La vicenda è quella della vendita dello yacht Unica di aprile 2019: Mazzaro, ex di Santanchè, per il giudice è colpevole di sottrazione fraudolenta e dichiarazione infedele. Per la stessa vicenda la posizione della ministra del Turismo è stata archiviata a gennaio scorso
Giovanni Canio Mazzaro, ex compagno della ministra Daniela Santanchè, è stato condanno in primo grado dal tribunale di Milano a due anni e mezzo per sottrazione fraudolenta di beni e dichiarazione infedele dei redditi, unita a una confisca di circa 644mila euro (la richiesta iniziale del pm era di tre anni di carcere e 393mila euro di confisca). La condanna è relativa alla vendita dello yacht “Unica”, risalente ad aprile 2019.
Per la stessa vicenda Santanchè è stata archiviata dal gip a gennaio scorso.
Secondo la procura, Mazzaro avrebbe simulato la cessione della barca alla società Biofood, all'epoca rappresentata da Santanchè, per appunto 393mila euro, senza incassare alcun provento. Sempre ad aprile, dopo alcune settimane, lo stesso yacht è stato poi rivenduto da Biofood alla società maltese Flying Fish Yachting per il medesimo importo.
In particolare, secondo il dispositivo di accusa, nel 2013 Mazzaro avrebbe fatto confluire, «in base ad accordi di reversibilità», i suoi redditi su M Consulting, società interposta, in modo da indicare nella dichiarazione dei redditi una cifra inferiore a quella percepita. Quindi avrebbe accumulato un debito con l'Erario di circa 1,5 milioni di euro.
Così per «sottrarsi al pagamento delle imposte (...) e rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva del credito da parte del fisco», il primo aprile del 2019 avrebbe simulato l'alienazione dello yacht di cui era proprietario a Biofood Italia srl, all'epoca rappresentata dall'ex moglie Santanché, per 393 mila euro. Una vendita, secondo l'accusa, che sarebbe avvenuta senza che venisse versato alcun corrispettivo a Mazzaro.
Il 24 aprile successivo la stessa barca sarebbe stata ceduta da Biofood a una società di diritto maltese, la Flying Fish Yachting ltd, l'effettivo compratore, alla medesima cifra di cui la Procura aveva proposta la confisca e che il Tribunale, in sentenza, ha raddoppiato. Il pm Filippini, durante la sua requisitoria, aveva sottolineato: «Quando la barca sparisce, spariscono anche i soldi e, così, frustra definitivamente ogni pretesa del fisco» aggiungendo che si è trattato di una «vendita finalizzata a far sparire l'unico bene aggredibile e il suo provento».
Le reazioni
«Ci aspettavamo un esito diverso, leggeremo le motivazioni ed è ragionevole ritenere che proporremo appello» ha detto l'avvocato Matteo Mangia, legale di Canio Mazzaro. Riguardo al fatto che il giudice della seconda sezione penale, Emanuele Mancini, abbia disposto una confisca molto più elevata rispetto a quella richiesta dal pm (da 393mila euro), l'avvocato Mangia ha risposto: «Leggeremo anche su questo le motivazioni».
Il pm Paolo Filippini, titolare dell'inchiesta condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano, aveva chiesto una condanna a 3 anni. Il giudice ha riconosciuto col verdetto entrambe le imputazioni contestate.
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