Alla Camera viene approvata la mozione della maggioranza su un tema che, da agenda, doveva essere il piano di riarmo. Peccato che la mozione di riarmo non parla affatto, tanto che le opposizioni chiedono al presidente di turno, Fabio Rampelli (Fdi) di non ammetterla al voto. Ma niente da fare, finisce 144 sì contro 105 no. Epperò sotto il testo non c’è nulla, almeno non c’è l’argomento a cui era stata dedicata la sessione d’aula.

Per riuscire a non spaccarsi, le quattro forze di maggioranza hanno replicato il numero già recitato con successo il 19 e 20 marzo sulle risoluzioni della vigilia del Consiglio europeo: un testo con dentro di tutto, dalla difesa nazionale nell’ambito Nato al sostegno all’Ucraina (ma anche in questo caso viene sbianchettato l’aiuto militare, omaggio alla Lega), a una tregua e a una eventuale partecipazione a una ancora più eventuale missione Onu.

Nel testo c’è anche l’impegno a alzare la spesa militare dall’attuale 1,5 per cento del Pil al 2. E anche qui c’è dell’ipocrisia: Matteo Richetti (Azione) segnala che ora la Nato chiede almeno il 3 per cento.

Lega contro Fdi

C’è comunque di tutto nella mozione della destra, tranne l’oggetto della seduta. E cioè il piano di riarmo.

Stavolta alla maggioranza il numero però riesce peggio perché il governo manda in aula il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago che, a sorpresa, parla; cioè non esprime solo il parere dell’esecutivo sulle mozioni. Parla, e parla anche da europeista: conduce un intervento raziocinante «che condivido parola per parola», commenta il renziano Davide Faraone.

A quel punto dalla Lega si scatena Simone Billi: «Ci opponiamo fermamente a questi 800 miliardi di debiti per la difesa europea. Se ci sono 800 miliardi da spendere, non bisogna spenderli in armi e proiettili ma in salute, ospedali e lavoro». Sono, più o meno, i concetti che in aula hanno espresso il leader M5s Giuseppe Conte e quello Avs Nicola Fratoianni.

Da M5s arriva la sfida: «Allora votate la nostra mozione». Dal Pd invece arriva la presa d’atto di Stefano Graziano: «In un’altra epoca si sarebbe andati al Quirinale a fare una verifica di governo. Perché c’è un problema serio nella maggioranza».

Il dibattito, fortissimamente voluto dal M5s per ribadire la propria posizione alla vigilia della manifestazione pacifista del 5 aprile, certifica le differenze nelle forze di minoranza.

Sinistra divisa ma unita

Presentano sei testi diversi: Azione, Iv e +Europa dicono sì al piano europeo, il Pd chiede una sua «radicale modifica», M5s e Avs scolpiscono il loro «radicale no». Ma a fare notizia, per una volta, è che le opposizioni non si beccano fra loro – al netto di qualche scintilla fra gli esponenti M5s e quelli di Azione – ma tutte in coro, un momento prima del voto, chiedono a Rampelli di sospendere la seduta.

«La maggioranza, per uscire dai suoi problemi politici, ha abbinato una mozione che non è assolutamente abbinabile al ReArm» (Riccardo Ricciardi, M5s), «Si deve garantire che si discuta dei temi senza scappatoie. Siamo di fronte a una spaccatura della maggioranza» (Chiara Braga, Pd), «Si chiamano mozioni sul riarmo europeo. È normale che la mozione della maggioranza non ne parli?» (Marco Grimaldi, Avs), «Nella mozione della maggioranza il riarmo non è mai citato, chiediamo alla presidenza di chiarire che quella mozione non può essere abbinata alla discussione in corso oggi» (Riccardo Magi, +Europa), «La seduta va sospesa e valutato in capigruppo se la nostra posizione ha una legittimità» (Ettore Rosato).

Si vota la sospensione, non passa. Passa invece la mozione sul riarmo senza il riarmo. Il suggello alla pièce teatrale della destra lo mette Faraone: questo testo «è un vero trucco. Per stare insieme, la maggioranza ha dovuto scrivere una mozione che non dice un tubo. È una presa per i fondelli. Qui il tema è politico: non state attaccati insieme, neanche con la saliva».

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