- Dall’insediamento dell’esecutivo, poco o nulla è stato fatto: saltati anche i sostegni contro il caro-bollette alle associazioni. Così vengono disattesi gli impegni assunti in campagna elettorale.
- Il punto più significativo riguarda il mancato sostegno economico contro il caro bollette per il 2023. Il mondo del volontariato è stato uno dei pochi esclusi dai contributi stanziati.
- Il Terzo settore chiede la possibilità di rendere deducibili le retribuzioni ai lavoratori assunti dagli enti non commerciali per non avere una pressione fiscale maggiore rispetto alle realtà profit.
Il terzo settore è sparito dall’agenda del governo Meloni. Dall’insediamento, poco o nulla è stato fatto, nonostante le richieste siano note da tempo, in particolare al ministero del Lavoro, guidato da Marina Elvira Calderone, che ha assegnato la delega della materia alla viceministra, l’esponente di Fratelli d’Italia, Maria Teresa Bellucci.
Il punto più significativo riguarda il mancato sostegno economico contro il caro bollette, per l’anno 2023, nella legge di Bilancio. Il mondo del volontariato è stato uno dei pochi esclusi dai contributi stanziati.
I ristori sono stati concessi, per lo scorso anno, nel perimetro del decreto Aiuti quater. E lì si sono fermati, costringendo gli enti a fare di necessità virtù di fronte al rincaro dei prezzi dell’energia. Ma questo è solo un punto di partenza, perché lo spettro di problemi è ampio.
«Chiediamo di essere messi nelle condizioni di portare avanti l’impegno innanzitutto attraverso norme che lo agevolino invece di ostacolarlo», dice Vanessa Pallucchi, portavoce del forum Terzo dettore. La distanza con il centrodestra si manifesta, poi, su alcune politiche del governo, come nel caso del decreto sulle Ong in palese contrasto con la visione del mondo associazionismo, formato da volontari che fanno dell’accoglienza una delle loro attività principali.
Promesse elettorali
Eppure in campagna elettorale il destino di questi enti sembrava stesse molto a cuore al partito di Meloni. Giulio Tremonti, all’epoca candidato di FdI e indicato come possibile ministro in un esecutivo di centrodestra, aveva rilanciato la sua vecchia intenzione di rafforzare il 5 per mille in favore delle associazioni, trasformandolo in una sorta di 10 per mille.
«Una cosa che si può fare subito», sosteneva l’attuale deputato di Fratelli d’Italia. La proposta era inattuabile, perché bisognava intervenire su altre questioni per consentirla. Ma aveva il merito di dare attenzione al terzo settore. Nel programma elettorale di Fratelli d’Italia, poi, erano stati previsti punti concentrati a favore dell’associazionismo e del volontariato.
Nel capitolo dedicato allo stato sociale, era presente l’intenzione di fornire «sostegno, in particolare agli enti impegnati nell’assistenza a persone in difficoltà economica e abitativa». Meloni prometteva anche la «reintroduzione del 2 per mille per gli enti che si occupano di cultura», rispondendo alle istanze delle associazioni.
Solo che, allo stato, non si scorgono iniziative in tale direzione. «In campagna elettorale i partiti di maggioranza, penso soprattutto a FdI, hanno elogiato il mondo del volontariato salvo poi, una volta al governo, voltargli le spalle», sottolinea la senatrice del Movimento 5 stelle, Barbara Guidolin, che ricorda come nella legge di Bilancio siano stati negati «anche i sostegni contro i rincari energetici».
Richieste disattese
Nella manovra economica è stata inserita, grazie a un emendamento approvato alla Camera, la sperimentazione del reddito alimentare. Alla base c’è la volontà di destinare ai più poveri i pacchi alimentari, con i prodotti invenduti dei negozi della distribuzione alimentare.
Lo strumento prevede un coinvolgimento del mondo dell’associazionismo, in virtù della conoscenza capillare dei fenomeni di povertà sui territori. Solo che il ministero di Calderone deve ancora predisporre il decreto attuativo, scaduto lo scorso 2 marzo.
Al di là della legge di Bilancio, non si sta facendo fronte a varie richieste, come l’innalzamento almeno a 400mila euro della soglia per i bilanci semplificati, oggi fissata a 200mila euro, o la possibilità di rendere deducibili le retribuzioni ai lavoratori assunti dagli enti non commerciali. Così la pressione fiscale è attualmente più alta per il terzo settore rispetto agli enti “profit”.
Politica distratta
C’è poi il capitolo del Pnrr, su cui il mondo dell’associazionismo lamenta uno scarso coinvolgimento, a dispero di conoscenze e competenze maturate sul campo.Qualche concessione è giunta dal Milleproroghe, approvato definitivamente da Montecitorio in settimana. Le onlus potranno almeno ricevere per il 2023 il 5 per mille, un beneficio che rischiavano di perdere in attesa di un intervento fiscale complessivo.
Insomma, almeno questo disastro è stato scongiurato. In generale «quello che constatiamo», osserva Pallucchi, «è che spesso la politica non riesce a comprendere il valore, anche economico oltre che sociale, del terzo settore, e si limita, quando non scivola addirittura nelle accuse o campagne di fango, a una visione “caritatevole” del suo impegno», conclude la portavoce del forum.
© Riproduzione riservata