Nel consiglio dei ministri è saltato il decreto Irpef: la nuova bozza indicava un beneficio per i redditi fino a 28mila euro. Ma i tecnici del ministero dell’Economia hanno frenato l’operazione elettorale firmata dal viceministro Leo
Un bonus in tredicesima, rigorosamente una tantum, di 80 euro e per redditi bassi, in una versione depotenziata rispetto a quello di renziana memoria. Poi la notte ha portato consiglio ed è arrivato il contrordine: un bonus più corposo, da 100 euro e fino a 28mila euro, ma solo per lavoratori con coniuge a carico e almeno un figlio.
Il tutto da definire entro la metà di novembre. Più soldi, più paletti, sembrava la tesi prevalente. Qual è stato il risultato alla fine? Un rinvio. Per eccesso di confusione e per mancanza di realismo. Se ne parlerà la prossima settimana. Nel Consiglio dei ministri è infatti saltato l’atteso decreto Irpef, il provvedimento attuato della riforma fiscale, in cui era stata inserita l’ennesima mancetta con lo sguardo rivolto alle Europee.
Modello Renzi
Del resto, gli 80 euro avevano portato bene a Matteo Renzi, con la stravittoria alle Europee. Allora nel governo Meloni qualcuno ha pensato bene di replicare quel modello, a cominciare dala cifra. Almeno secondo la prima bozza circolata del decreto. Al netto della somma, tuttavia, ai vertici di Palazzo Chigi chiedono un’operazione che possa dare un po’ di fiato alla propaganda elettorale. Le elezioni bussano alla porta e pazienza se il beneficio nelle tasche degli italiani si paleserà soltanto a fine anno, quando le elezioni di giugno saranno ampiamente finite in archivio. Conta l’annuncio, nella logica del governo. Far sapere dal palco di un comizio che il governo aiuta le persone, in particolare quelle con redditi più bassi.
Al ministero dell’Economia e delle finanze è andato perciò in scena un balletto niente male. Il viceministro, Maurizio Leo, è il responsabile dei testi per attuare la riforma fiscale e ha predisposto i contenuti, inserendo – un po’ a sorpresa – una misura per rafforzare le tredicesime nell’ambito di un decreto che avrebbe dovuto limare solo una serie di questioni tecniche. Ma il fedelissimo di Giorgia Meloni ha fatti i conti, senza l’oste, ossia facendo di finta di non conoscere i conti pubblici in affanno.
Nel preconsiglio il ministro Giancarlo Giorgetti ha proposto – per non dire imposto – un supplemento di riflessioni insieme ai tecnici. «Bisogna trovare le coperture», è il mantra che circola al Mef e che Palazzo Chigi ha dovuto accettare, suo malgrado.
Riunione interlocutoria
Qualcosa, comunque, dovrà essere messa sul tavolo nella prossima riunione del Consiglio dei ministri, il governo si è ormai esposto. Il decreto, peraltro, interviene su altri aspetti fiscali, inclusa la «revisione della disciplina dei redditi del lavoro autonomo». Una manciata di risorse si dovrà reperire per provare a gettare la basi verso la detassazione della tredicesima, antico pallino della maggioranza.
Un modo per provare a rispondere anche alle audizioni che alla Camera, nella giornata di lunedì, hanno messo a nudo le mancanze del Def. A partire dalla necessità di reperire almeno 18 miliardi di euro per confermare le misure già in essere.Il cdm, quindi, è stato poco più che interlocutorio: è stato approvato il disegno di legge sull’intelligenza artificiale che interviene sull’intero settore, dalla tutela dei diritti d’autore all’introduzione di nuovi reati, passando ovviamente per un piano di investimenti. Trattandosi di un ddl, che a sua volta include una delega all’interno, i tempi si prevedono lunghi.
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