Dall’autonomia differenziata al decreto Flussi, che vuole togliere prerogative ai giudici sull’immigrazione, il governo compie un altro passo verso l’invasione di campo totale. A poche ore dalla sentenza della Corte costituzionale sull’autonomia differenziata, infatti, Carlo Nordio si è lanciato nella previsione: «Dovrebbe eliminare il referendum». Un’entrata a gamba tesa, perché bisogna valutare il contenuto del pronunciamento, per ora annunciato solo da un comunicato.

«I giudici della Corte Costituzionale e quelli della Cassazione dovranno valutare insieme al comitato promotore sulla trasposizione del quesito dopo un eventuale intervento del parlamento in ossequio alle indicazioni della Consulta», ha ricordato il deputato di +Europa, Riccardo Magi.

Nel dubbio, comunque, la segretaria del Pd, Elly Schlein, ha ribadito: «Questo governo si deve fermare e abolire quella legge perché è stata profondamente sbagliata dall’inizio». Insomma, la bandiera referendaria non è stata ammainata.

Il risveglio di Nordio

Certo, c’è ancora l’onda lunga degli effetti politici della sentenza della Consulta. Se il sospiro di sollievo di Giorgia Meloni sullo stop all’autonomia differenziata era stato tenuto riservato, il ministro Nordio lo ha sostanzialmente esplicitato. «Condivido la sentenza», ha detto Nordio giudicandola «equilibrata», facendo saltare dalla sedia i colleghi leghisti nel governo.

Il disegno di legge Calderoli così com’era non andava bene secondo il Guardasigilli, che si è attirato le ironie delle opposizioni. «Sorprende che Nordio si esprima in questo modo soltanto adesso. Poteva farlo anche prima del pronunciamento della Corte. Invece il governo nella sua interezza ha sempre sostenuto la legge, nonostante la sua assurdità», dice a Domani Marco Sarracino, deputato del Pd, che ha sempre contestato la riforma voluta dalla Lega e avallata dal governo. «La Corte», ha sottolineato il parlamentare dem, «ha smontato l’impianto dell’autonomia differenziata di Calderoli, accogliendo alcuni rilievi che avevamo sollevato come Pd».

Poco male per Nordio che adesso chiede un intervento in parlamento. E soprattutto ha lanciato Il messaggio ha avuto un timing perfetto, visto che le dichiarazioni arrivano a poche ore dall’apertura delle urne per le regionali in Emilia-Romagna e in Umbria. Soprattutto in Umbria l’autonomia differenziata non è un argomento molto popolare, nonostante la presidente sia una leghista, Donatella Tesei. Il significato politico è preciso: la riforma rischia di finire su un binario morto con buona pace delle promesse leghiste. «Farò tesoro degli indirizzi della sentenza, le opposizioni taceranno e mi auguro taceranno per sempre», ha detto di nuovo il ministro delle Riforme, Roberto Calderoli, facendo trasparire un certo nervosismo.

E a far capire l’aria che tira nella maggioranza intorno all’autonomia differenziata c’è la posizione di Forza Italia, che ha convocato la riunione del suo osservatorio per definire il percorso dei prossimi mesi. «Con la sessione di bilancio in corso, però, se ne parlerà a inizio 2025», prevedono fonti interne al partito guidato da Antonio Tajani.

Fronte migranti

Ma non è solo l’intervento scomposto di Nordio ad avvelenare il clima con la magistratura. L’associazione nazionale magistrati ha attaccato frontalmente l’emendamento al decreto Flussi, voluto dalla maggioranza e firmato dalla deputata Sara Kelany (Fratelli d’Italia), per dare alle Corti d’Appello il potere di decidere sui trattenimenti dei migranti. L’ennesima norma ad hoc per aggirare i pronunciamenti contrari dei giudici.

La proposta vuole «spogliare le sezioni specializzate immigrazione dei Tribunali della competenza sulla convalida dei trattenimenti, con soave e sorprendente indifferenza per le ragioni dell’organizzazione giudiziaria», ha evidenziato Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm. Che ha sollevato anche un problema pratico oltre che di rispetto delle competenze: «La Corte di appello è già gravata da importanti carichi di lavoro che ci hanno fatto dubitare della possibilità di centrare gli ambiziosi obiettivi del Pnrr».

Dunque, un pasticcio che serve ad alimentare le tensioni con le toghe, con il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, che ha alzato ulteriormente i toni: «L’Anm è una sottocorrente della sinistra».

A chiudere il cerchio c’è lo scontro interno alle toghe avviato nel Consiglio superiore della magistratura: le consigliere laiche del Csm, Isabella Bertolini (Lega) e Claudia Eccher (FdI), hanno chiesto l’apertura di una pratica alla prima Commissione e alla Procura generale della Cassazione contro il giudice Stefano Musolino.

L’accusa rivolta è quella di aver partecipato a eventi chiaramente «antigovernativi». Quindi, secondo le due esponenti del Csm, c’è «una violazione dei principi costituzionali di imparzialità e di indipendenza che secondo la Costituzione tutti i magistrati devono osservare».

Un’operazione che assomiglia ancora al tentativo di imporre una censura, come sottolineato da Santalucia. «Un magistrato sui temi della giustizia può intervenire argomentando e spiegando perché è il nostro specifico campo professionale, non si può chiedere il silenzio in nome dell’imparzialità».

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