- Il lento regredire del Covid-19 apre spazi, con tutte le prudenze prescritte, riapre le piazze, consente alla politica di ritrovare il contatto umano. Si riscopre il comizio. Dove? A Napoli, e non poteva esserci altro luogo, eterna città palcoscenico. A ripescarlo è Antonio Bassolino.
- Mentre i suoi avversari più temibili (Gaetano Manfredi, candidato da Pd e Cinquestelle, Catello Maresca da un cartello di destra e liste civiche) sono ancora impegnati in estenuanti riunioni per definire liste e accordi, Bassolino da tre mesi attraversa tutta Napoli.
- Bassolino ha portato avanti campagne elettorali sempre vincenti (dal 1993 al 2010). Ma questo è il passato. È la «bolla nostalgica», come direbbe Velardi. Oggi a vincere è il web. Forse.
Manca solo la macchina con gli altoparlanti sul tettuccio che gira lentamente per i quartieri popolari ad annunciare “il comizio”. «Care compagni e cari compagni…», era l’incipit, seguiva il nome dell’oratore, con l’indicazione di luogo e orario, e l’invito perentorio: «Partecipate compatti».
Per il resto è tutto uguale: torna il comizio, la più antica forma di comunicazione politica, come si dice oggi. Ma l’espressione non rende bene l’idea, perché il comizio era qualcosa che andava oltre. L’oratore che saliva sul palco carico di bandiere doveva avere la capacità innata di stabilire un rapporto carnale con chi ascoltava. Dirgli le cose che voleva sentire, trasformare paure, ansie, rabbia, in linea politica. Essere in grado di parlare a centinaia, nei grandi comizi migliaia, di persone accalcate, con il cappellino in testa e il fischietto in bocca, come se di fronte avesse un solo uomo.
Capire quando bisognava calcare su un argomento, come modulare i toni della voce, e soprattutto non far calare mai l’attenzione della piazza. Un’arte. Il lento regredire del Covid apre spazi, con tutte le prudenze prescritte, riapre le piazze, consente alla politica di ritrovare il contatto umano. Si riscopre il comizio. Dove? A Napoli, e non poteva esserci altro luogo, eterna città palcoscenico. A ripescarlo è Antonio Bassolino. E non poteva essere altrimenti.
L’ex sindaco della città, poi governatore della Campania, (via social e senza macchina con altoparlanti) ne ha annunciato uno per mercoledì 16 giugno alle ore 18. Il posto (Bassolino e i suoi odiano la parola location) è suggestivo: Piazza Carità, cuore antico della città, a due passi da via Toledo, dalla Pignasecca e dai Quartieri Spagnoli. Mentre i suoi avversari più temibili (Gaetano Manfredi, candidato da Pd e Cinquestelle, Catello Maresca da un cartello di destra e liste civiche) sono ancora impegnati in estenuanti riunioni per definire liste e accordi, Bassolino da tre mesi attraversa tutta Napoli.
Un calendario estenuante
Negli ultimi giorni un calendario estenuante: Barra, Ponticelli, il circolo degli operai Ilva di Bagnoli. Polmoni popolari devastati dalla deindustrializzazione e da trent’anni in attesa di una riqualificazione sempre promessa. La discesa in campo del sindaco del “Rinascimento” non piace ad alcuni ex amici. Claudio Velardi, che con Bassolino al Comune fu assessore alla cultura, non apprezza le modalità della sua campagna elettorale e lo invita ad “uscire da una brutta bolla nostalgica”. Ma Bassolino non fa passi indietro. “Uso i social – dice al Corriere del Mezzogiorno – ma la politica non può ridursi a questo. Deve essere fatta anche di rapporti umani. Bisogna guardarsi negli occhi”. Preferibilmente dal palco di un comizio.
La storia di Napoli è sempre stata segnata dall’ars oratoria. Masaniello parlava a Piazza Mercato (“Viva il Re di Spagna, mora il malgoverno”), l’armatore Achille Lauro (sindaco super-votato dal 1952 al ’57) da un palco costruì il suo personale populismo, le piazze “rosse”, invece, furono infiammate da personalità come Giorgio Amendola e Salvatore Cacciapuoti, leader operaio ed ex partigiano, amati dai comunisti napoletani.
Antonio Bassolino cominciò a frequentare palchi e comizi da giovanissimo. Lavorò duramente anche per superare una marcata balbuzie che certo non aiutava. Piazza Plebiscito, tra le più grandi d’Italia, era sempre zeppa ai suoi comizi. Campagne elettorali (dal 1993 al 2010) sempre vincenti. Ma questo è il passato. È la “bolla nostalgica”, come direbbe Velardi. Oggi a vincere è il web. Forse.
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