I capi della procura nazionale antimafia e di Perugia hanno chiesto di essere auditi sull’inchiesta sugli accessi abusivi alla banca dati. La solidarietà di Ruotolo ai giornalisti indagati: «Le notizie pubblicate sono vere». La Lega chiede di sentire anche i vertici della Finanza
L’inchiesta di Perugia su circa 800 accessi abusivi alla banca dati relativa alle Segnalazioni di operazioni sospette finirà davanti al Copasir, alla Commissione parlamentare antimafia e al Csm.
L’indagine vede indagate una quindicina di persone, tra cui il finanziere Pasquale Striano, all’epoca in servizio alla procura nazionale antimafia, e il magistrato dello stesso ufficio, Antonio Laudati. Tra gli indagati ci sono anche tre giornalisti del nostro quotidiano, accusati di accesso abusivo a sistema informatico, in concorso con Striano, e rivelazione di segreto in seguito alla pubblicazione di notizie riservate (e vere) sul ministro della Difesa, Guido Crosetto, in merito ai compensi ricevuti per consulenze svolte per Leonardo. A far partire le indagini è stato lo stesso ministro, con un esposto alla procura di Roma.
L’inchiesta ha come obiettivo quello di capire lo scopo dei presunti accessi illeciti alla banca dati di Striano, che sarebbero stati ottocento e hanno riguardato esponenti di primo piano della politica come i ministri Francesco Lollobrigida, Marina Elvira Calderone, Gilberto Pichetto Fratin e Adolfo Urso e i sottosegretari Andrea Delmastro e Giovanbattista Fazzolari, ma anche vip e imprenditori.
Gli accessi sarebbero stati fatti per attività giudiziaria in alcuni casi, in altri destinati ad attività giornalistiche e infine per altri scopi ancora non chiari. Dalle indagini, tuttavia, non sono emersi passaggi di denaro favore di Striano. E, inoltre, è certo che dall’indagine non è emersa alcuna operazione di spionaggio su personalità istituzionali o politici, come invece alcune ricostruzioni giornalistiche hanno fatto presagire utilizzando il termine «dossieraggio». Il tenente della guardia di finanza ha sempre sostenuto la correttezza del suo comportamento e di aver fatto gli accessi nell’ambito del suo lavoro.
Le audizioni
Vista la delicatezza del caso, dunque, il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e quello di Perugia Raffaele Cantone hanno chiesto di essere sentiti dal Comitato di presidenza del Csm, dal presidente della Commissione parlamentare antimafia e da quello del Copasir. I due hanno detto di considerare «doveroso» chiedere di valutare «con l’urgenza del caso» la loro audizione, «necessaria alle valutazioni riservate» degli organi aditi.
Secondo fonti parlamentari, già oggi l’ufficio di presidenza della Commissione Antimafia valuterà la richiesta e anche il Copasir ascolterà al più presto i due magistrati. Per il Pd questo «darà un contributo di chiarezza e rigore» e anche il centrodestra ha accolto positivamente la disponibilità.
La difesa di Domani
Dopo la notizia che anche il pool dei cronisti di inchiesta di Domani è finito nell’indagine di Perugia, il mondo dell’informazione e una parte di quello politico si sono mossi. Il responsabile informazione del Pd, Sandro Ruotolo, è intervenuto esprimendo solidarietà: «I tre giornalisti di Domani sono accusati di aver utilizzato carte ottenute da fonti giudiziarie per scrivere i loro articoli. Se il finanziere era la loro fonte e ha commesso un reato lo deciderà la magistratura perugina. Resta il fatto che le notizie pubblicate dai cronisti erano vere e quindi hanno fatto solo il loro dovere di informare l’opinione pubblica».
Anche Angelo Bonelli di Avs ha espresso solidarietà, «Quando i giornalisti vengono messi sotto accusa per il loro lavoro, si mina non solo la loro integrità professionale, ma si compromette anche il diritto fondamentale dei cittadini a essere informati».
La segreteria dell’Associazione stampa romana ha definito quella in corso «un’azione che rappresenta un nuovo, inaccettabile tentativo di intimidazione nei confronti dei giornalisti, un attacco alla libertà di stampa e al diritto dei cittadini a essere informati». Nei giorni scorsi, invece, si erano espressi Usigrai, Fnsi, Articolo 21 e Rete No Bavaglio.
Anche la federazione dei giornalisti europei ha ripreso il comunicato del comitato di redazione di Domani, chiamando in causa il governo italiano «a rispettare la rule of law e gli standard legali europei per la protezione delle fonti giornalistiche».
L’attacco della Lega
La Lega, invece, ha fatto sapere che chiederà che «il Copasir approfondisca la questione in dettaglio fino alla completa chiarezza sui fatti», ma non solo con le audizioni già chieste da Melillo e Cantone, anche con le «audizioni dei vertici presenti e passati della Guardia di Finanza e dell’antimafia».
Il partito di Salvini, infatti, ipotizza l’esistenza di una sorta di complotto, o meglio «di un vero e proprio attacco alla repubblica e alla democrazia che coinvolge magistratura, guardia di finanza e giornali di sinistra». L’attacco più forte, però, riguarda i giornalisti perché, secondo la Lega, «in più di una occasione le procure hanno aperto inchieste basandosi su presunti scoop nati da notizie costruite a tavolino sulla base di dati ottenuti illegalmente». Le notizie, tuttavia, come ben sanno i vertici leghisti, erano vere a tal punto che hanno portato a processo alcuni uomini del partito e anche a condanne di primo grado in un caso per finanziamento illecito in altri per distrazione di fondi pubblici.
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