Tensione tra maggioranza e opposizione dopo l’indagine a carico di Giorgia Meloni e dei ministri Nordio e Piantedosi, che non riferiscono al Parlamento. Alla Camera seduta sospesa, al Senato le opposizioni lasciano gli scranni. L’appello delle vittime di Almasri: «Meloni madre cristiana non sia complice»
Lo scontro alla Camera tra maggioranza e opposizione trasforma la doppia assenza dei ministri Nordio e Piantedosi in presenza. Saltano le informative previste alla Camera e al Senato del ministro dell’Interno e del ministro della Giustizia sul caso Almasri, dopo l'informazione di garanzia che coinvolge anche la presidente Giorgia Meloni, ma i loro nomi rimbalzano negli interventi dell’opposizione per tutta la giornata tra urla, proteste e l’interruzione dell’Aula.
«La loro assenza è un'offesa al Parlamento e alle istituzioni», infiamma l’aula Chiara Braga, capogruppo Pd. «C'è una ritirata, non viene la Meloni e non vengono neanche gli altri due e si va avanti come se nulla fosse. Noi non siamo a vostra disposizione». Rincara Davide Faraone (Iv): «Per noi non è possibile andare avanti con i lavori della Camera fino a quando non ci sarà una disponibilità della presidente del Consiglio a venire in quest'Aula», fa eco Riccardo Magi di Più Europa. «Siamo governati da inetti che quando non sanno dove aggrapparsi danno la colpa all'universo mondo», l'accusa di Riccardo Ricciardi del M5s.
In mattinata al presidente Lorenzo Fontana arriva anche una lettera firmata da tutta l’opposizione: «Non ci sono giustificazioni plausibili per sottrarsi al confronto nella sede preposta su un tema così grave e rilevante per il Paese».
Ed è questo l’unico momento “disteso” di una giornata lunghissima, nervosa e incerta.
La battaglia delle opposizioni
Si apre alle 10 con quello che sembra un dettaglio tecnico sul processo verbale della seduta precedente. Il deputato del Pd, Federico Fornaro, chiede che nel verbale vengano inseriti anche i nomi dei parlamentari che hanno interrotto il leader di Avs, Nicola Fratoianni, mentre comunicava la notizia dell'atto dovuto inviato alla premier Meloni e ad altri esponenti del governo sul caso del libico Almasri. Il presidente di turno Fabio Rampelli, prima accoglie la richiesta di Fornaro, ma poi, di fronte all'osservazione di Gianluca Vinci (FdI) di visionare prima il video della seduta per confermare che ci siano stati davvero quegli interventi, sottolinea «senz'altro verrà fatta prima una verifica».
Il clima diventa rovente e l’opposizione aggiunge dettagli e specifiche: Andrea Quartini (M5s) ricorda i nomi di Galeazzo Bignami e Salvatore Deidda, cioè dei deputati di FdI che hanno interrotto più volte Fratoianni ma Rampelli vuole inserire solo il nome di Deidda «tra gli interventi». Troppo poco, spiega Anna Ascani (Pd): «È importante che si parli di interruzioni e non di interventi. Perché il presidente Mulè ha ritenuto di interrompere Fratoianni rimandando il merito alla giornata successiva che avrebbe dovuto essere oggi. Informativa che è stata però annullata. Noi non siamo in condizioni di accettare una rettifica che non è quella che abbiamo chiesto». Rampelli è granitico: «Attenetevi a queste prescrizioni». Mette ai voti e dopo l'approvazione aggiunge che il termine "interruzioni" non è mai comparso neanche in passato nei processi verbali. Bagarre. L’Aula viene sconvocata.
La capigruppo che si riunisce poco dopo decide per lo stop ai lavori dell'assemblea della Camera fino al 4 febbraio, cioè alla prossima riunione. È in quella sede che dovrebbe arrivare la data dell'informativa del governo tanto agognata. Nel frattempo, a pochi metri da Montecitorio, anche in Senato le opposizioni abbandonano l'Aula per protesta dopo le parole di Alberto Balboni, senatore meloniano: «C'è un'umiliazione del Parlamento, quella che certa magistratura fa della democrazia e della sovranità popolare». Seduta interrotta.
«Ancora una volta il governo ha deciso di fuggire dal parlamento, di scappare e non è stata data alcuna disponibilità a riferire, come era previsto oggi, né dalla premier Meloni né dai ministri Nordio, Piantedosi e Ciriani, con la motivazione che devono studiare le carte» è il commento della dem Braga. A stretto giro sembra rispondere il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani: «Il governo non scappa da nessun confronto con il Parlamento. Oggi eravamo pronti a riferire ma c'è una questione nuova e senza precedenti, l'avviso di garanzia che spinge il governo a riflettere su come e quando riferire in Parlamento. Appena possibile comunicheremo al presidente della Camera quando riferire in Parlamento».
Intanto durante una conferenza stampa alla Camera, organizzata dal gruppo parlamentare Avs è il rifugiato del Sud Sudan Lam Magok, rimasto in Libia per cinque anni prima di riuscire a fuggire dal lager di Mittiga a lanciare un appello alla premier: «Meloni si è detta madre e cristiana. Mi chiedo come possa una madre rendersi complice dei crimini di un assassino e torturatore come Osama Almasri».
© Riproduzione riservata