sulla volontà di attaccare frontalmente Berlusconi.
Per sostanziare l’incostituzionalità del decreto legge, infatti, si fa leva sull’eterogeneità delle materie: «L’articolo 4-bis che reca “disposizioni in materia di comunicazioni” al fine di aggirare sostanzialmente l’esito determinato dalla nota sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 3 settembre 2020, C-719/18 a seguito del ricorso presentato dalla società Vivendi contro l'Autorità per le garanzie delle comunicazioni e Mediaset SpA». Una citazione chiara e precisa, che non lascia dubbi che il bersaglio sia il leader di Forza Italia, nel suo principale punto di forza che è il patrimonio televisivo. Affossando lui e l’emendamento chiave del patto, Forza Italia non potrebbe che rifluire nelle fila del centrodestra a trazione salviniana.
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