Dietro una porta blindata c’è l’ufficio dei servizi sociali a Castel Volturno, 29 mila abitanti, altri 15 mila irregolari, e un solo assistente sociale assunto a tempo indeterminato, supportato da tre precari.
A Castel Volturno, in provincia di Caserta, l’ufficio dei servizi sociali è protetto da una porta blindata, da anni. Dentro c’è una sola dipendente assunta a tempo indeterminato, altre tre persone sono state assunte con i fondi del piano operativo nazionale, i loro contratti si rinnovano di anno in anno e tra pochi mesi scadono.
Gli abitanti del comune sono 29mila, altri 15mila sono gli invisibili, gli irregolari, sfruttati e spesso manovalanza del crimine organizzato locale e della mafia nigeriana che in questo territorio spadroneggia da tempo. La situazione del comune casertano non è diversa da quella di altri comuni dove ogni giorno bisogna fare i conti con la povertà materiale, culturale, il disagio sociale e le richieste d’aiuto.
Contro i poveri
Il governo guidato da Giorgia Meloni ha cancellato il reddito di cittadinanza con un sms, spedito dall’Inps, che ha così comunicato a 169mila persone la fine dell’erogazione: «Domanda di reddito di cittadinanza sospesa come previsto dall’articolo 48 del decreto legge 20/23 in attesa eventuale presa in carico dei Servizi sociali». Ma oltre al danno è arrivata la beffa. Gli assistenti sociali sono in numero insufficiente in quasi tutti i comuni, i dati del Consiglio nazionale della categoria (Cnoas) evidenziano questa mancanza generalizzata.
Ci sono regioni con in media un assistente ogni settemila abitanti, la legge ne prevede uno ogni cinquemila con un nuovo obiettivo di servizio che abbassa la media a uno ogni quattromila. Le ragioni di queste carenze negli organici sono note: gli enti locali pieni di debiti. Il blocco delle assunzioni e i vincoli di bilancio, negli anni, hanno fatto il resto. A questo si aggiunge una diffusa incapacità di spesa dei fondi messi a disposizione, come quello Povertà e inclusione.
«La nostra professione è svolta negli enti locali, spesso, in situazioni di precarietà e insicurezza, un tempo indeterminato arriva a 1.400 euro al mese mentre vengono richieste responsabilità enormi. Noi siamo la pelle delle istituzioni, ma totalmente privi di tutela e di attenzioni», dice Gianmario Gazzi, presidente del Cnoas.
La pelle degli assistenti
Per scoprire questa pelle e le condizione nelle quali lavorano gli assistenti sociali, basta bussare dietro una di quelle porte. «Noi, a differenza delle psicologhe, non dobbiamo solo ascoltare, ma anche dare risposte. E spesso, per ragioni economiche, di strutture, quelle risposte non le abbiamo, una mancanza che ha un solo effetto: la frustrazione per noi, ma soprattutto per i cittadini», dice un’assistente sociale che opera in Campania.
«Da noi arrivano nuclei famigliari italiani che hanno in affido minori stranieri senza alcuna formalizzazione, a un certo punto del loro percorso vengono reclamati dalle famiglie biologiche. A noi tocca mediare, capire, risolvere. Siamo sommersi dalle note del tribunale che ci chiede la presa in carico di ogni tipo di famiglia, dove ci sono stati maltrattamenti, violenze, semplici litigi, abbandoni da parte dei minori oppure neonati. Continuo?», chiede l’assistente.
Ora è arrivato un nuovo carico, quello degli esclusi dal pagamento del reddito di cittadinanza. Per il presidente Gazzi il messaggio dell’Inps è «semplicemente indecente». «Noi avremmo dovuto già occuparci di reddito, alcuni assistenti sociali sono stati assunti proprio nell’ambito di questa misura, ma viste le carenze del nostro ufficio ci siamo dedicate ad altro – dice l’assistente sociale – Quando vedi la fame in faccia le tenti tutte, abbiamo provato anche con le collette, ma ci siamo resi conto dell’errore, ci vogliono misure strutturali, progetti che non si esauriscono in sei mesi. Questo sms è una presa in giro, abbiamo paura di non riuscire a reggere le richieste, io capisco la posizione del governo che vuole puntare sul lavoro e non sull’assistenza, ma non si cancella così una misura. Molti con il reddito pagavano l’affitto, adesso come faranno?»
La risposta dei sindaci
«C’è stata una calca al comune dopo quel messaggio, in molti sono andati a chiedere spiegazioni agli uffici. Da me è arrivato un solo signore e abbiamo lavorato per dilazionare il pagamento delle bollette. Il reddito ha disincentivato il lavoro e molti hanno fatto i furbi, detto questo noi abbiamo alti tassi di disoccupazione, è dura trovare lavoro qui. Il governo ora faccia qualcosa», dice Luigi Petrella, sindaco di Fratelli d’Italia di Castel Volturno. In alcuni comuni, però, si è cercato di realizzare pienamente la misura provando quanto meno a delineare progetti per i percettori. Come a Bacoli, comune in provincia di Napoli, dove vivono 25mila persone che arrivano a 150mila in estate.
«Quel messaggio è fuori dalla realtà, si tratta di un sms figlio di una furia ideologica, la buona politica valuta le misure nell’interesse dei cittadini e non di una parte politica. La presa in carico dei servizi sociali è impossibile, noi siamo usciti da un dissesto finanziario che si aggirava sui 56 milioni di euro. Noi dovremmo avere 8 assistenti sociali, ma ne abbiamo due e il governo che fa? Manda il messaggino?», dice Josi Gerardo Della Ragione, sindaco di Bacoli, a capo di un movimento civico, sostenuto in passato anche dal M5s.
«La norma parlava chiaro e consentiva di coinvolgere i percettori in attività per il comune dalle 8 alle 16. Così abbiamo realizzato i progetti di utilità collettiva, li abbiamo impiegati all’esterno delle scuole, nella libreria comunale, abbiamo aperto siti archeologici chiusi, questo ha consentito di raggiungere due obiettivi: valorizzare queste persone e mostrare la loro pubblica utilità all’intera comunità. Ora quasi un migliaio di famiglie non solo saranno più povere, ma si sentiranno anche inutili. Un capolavoro», conclude il primo cittadino.
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