Il Pd dopo le amministrative, parla la segretaria: «Gli altri leader del centrosinistra? Li sento tutti i giorni» Sarà sul palco con Conte a Bologna alla festa dell’Anpi e al Pride Napoli
L’umore è alle stelle, al Nazareno per la seconda volta consecutiva dopo le europee, una conferenza stampa apre con «l’analisi della vittoria» anziché della sconfitta. La battuta è di Elly Schlein. La segretaria Pd si presenta ai cronisti con Davide Baruffi, il responsabile enti locali qui in versione uomo dei numeri: «È un cappotto, vinciamo in tutti e sei i capoluoghi di Regioni», intende Firenze, Bari, Perugia, Potenza, Campobasso, Cagliari. «Venivamo da un dato di partenza di 13 a 13 ora siamo 17 a 10», e qui invece parla dei capoluoghi di provincia conquistati. Giovanni Donzelli dice che la destra ha vinto «4 a 3»? «Dà i numeri. La destra ha ceduto sei comuni e ne ha conquistati solo tre. Il saldo fa meno tre per la destra».
Abolire i ballottaggi
La destra però l’ha presa male. Il vicepresidente del senato Ignazio La Russa, dopo il disastro della sua coalizione, ora chiede una nuova legge elettorale per abolire il secondo turno, rispolverando una vecchia proposta già accantonata al senato. Baruffi: «Vergognoso». Schlein: «Non si scappa con il pallone in mano. È grave e sconveniente che la seconda carica dello stato chieda di cambiare le regole a pochi minuti dalla sconfitta, manca il senso delle istituzioni».
C’è anche un affondo della premier. Accusa la sinistra di alimentare un clima «da guerra civile»: «Non so che film stia vedendo Meloni», è la risposta della segretaria, «non è la prima volta che lancia allarmismi. Non vorrei fosse un tentativo di distrarre l'attenzione dai risultati della destra, parlando di altro. Io su questo non la seguo, non sono un jukebox».
L’elogio dell’alleanza
Ma torniamo all’«analisi della vittoria» (rottamata, qui si spera, quella della sconfitta). Si concretizza nelll’elegio delle alleanze. O delle convergenze, visto che in un discreto pacchetto di comuni le forze del centrosinistra si sono aggregate sul candidato Pd solo al secondo turno (per esempio è successo a Firenze e a Bari). Per Baruffi ormai la strada è segnata: «L’accordo con i Cinque Stelle da occasionale è diventato sistematico. Il centrosinistra allargato ha vinto fin dal primo turno. È diffuso anche l’accordo con Azione, molto faticoso ma ha pagato». All’orizzonte non c’è ancora il salto quantico fra alleanze comunali e accordi per le politiche: «Ora dobbiamo organizzare il nuovo campo largo del centrosinistra alternativo alla destra in vista delle regionali».
Nessuna precipitazione, per evitare passi falsi. Si indovina che la strada che la segretaria ha scelto per arrivare alle politiche è un’altra: riunire gli alleati un passo alla volta, per successive approssimazioni. Il prossimo passo sono gli accordi larghi per le regionali: a fine anno va al voto l’Umbria e l’Emilia-Romagna, nel 2025 toccherà alla Toscana, alla Puglia e alla (fatidica) Campania. Sono i serbatoi del consenso del Pd e del centrosinistra. Vietato perdere.
In Umbria la coalizione sta un bel pezzo avanti, dopo la miracolosa affermazione di Vittoria Ferdinandi (sostenuta da Pd, sinistre e Verdi, M5s, Azione e una parte di Italia viva) che. per la segretaria, «regala speranza per le regionali». In Emilia-Romagna no; o, meglio, non ancora visto che i Cinque stelle sono già in maggioranza a Bologna, Ravenna, Modena e Reggio.
Niente patti a tavolino
Inutile provare a chiedere alla segretaria Pd se, chiusa la tornata elettorale, ha intenzione di convocare i leader delle forze di opposizione: «Non ho mai parlato di tavoli per la costruzione di una coalizione. Le persone mi chiedono cose concrete, non ho mai creduto che le coalizioni si costruiscono chiusi in una stanza. Per me si costruiscono alla luce del sole, sulle battaglie in cui crediamo». Sanità pubblica, lavoro, salario minimo.
Intanto c’è l’autonomia differenziata, che sta scuotendo anche la destra che l’ha appena approvata in parlamento. Per contrastarla, dice Schlein, «stiamo valutando tutte le strade possibili: ci spenderemo con ogni forza, stiamo già dialogando con le Regioni, ma anche con le altre forze politiche e sindacali e sociali che si vogliono opporre». Cgil e Anpi hanno già annunciato che raccoglieranno le firme per abrogarla via referendum.
C’è anche la via della richiesta di almeno cinque consigli regionali: su questa strada c’è la disponibilità di Toscana, Puglia, Campania e Sardegna, ma c’è un inciampo in Emilia-Romagna. Baruffi, che è anche sottosegretario alla presidenza della giunta regionale, spiega che gli uffici stanno approfondendo la possibilità che anche il consiglio dell’Emilia-Romagna possa deliberare la richiesta di referendum. I tempi sono stretti, il presidente Stefano Bonaccini sta per dimettersi e l’ente entra in una fase di «affievolimento di poteri»: sta a capire se la richiesta verrebbe considerata legittima dalla Consulta (lo ha sostenuto il costituzionalista Massimo Villone sul manifesto), o se rischia di essere un passo falso.
Niente tavoli (per ora)
Ma niente «tavoli» formali con le forze della futuribile alleanza. «Ma ci sentiamo con tutti, e tutti i giorni ci vediamo in parlamento, e convergiamo nella battaglie comuni. Oggi ho sentito Giuseppe Conte». Il Pd dunque per ora non fa convocazioni. Ma le convocazioni comunque arrivano. Il 28 giugno Schlein, Conte e il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi saranno insieme sul palco del Napoli Pride. Si parlerà di diritti. Tre giorni dopo i due si rivedranno su un palco: l’Anpi ha annunciato che la sua festa nazionale a Bologna dal 27 al 30 giugno) sarà prolungata fino all’1 luglio: per un confronto fra il presidente Gianfranco Pagliarulo, Schlein, Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli (Avs), Riccardo Magi (+Europa) e Maurizio Acerbo (Prc). Tema: “L’unità democratica per la difesa della Costituzione”.
© Riproduzione riservata