Cinque milioni di elettori al voto, domenica fino alle 23 e lunedì fino alle 15. Incognita affluenza: molto deludenti i primi dati, più bassi del primo turno. Nessun obbligo di Green pass per chi sta ai seggi. Polemiche sulla partecipazione – pur senza salire sul palco – degli esponenti del centrosinistra alla manifestazione di Roma indetta dalla Cgil nel giorno del silenzio elettorale
Neanche il tempo di metabolizzare la scarsissima affluenza del primo turno di due settimane fa, che al ballottaggio per le elezioni amministrative si rischia di stabilire un nuovo record negativo. Il primo dei due giorni di voto per scegliere il nuovo sindaco e la nuova giunta in 65 comuni italiani – tra questi dieci capoluoghi, comprese Roma, Torino e Trieste – sembra confermare il trend della precedente tornata quando, nonostante una sensibile crescita dell’affluenza nella seconda parte della domenica, il numero di cittadini che si sono recati alle urne è stato alla fine al di sotto delle aspettative. Si vota domenica fino alle 23 e lunedì dalle ore 7 alle 15. Lo scrutinio avrà inizio subito dopo.
I numeri
I dati dell’affluenza sembrano dimostrare che neanche il voto per il sindaco della propria città scalda più i cuori degli elettori. Alle 19 infatti l’affluenza si attesta intorno al 26,71 per cento, in calo del 5 per cento rispetto al primo turno (31,65 per cento). Non va meglio nelle grandi città al voto: a Roma l’affluenza alle 19 è al 25,94 per cento (contro il 29,61 di due settimane fa); a Torino è del 25,28 per cento (29,79 per cento al primo turno); a Trieste è del 26 per cento, anche qui in calo rispetto al 28,84 del primo turno nello stesso orario.
Le sfide
La partita più in bilico è sicuramente quella per Roma. Nonostante il 30,14 per cento del primo turno, il candidato del centrodestra – fortemente voluto da Giorgia Meloni – Enrico Michetti non è infatti per niente certo di potersi aggiudicare la corsa al Campidoglio. Il suo avversario del centrosinistra, Roberto Gualtieri, conta infatti di aggiungere al suo 27,03 per cento anche i voti degli elettori dei due grandi sconfitti, Carlo Calenda e la sindaca uscente Virginia Raggi. Il primo, del resto, ha detto che avrebbe votato per l’ex ministro dell’Economia, mentre Raggi non si è espressa al contrario del leader M5s, Giuseppe Conte.
Molto più chiari, almeno sulla carta, gli equilibri in campo a Torino, dove il candidato del centrosinistra Stefano Lo Russo, che al primo turno ha ottenuto il 43,86 per cento, è favorito sull’avversario di centrodestra, Paolo Damilano, che due settimane fa si era fermato al 38,9 per cento. A Trieste, invece, il centrodestra spera di strappare una vittoria che, secondo i sondaggi della vigilia, poteva arrivare già al primo turno. Così non è stato, perciò il sindaco uscente Roberto Dipiazza, per ottenere il suo quarto mandato alla guida della città, dovrà battere Francesco Russo, del centrosinistra.
Un’altra città in cui il centrodestra pensava di vincere al primo turno è Latina, sua storica roccaforte nonché città del braccio destro di Matteo Salvini, Claudio Durigon. Anche qui, però, al primo turno il candidato Vincenzo Zaccheo ha solo sfiorato la vittoria (48,84 per cento dei consensi). Così, la sfida adesso è con il sindaco uscente del centrosinistra, Damiano Coletta, che due settimane fa ha strappato un 35,1 per cento.
Un vero silenzio elettorale
I ballottaggi arrivano al termine di una settimana ad altissima tensione, tra la manifestazione di sabato 9 ottobre a Roma contro il Green pass e sfociata poi nell'assalto di Forza Nuova alla sede nazionale della Cgil, e le proteste dei portuali di Trieste (e non solo) nel giorno dell'entrata in vigore dell'obbligatorietà del green pass per accedere ai posti di lavoro. Senza dimenticare i cortei organizzati nel resto del paese. In particolare a Bologna, durante il quale sono partite offese pesanti alla senatrice Liliana Segre, una delle ultime sopravvissute agli orrori della Shoah, scatenando proteste e solidarietà.
Non ultima, la manifestazione indetta dalla Cgil a Roma in difesa dei valori sindacali e dell'antifascismo, che ha portato a nuove polemiche sollevate dalla destra che ha disertato l’iniziativa puntando il dito contro il centrosinistra e il Movimento cinque stelle, i cui esponenti si sono invece presentati in piazza, pur senza parlare. «Noi non siamo come il Pd, che viola il silenzio elettorale», ha detto la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Concetto ribadito anche dal segretario della Lega, Salvini. Forse proprio in virtù di questi giorni carichi di agitazioni – e a differenza del primo giorno di voto al primo turno – i vari partiti hanno generalmente rispettato il silenzio elettorale anche sui social, piattaforme sulle quali le disposizioni di legge non hanno un’applicazione completa e che, per questo motivo, sono spesso teatro di eccezioni e furbi proclami dell’ultimo momento da parte dei leader.
Lunedì, dalle 7 alle 15, l’ultima chiamata alle urne per gli indecisi e gli astenuti della domenica. Poi lo spoglio e il responso definitivo per le urne, che varrà anche per chi ha scelto di non scegliere.
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