- Parla la donna-macchina di Schlein: «Massimalismo? Per noi si chiama l’agenda contro le disuguaglianze»
- La sconfitta: «Un gruppo dirigente non può togliersi alcuna responsabilità di ciò che accade mentre sta dirigendo. Ma il partito non abbia paura del nuovo. Noi qui perché le vecchie pratiche hanno fallito».
- «Sui territori vivono ancora dinamiche figlie del partito che era arrivato al minimo storico. C’è un lavoro di ricostruzione da fare». «Io capolista alle europee? Ho un ruolo nel partito, il lavoro è appena cominciato e ho intenzione di portarlo avanti».
Marta Bonafoni, lei è la coordinatrice della segreteria Pd. Per Matteo Renzi le elezioni si perdono a causa del «massimalismo di Schlein». Siete massimalisti?
Intanto si perdono i ballottaggi ma il Pd è il primo partito pressoché in tutte le città dove si è votato. Poi certo, si tratta di una sconfitta. Ma dire che sia frutto delle ultime mosse del Pd è falso. C’è un vento di destra, sappiamo come è andato il voto in Spagna; c’è un governo di destra che governa da soli sette mesi; e c’è fortissimo l’effetto delle divisioni nel centrosinistra che arrivano da un passato recente. Dunque anche se nei ballottaggi i voti dei nostri candidati sono cresciuti, non siamo riusciti a raggiungere la destra che può contare su una coalizione.
La segretaria dunque non ha responsabilità?
Un gruppo dirigente non può togliersi alcuna responsabilità di ciò che accade mentre sta dirigendo. E non mi consola neanche ricordare che il Pd era dato per morto dopo le politiche. Ma la responsabilità è anche quella che abbiamo di qui in avanti, tutti. Quello che alcuni chiamano massimalismo per noi è lotta alle disuguaglianze, ridistribuzione della ricchezza e giustizia sociale, casa, sanità pubblica e lavoro. Dobbiamo proporre quest’agenda sociale al paese, rapidamente, e mobilitare il partito del territorio al quale ancora non siamo arrivati. Serve che tutto il partito si impegni. Per farlo abbiamo bisogno di tempo, e di pazienza.
Sta dicendo che non tutto il Pd si è impegnato?
Non dico questo, ma sui territori vivono ancora dinamiche figlie del partito che era arrivato al minimo storico. C’è un lavoro di ricostruzione da fare.
Le elenco le accuse alla segretaria. Prima: Schlein è inafferrabile, in campagna elettorale è scomparsa.
Accusa ingenerosa. È andata in Emilia-Romagna come era sacrosanto fare nella regione, che è anche la sua, colpita da eventi drammatici. Appena l’emergenza si è attenuata è ripartita per la campagna.
Schlein non ascolta nessuno, gestisce il Pd in maniera solitaria e arroccata. E comunica poco.
Conosco Elly da anni e non prende mai una decisione senza ascoltare molte voci, è il suo metodo. Forse non ascolta le stesse voci di prima, ma ha sempre detto che non avrebbe introdotto di nuovo i caminetti. Crede molto nella squadra ed è contraria al personalismo.
Altra accusa, riguarda anche lei Bonafoni: il partito è gestito da neoiscritti che non conoscono il Pd. Ma è normale?
Comprendo questo appunto, sono arrivata da poco. Ma vede, oltre al coordinamento della segreteria, ho la delega al rapporto con il terzo settore e l’associazionismo, quel corpo sociale che un tempo votava Pd e ora non più. Devo aiutare ad aprire porte e finestre. È un altro modo di fare partito, ma dobbiamo essere disponibili a farlo perché da questo dipende il successo del nuovo Pd, che sarà il successo di tutti. E se non ce ne fosse stato bisogno, Schlein non avrebbe vinto le primarie e il Pd non avrebbe perso le politiche. Non dobbiamo avere il terrore della novità; da parte nostra noi siamo attrezzate con comprensione e umiltà.
Schlein ha una linea confusa, per esempio sull’uso del Pnrr per le armi e sulla gravidanza per altri.
Abbiamo presentato emendamenti chiari che dicono che per noi la possibilità che si attinga al Pnrr per armare la vicenda della guerra in Ucraina è da escludere in maniera categorica. Chiederemo un voto che vincoli il governo a non farlo. La linea non è incerta, indubbiamente c’è da ricercare sempre una sintesi che affermi l’identità del partito ma non respinga nessuno. Sulla Gpa è già andata così: in commissione giustizia si discute della trasformazione in reato universale, che è un mostro giuridico, e siamo tutti d’accordo. Chiediamo il riconoscimento dei bambini, come ci chiedono i sindaci. Le sembra una posizione poco chiara?
Forse la poca chiarezza viene dal fatto che Schlein è favorevole alla Gpa.
Rispondo con un fatto: non c’è né in parlamento né nei nostri pensieri l’idea di presentare una modifica al divieto della Gpa. Chi non vuole vedere questo fatto non è in buona fede.
I riformisti vi avvertono, si vince al centro. Non state prendendo sottogamba il disagio dei cattolici?
I disagi vanno sempre ascoltati. Però vorrei capire su cosa il nuovo Pd non sarebbe accogliente. Io sono cattolica, mi rendo conto di non essere nel pallottoliere dei cattolici doc, ma sono in buona compagnia: proprio su Domani avete pubblicato un appello di molti scout per Elly Schlein e che si ispira alle encicliche di papa Francesco sulla giustizia sociale e quella climatica. Sulle grandi questioni mi pare che ci sia ascolto e anche ampia convergenza. Se non le semplifichiamo con schemi vecchi.
È già iniziato lo sport nazionale del Pd, il tiro al segretario?
Lo conosciamo, ma a questo giro giochiamo una partita diversa. Martedì sono stata all’inaugurazione di un circolo a Roma nord, tutti militanti sotto i trent’anni. Lì non ho sentito una parola che assomigliasse al dibattito che poi ho letto sui giornali. Ascoltiamo anche queste voci e non quelle che vengono dal passato, lo dico con rispetto, ma consapevole che quel meccanismo non ha portato bene al Pd e al paese.
Lei sarà capolista alle europee?
Guardi, dai retroscena mi vengono attribuite frasi tipo, “quello spetta a me”, che non direi neanche davanti a un budino. Non è il mio stile né la mia cultura politica. Detto questo, alle europee manca un anno, il confronto sulle liste non è neanche iniziato. E soprattutto io ho un ruolo nel partito, il lavoro è appena cominciato e ho intenzione di portarlo avanti.
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