L’antologia «infame» a cui fa riferimento Saviano, e il direttore di Libero Senaldi nega, è facilmente rintracciabile. «Brutta», «radical chic», «strega», «paffutella»: queste le parole scritte contro di lei dai giornalisti e dal gruppo di quotidiani che guardano a destra
La critica è legittima, ma «brutta», «radical chic», «strega», «paffutella» sono insulti. Parole che ha dovuto sopportare per anni Michela Murgia, scritte nero su bianco dai giornalisti che guardano a destra. Roberto Saviano al funerale della scrittrice scomparsa lo scorso 10 agosto ha raccontato che Murgia ha sofferto tutto: «Dossieraggio, pressione mediatica, orrore dei populisti e non solo che si accanivano su di lei. Giornali infami, siti immondi con il compito, anzi il mandato, di insinuare e ingannare».
Il direttore di Libero Pietro Senaldi, ha reagito: «Roberto straparla, avere idee diverse non significa odiare». Ma l’antologia «infame» a cui fa riferimento Saviano e che Senaldi nega, è facilmente rintracciabile.
21 novembre 2013: per Libero Murgia fa parte degli «sciacalli del ciclone» che si era abbattuto sulla Sardegna. Aveva deciso di candidarsi per la presidenza della regione.
11 febbraio 2014: torna a farsi sentire Libero. Titolo: “La ricetta della Murgia per la Sardegna: dormire”, prima riga: «Ora sappiamo perché Michela Murgia è paffutella».
5 dicembre 2015: Libero parlava di un intervento di Vecchioni sulla Sicilia. Ma Murgia è andata a commentarlo in tv: «E Vecchioni è troppo bruttino per venirci a dare lezioni di estetica o per insultarci gratuitamente. Non è bello come Michela Murgia, lui».
22 luglio 2018: Mario Giordano su la Verità replica a un articolo uscito pochi giorni prima su l’Espresso e titolato: “Ribelliamoci”. La Verità dice: “Sinistra ridotta alla Murgia”. Svolgimento: «Zerocalcare e Michela Murgia a condurre le danze, e dietro tutto il codazzo dei difensori della Patria, pardon della Matria, con magliette rosse e (per chi ce l'ha) Rolex al polso».
29 luglio 2018: Murgia ha notato che poche donne occupano posti di rilievo nei giornali. Per Libero è «ossessionata» dal genere e pronta a ridimensionare il merito delle donne.
2 novembre 2018: nel suo libro Istruzioni per diventare fascisti la scrittrice aveva concluso con un “fascistometro”, un test provocatorio. Per il Giornale era «la scrittrice che con la scusa di andare in tv a smarchettare i suoi libri propala tonnellate di buonismo. Spettacolo al contempo disgustoso ed esilarante».
4 maggio 2019: la Verità le dedicava un ritratto dal titolo “La frustrata che ha ideato il fascistometro”. «Specialista in predicozzi autoritari ha superato i complessi con il talento e l'aggressività».
6 marzo 2021: Francesco Borgonovo, vicedirettore della Verità, la accusa: «Una pattuglia di femministe guidate da Laura Boldrini (anche lei tra le più colpite dalla stampa vicina alla destra, ndr) e Michela Murgia attacca la Treccani al grido di «il dizionario dei sinonimi è sessista». Per lui è «l’ennesimo fronte aperto dal “donnismo”, movimento che ha il dichiarato obiettivo di scatenare la guerra tra generi».
18 agosto 2021: su Libero un articolo di Annalisa Chirico la accusa di non difendere a dovere le donne Afghane. Murgia è una «Femminista col burqa». Titolo in prima pagina.
Il supporto a Saviano nei processi dopo le querele di Giorgia Meloni e Matteo Salvini ugualmente non è stato apprezzato. Lo stile è sempre lo stesso. Si trova online il pezzo di Annarita Digiorgio, pubblicato sul Giornale il 30 novembre 2022. Oggi è una penna diretta da Matteo Renzi al Riformista. All’epoca scriveva: “E se un uomo avesse chiamato lei bastarda?”. Nell’articolo viene definita una «paladina del femminismo radical chic».
Neanche la rivelazione della malattia ha fermato «le idee diverse». Il 10 maggio Renato Farina (noto anche come l’agente Betulla per il suo passato nei servizi) diceva: «Viene il dubbio sia stato una sorta di esperimento sociologico. Uno scandalo voluto?»
I tweet
Un capitolo a parte meritano i tweet. Murgia combatteva anche sui social e lì la colpiva l’opinione pubblica brutalmente fomentata: «Contro il cessismo», twittava Filippo Facci con una sua foto nel 2020.
A dicembre 2022 era tornato sullo stesso argomento Vittorio Feltri, consigliere di FdI in Lombardia, ex direttore del Giornale e fondatore di Libero: «Sapete perché la Murgia è così cattiva? Perché è brutta come una strega».
A gennaio 2023 : «Michela Murgia non mi piace non per quello che dice o scrive, ma perché è brutta come l’orco».
Murgia «la strega» ha risposto con i libri, i post e con l’ironia. Ha creato insieme a Chiara Tagliaferri il podcast intitolato Morgana, la sorella strega di Re Artù, diventato poi il titolo di un saggio a quattro mani su «donne così diverse da ogni cliché da essere spaventose». Ha voluto che Saviano le fosse fisicamente a fianco nei suoi ultimi giorni, che vedesse e testimoniasse al suo funerale.
Un altro gesto politico. La scrittrice Chiara Valerio, una delle sue più care amiche, ha commentato su twitter: «Utilizzare le parole pronunciate al funerale di Michela Murgia, per screditare Roberto stesso, è la misura di quanto i giornali di regime temano una piazza dove garrivano bandiere italiane, bandiere arcobaleno e palloncini a unicorno». Di solito si dice «ha combattuto fino alla fine». Murgia sapeva che avrebbe dovuto farlo anche dopo.
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