Il direttore dell’Huffington Post, Mattia Feltri, non ha pubblicato un suo articolo per mantenere la pace familiare con il padre Vittorio, e lo ha fatto anche in altri casi. Per lei è una scorrettezza grave: «Continuerò a difendere la libertà d’espressione». L’ordine dei giornalisti le ha espresso solidarietà. Vittorio Feltri l’ha invitata sul suo giornale: «Non mi presto alla goliardia»
- Nel corso della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il direttore dell’Huffington Post, Mattia Feltri, ha deciso di non pubblicare un articolo sul tema firmato dall’ex presidente della Camera Laura Boldrini.
- Nell’articolo la deputata faceva riferimento a un articolo di Vittorio Feltri. Boldrini racconta di essere stata contattata da Mattia: «le devo chiedere di togliere il riferimento a mio padre». Lei si è rifiutata. Il direttore, riferisce l’onorevole, lo ha fatto anche con altri.
- Per lei è una scorrettezza grave. L’ordine dei giornalisti le ha espresso solidarietà. Vittorio Feltri l’ha invitata a pubblicare sul suo giornale: «Non mi presto alla goliardia»
Oggi è uscito un post sul profilo Facebook dell’ex presidente della Camera Laura Boldrini. Il suo articolo in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne il 25 novembre, scrive sul social network, non è stato pubblicato sull’Huffington Post. Il direttore Mattia Feltri non ha voluto perché la deputata faceva riferimento al padre, Vittorio Feltri.
Onorevole Boldrini, cosa è successo?
È successa una cosa che mi ha lasciata esterrefatta, che non mi era mai capitata prima: che un contributo, per di più sul mio blog sull’HuffPost, venisse messo in discussione dal direttore Mattia Feltri, per una parte in cui faccio un riferimento – per altro limitato - a un articolo pubblicato sul giornale di Vittorio Feltri, padre di Mattia. L’articolo di Vittorio Feltri sullo stupro messo in atto da Andrea Genovese in cui veniva data la responsabilità della violenza alla ragazza.
Mattia Feltri ha confermato. Com’è andata?
Sono stata contattata per messaggio da Mattia Feltri mentre ero in commissione Affari costituzionali per il decreto Immigrazione. Dopo un po’ l’ho richiamato e lui mi ha detto: «Condivido il suo contributo, ma le devo chiedere di togliere il riferimento a mio padre». Lì per lì ho pensato di non aver capito, e lui mi ha spiegato: «Siccome i rapporti sono difficili preferirei che non ci fosse menzione perché creerebbe un problema familiare».
E lei cosa ha risposto?
Gli ho chiesto: «Ma lei si rende conto?», gli ho ricordato che lui ha una responsabilità professionale, deve rispettare una deontologia. Gli ho detto che sono abituata a portare avanti le mie idee e sicuramente non lo avrei accettato. Per me questa cosa ha dell’inverosimile. Anche perché quando gli ho detto che non lo avrei fatto lui mi ha detto di averlo già chiesto ad altre persone, che avevano capito, ed erano andate incontro alle sue richieste.
Quindi è successo altre volte.
Mi attengo a quello che lui ha detto. Una richiesta al di fuori di ogni accettabile motivazione. Io continuerò a esercitare sempre la mia libertà di espressione e portare avanti le mie battaglie per affermare la dignità delle donne. È di questo che stiamo parlando. Per lui valeva di più il rapporto personale con il padre che rispettare la deontologia e non esercitare censura rispetto al mio contributo.
Quando gli ho detto “io non lo cambio”, lui mi ha risposto “e io non lo pubblico”. L’ho trovata una cosa gravissima e gli ho detto che l’avrei resa pubblica spiegando perché era accaduto. Non posso più collaborare con una testata che mi censura.
Cosa c’era scritto in questo articolo?
Facevo riferimento al caso della maestra di Torino, licenziata dopo aver subito revenge porn, ai due femminicidi proprio nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne, e anche al caso Genovese. Raccontavo i casi di cronaca dicendo che ci deve essere un grosso cambiamento, che includa il mondo dell’informazione. E qui dicevo che ci sono giornalisti come Vittorio Feltri che danno la responsabilità dello stupro alla vittima.
La violenza sulle donne è un tema grave, dobbiamo interrogarci su come arginare questa deriva. Bisogna cambiare l’atteggiamento culturale, dall’educazione nelle scuole alla formazione per riconoscere la violenza. Era una cosa articolata e per niente buttata sulla strumentalizzazione, solo un’analisi e un richiamo all’impegno che deve essere rinvigorito. C’è qualcosa che non va in una società in cui durante il Covid-19 è stata uccisa una donna ogni due giorni.
Vittorio Feltri adesso l’ha invitata a pubblicare il suo articolo sul suo giornale, Libero, riservandosi il diritto di replicare.
Non mi presto alla goliardia, o a mettermi in mezzo a questi rapporti padre-figlio. Così come ho già detto per il figlio, sono convinta che questi rapporti non si debbano inserire nella deontologia professionale. Siamo seri. Il tema del mio pezzo era serio, ed è seria la limitazione alla mia libertà di espressione esercitata da Mattia Feltri.
Da parte del direttore dell’Huffington Post ha visto una mancanza di rispetto verso il tema della violenza sulle donne?
Certo, per questo tante deputate e senatrici, e anche l’ordine dei giornalisti, stanno reagendo. Perché nel giorno in cui ricordiamo questa piaga sociale, io che da sempre sono impegnata sul tema, scrivo un approfondimento, mi è stato censurato un passaggio perché può disturbare l’equilibrio familiare dei Feltri.
Il direttore preferisce una pax familiare a un articolo che riguarda la violenza sulle donne? Ha fatto un errore colossale ad anteporre i suoi affari personali rispetto alla correttezza professionale.
Il presidente dell’ordine dei giornalisti, Carlo Verna, le ha dimostrato solidarietà e ha detto che è in corso una verifica sull’articolo di Vittorio Feltri. Crede che si muoverà ulteriormente per il direttore dell’Huffington Post?
Intanto ha fatto questo, dopodiché vedremo come si regolerà.
In generale, come pensa che vengano trattati i temi che riguardano le donne?
Ci sono costantemente atteggiamenti sminuenti. Il sessismo è l’anticamera della violenza. Viene usata qualsiasi parola che possa umiliare. Il linguaggio sessista porta alla svalutazione della donna e alla violenza. Le donne abbozzano nonostante siano ferite perché non se la sentono di reagire. Nel dibattito politico abbiamo toccato il fondo, perché ci sono esponenti che augurano lo stupro alle avversarie, oppure si rivolgono a loro con espressioni volgari per avere seguito sui social. Sta accadendo qualcosa di molto grave: stiamo normalizzando la misoginia, e questa invece è patologica. È una piaga sociale.
Non ci dobbiamo abituare al sessismo, alla misoginia, e a chi vuole limitare la libertà di espressione degli altri.
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