Secondo gli ultimi dati dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, a Taranto il consumo di suolo è tre volte superiore alla media nazionale, attestandosi attorno al 21,6 per cento, di cinque volte superiore alla media europea. Non soltanto. La città ha perso quasi il 20 per cento dei propri abitanti negli ultimi 40 anni.

In fuga

Dal 1981 ad oggi, infatti, Taranto ha visto andar via qualcosa come 39.380 abitanti, quasi 1.000 l’anno, senza contare le migliaia di studenti e studentesse universitari fuorisede andati a studiare altrove e mai più ritornati, ma che nella “città dei due mari” continuano a conservare la propria residenza. Di più: il trend dello spopolamento, come ha fotografato l’Istat, è in forte crescita. Basti pensare che negli ultimi dodici anni, più o meno da quando l’Ilva è stata sequestrata dai magistrati ed è entrata da allora in un declino irreversibile, il calo della popolazione residente ha raggiunto a Taranto il 5 per cento, un dato rafforzato dalle quasi 2.500 persone che sono andate via tra il gennaio del 2022 e quello di quest’anno. A questa drammatica istantanea anagrafica, si accompagna, poi, l’estrema crisi in cui versa il piccolo e medio commercio locale; secondo i registri della Camera di Commercio, infatti, dal 2014 ad oggi, hanno chiuso i battenti 864 attività. Eppure, a fronte di questi dati, l’ombra di una gigantesca speculazione edilizia sembra affacciarsi con prepotenza sulla città pugliese. A denunciarla nel dettaglio è il consigliere comunale Gianni Liviano del gruppo Demos nel libroComparto 32. Taranto. la città di cemento, da qualche settimana in libreria per la casa editrice Edita. Liviano si è chiesto, a partire da un caso concreto, se sia necessario costruire ancora, spargere altro cemento su un territorio che già non respira più, ipotizzando che la costruzione del nuovo ospedale “San Cataldo” possa diventare proprio un forte attrattore per una gigantesca speculazione urbanistica. La risposta, che nel libro è affidata al lettore, non può che essere positiva, a leggere i progetti di edificazione presentati al comune di Taranto da una Srl di costruttori, quella dei Fratelli Marchetti, una società nata soltanto sette mesi prima della richiesta del permesso a costruire. Ma andiamo con ordine.

Affare

È il 18 dicembre del 2017 quando l’ufficio di gabinetto del sindaco Rinaldo Melucci riceve dalla Srl il progetto per la realizzazione di «una struttura a basso impatto urbanistico e di medie strutture di vendita ad alte prestazioni energetico ambientali».

Nella realtà, spiega a Domani Gianni Liviano: «Se si fosse approvato il Progetto Marchetti si sarebbe potenzialmente consentito di realizzare nella zona un nuovo quartiere capace di accogliere diverse migliaia di abitanti, realizzato su dei terreni che allo stato sono tutti ad uso agricolo».

E poi aggiunge: «Il progetto prevedeva anche la realizzazione di sette strutture commerciali. L’azienda aveva dichiarato per questo di avere la piena disponibilità dell’area e di aver acquisito le manifestazioni di interesse di alcuni operatori di livello internazionale, tra i quali erano citati Leroy Merlin e Decathlon». E, tuttavia, prosegue il consigliere comunale di Taranto: «A conti fatti l’intera operazione immobiliare, tra appartamenti e strutture commerciali, avrebbe sviluppato un valore complessivo di circa un miliardo. È speculazione edilizia questa?», si chiede ancora Liviano.

Memoriedall’ultimafabbrica

La delibera

Rimane un fatto a contribuire nel definire di giallo i contorni di questa storia: la Fratelli Marchetti Costruzioni non ha presentato all’ente alcun titolo comprovante né la proprietà delle aree, né tantomeno la titolarità o disponibilità delle stesse, come si evince dalle carte della direzione urbanistica; «né si evince in atti nessuna delega da parte delle stesse aziende commerciali», si legge ancora nella relazione istruttoria che è agli atti dell’assessorato.

E, da qui, discende una domanda che attraversa tutte le pagine de La città di cemento», e che riassume in sé il nodo del contendere: «Una volta riscontrata l’assenza in atti sia delle deleghe delle società interessate che dei titoli di proprietà dei terreni gli uffici prima e la giunta comunale poi, avrebbero potuto rigettare la proposta in quanto omissiva di elementi essenziali?», si legge.

Invece, il progetto dei costruttori Marchetti è poi approdato all’interno del consiglio comunale, dove è stato votato e respinto attraverso la delibera n. 115, il 19 dicembre del 2022. Il Tar di Lecce, però, a febbraio di quest’anno ha dato ragione ai costruttori, ritenendo che l’atto in questione avrebbe avuto bisogno di una motivazione rafforzata in grado di evidenziare le ragioni di interesse pubblico.

In pratica tutto è avvenuto «con una tempistica dai contorni quantomai vaghi e indeterminati», hanno sentenziato i giudici amministrativi, i quali hanno riaperto, di fatto, la partita di una edificazione massiccia che potrebbe cambiare per sempre il volto di un intero quadrante della città.

Ora la palla è in mano al Consiglio di Stato che dovrà decidere se accogliere o meno le richieste dei Marchetti e, di conseguenza, i desiderata dei proprietari dei suoli, che passerebbero così da agricoli ad edificabili con un alto indice di fabbricazione.

La politica tace

Mentre dalla periferia raggiungiamo il centro cittadino che divide il borgo commerciale dalla città antica, osservando la metà delle saracinesche dei negozi che sono abbassate, tra cui quella della storica “Casa del Libro” che ha chiuso i battenti qualche settimana fa (altrettanto chiuse e sfitte risultano decine di case) incontriamo il capogruppo del Partito democratico in comune, Luca Contrario.

Contrario qualche ora prima era stato costretto ad abbandonare in lacrime l’aula del consiglio comunale, a causa delle derisioni, delle offese e degli applausi di scherno di tutto il consiglio comunale, mentre il consigliere cercava di concludere il suo intervento in aula.

Contrario oggi è passato all’opposizione (con il Pd, i Verdi e il Movimento cinque stelle) della giunta guidata da Rinaldo Melucci (sindaco eletto con il centro sinistra, ora governa in giunta con Italia viva e l’astensione dei consiglieri di centro destra) ma quando sosteneva la maggioranza, insieme all’autore del libro, l’altro consigliere Gianni Liviano, è stato tra quelli che si sono opposti strenuamente al progetto dei Fratelli Marchetti.

E dice a Domani: «Il sindaco ha sempre mostrato ambiguità sulla questione, affermando sia in giunta che in pubblico che non si poteva impedire l’edificazione di servizi che sarebbero serviti al nuovo ospedale. Senza contare, invece, che da quella zona interessata dal progetto, il nuovo ospedale dista un paio di chilometri. Si può dire che Melucci ha sempre cercato una mediazione tra gli interessi dei costruttori e quelli del territorio», conclude.

Quando però abbiamo contattato il sindaco della città per chiedere una replica, non abbiamo ottenuto risposta. Così, mentre dietro la costruzione del nuovo ospedale si affaccia l’ombra di una gigantesca speculazione edilizia, la politica tace.

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