La data cerchiata in rosso è mercoledì 31. È quella in cui il parlamento potrebbe finalmente scegliere i quattro consiglieri per il prossimo consiglio d’amministrazione Rai. L’accelerazione è arrivata nella capigruppo di ieri alla Camera: a porre il tema del tanto sospirato rinnovo sarebbe stato il capogruppo meloniano Tommaso Foti.

Un fulmine a ciel sereno che avrebbe lasciato sbigottiti i colleghi della Lega: il capogruppo Riccardo Molinari ma anche il presidente di Montecitorio Lorenzo Fontana. «Ma perché accelerare senza un accordo?» La versione più verosimile, ricostruita a posteriori da fonti di partito e interne all’azienda, rimanda a una sorta di preaccordo concluso tra quelli che ormai sono universalmente noti sul parallelo di viale Mazzini come “tre mandarini”, Giorgia Meloni e i suoi due vice, Antonio Tajani e Matteo Salvini. Un patto, però, comunicato troppo tardi ai parlamentari di Lega e FI.

I prossimi sviluppi

Poco dopo la riunione il ministro per i Rapporti con il parlamento, il meloniano Luca Ciriani, conferma che la data su cui ci si sta mettendo d’accordo è mercoledì prossimo: se dal Senato arriverà il nulla osta, il presidente Ignazio La Russa potrà convocare una riunione dei capigruppo già nelle prossime ore per confermare l’accelerazione anche nel secondo ramo del parlamento.

Parallelamente la Lega ha tentato di tenere botta alla decisione degli alleati di alzare il ritmo delle nomine: «La Lega è pronta a sedersi al tavolo: auspichiamo quanto prima un confronto sul futuro della televisione pubblica vista anche la necessità di avere numeri che superino quelli della maggioranza di centrodestra per promuovere in commissione di Vigilanza il nuovo presidente, senza questi passaggi l'annuncio della convocazione del parlamento rischia di diventare un esercizio di stile» si legge in una nota del capogruppo in commissione Vigilanza Giorgio Maria Bergesio. Insomma, quando i numeri saranno sicuri, anche i salviniani saranno pronti.

Se dunque vanno definiti ancora i dettagli, la road map di Meloni, che ai suoi ha manifestato chiaramente l’intenzione di archiviare la pratica Rai prima della pausa agostana, è tracciata. Se mercoledì dovesse arrivare il via libera sul nuovo cda, la settimana successiva si potrebbe infatti procedere all’elezione della presidente: la favorita è ancora Simona Agnes, in quota azzurra, a cui difettano ancora quattro voti per avere la maggioranza dei due terzi di cui ha bisogno. I voti attenzionati, oltre a quello di Dieter Steger della Svp sono quelli dell’ex Terzo polo.

A dire il vero mercoledì Iv e Azione hanno sottoscritto l’appello delle opposizioni contro il fatto che la maggioranza ha impedito l’audizione dei vertici sulla copertura delle elezioni francesi e sulla vicenda della fiction girata su Stromboli. Ma una nota successiva della capogruppo Iv Maria Elena Boschi che spingeva per un’accelerazione sul rinnovo del cda è stata letta da alcuni come disponibilità al confronto con le proposte della maggioranza. Dall’altro estremo del nuovo campo larghissimo, Barbara Floridia, presidente pentastellata della commissione Vigilanza, polemizza sugli appetiti della maggioranza: «Triste lo spettacolo che i partiti di maggioranza stanno offrendo sulla Rai. La Lega vuole un tavolo sulle nomine? Il vero tavolo va aperto per una nuova legge che impedisca dinamiche come quelle di queste ore».

Certo è che a viale Mazzini i soldati di Meloni iniziano a tirare un sospiro di sollievo, dopo settimane di stallo in cui nessun dirigente era più titolato per far fronte alle polemiche quotidiane che sono sorte in Rai. Dopo la doppia batosta Agcom sull’ultimo Sanremo (una multa riguarda la pubblicità occulta delle scarpe di John Travolta, l’altra il televoto falsato della finale), ieri è stata respinta dai lavoratori la bozza di accordo con i sindacati confederali di cui Roberto Sergio e Giampaolo Rossi si erano fregiati dal palco della presentazione dei palinsesti. Il sugello tangibile a un anno di malcontento per la generosità dell’azienda nei confronti delle produzioni esterne e la scarsa disponibilità - dal punto di vista dei dipendenti - nei confronti dei lavoratori interni.

Anche per il direttore di Rainews Paolo Petrecca non è stata una buona giornata: il consiglio di disciplina dell’ordine dei giornalisti del Lazio ha infatti ritenuto di archiviare la sua denuncia contro il comitato di redazione, che aveva segnalato per presunte scorrettezze nei suoi confronti in un passaggio del comunicato sulla copertura del festival di Pomezia. Nel testo la rappresentanza sindacale denunciava il fatto che il rapporto tra Petrecca e il festival delle città identitarie non fosse «scevro da interessi personali».

L’ordine non ha però condiviso la sua preoccupazione. Peraltro il suo nome è uno di quelli in lizza per gli spostamenti successivi alle nomine agostane. Ma fino ad allora c’è ancora molto da determinare: per esempio, cosa porterà a casa alla fine la Lega. I salviniani avevano puntato a proporre il direttore generale, ma sembra che si tratti ormai di una possibilità remota. Più plausibile invece che puntino i piedi per ottenere un’altra direzione di genere (approfondimenti o day time) o un altro incarico corporate di peso.

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