«Mi sono astenuta perché non c’è nessun pericolo di fuga o di inquinamento prove, si tratta di una richiesta di arresti domiciliari»» dice la senatrice pentastellata Elvira Evangelista prima di troncare la telefonata e non rispondere più.

Non ha gradito le  domande relative alla sua astensione durante il voto in Giunta per le immunità parlamentari che il 14 dicembre ha deciso sul caso di Luigi Cesaro, senatore di Forza Italia indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.

In totale sono dodici i membri che hanno votato contro e sette gli astensionisti, tra questi ci sono: Pietro Grasso (Leu), Anna Rossomando (Pd), le tre senatrici del Movimento Cinque Stelle Grazia D’Angelo, Elvira Evangelista e Agnese Gallicchio e Lucio Malan di Fratelli d’Italia.

La motivazione della senatrice

«Mi sono astenuta perché sono venuti meno i requisiti di legge. Non c’è nessun pericolo di fuga o di inquinamento prove, si tratta di una richiesta di arresti domiciliari, valuterò meglio la questione aspettando anche il pronunciamento della Cassazione», dice la senatrice Elvira Evangelista del Movimento Cinque stelle.

Il senato non deve valutare il merito delle esigenze cautelari, quello spetta a un giudice terzo come per tutti i comuni mortali, un giudice che ha già deciso disponendo i domiciliari per il senatore azzurro. Ma a differenza dei comuni mortali, i giudici per arrestare o intercettare deputati e senatori, devono essere autorizzati dalla camera di appartenenza. I senatori devono valutare solo se c’è fumus persecutionis nella pratica in esame.

Sono lontani i giorni in cui i vertici pentastellati riempivano le piazze chiedendo a gran voce l’abolizione dell’immunità. «Il M5S da sempre è contrario all’immunità dei parlamentari, e da anni promuove il “Parlamento pulito», scrivevano deputati e senatori grillini sul blog di Beppe Grillo, nel 2014.

Ma voi non eravate contro l’immunità parlamentare? La senatrice grillina risponde così: «Noi non abbiamo votato contro l’immunità, l’arresto è una misura cautelare di una certa importanza, l’immunità riguarda solo i reati di opinione».

Ma il M5s è sempre stato a favore della richiesta dei giudici e contro l’immunità, lei perché si è astenuta? «Io parlo per me, sono un’avvocata, sono alla prima legislatura, in quel momento non c’erano gli elementi per valutare un arresto. C’erano delle perplessità che mi hanno portato all’astensione», dice.

Le chiediamo se c’è o meno fumus, la senatrice risponde: «No, non c’è. Non penso la magistratura perseguiti nessuno», dice. E allora perché si è astenuta? «L’arresto è una misura cautelare di una certa importanza, un senatore prende, esce dal senato e viene arrestato. Bisogna valutarlo attentamente, non c’erano ragioni per votare la proposta di Italia viva, il voto di astensione lascia margini di dubbi sulla faccenda. Speriamo che tra qualche giorno la questione venga chiarita anche dalla Corte di Cassazione che ha le carte in mano».

Ma sono proprio le carte e un giudice a chiedere i domiciliari per Luigi Cesaro che secondo gli inquirenti ha intrattenuto rapporti con alcuni esponenti del clan Puca di Sant’Antimo. «Lei mi sta facendo un interrogatorio» dice prima di troncare la telefonata.

L’inchiesta

Cesaro è stato processato e assolto negli anni ottanta per i suoi rapporti, riscontrati, con la camorra cutoliana, è stato citato nello scioglimento per camorra del suo comune di origine Sant’Antimo (anno 1991), è stato coinvolto in diversi procedimenti penali, dal quale è uscito prosciolto, nei quali i pentiti hanno raccontato i suoi contatti con esponenti di diversi clan della provincia di Napoli e Caserta. Ora arriva una nuova ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari. 

Maria Luisa Miranda, giudice del tribunale ordinario di Napoli, scrive che Cesaro ha concordato con alcuni esponenti del clan Puca «in occasione delle varie competizione elettorali tenutesi a Sant’Antimo dal 2007 in poi, la formazione delle liste dei candidati alle cariche elettive, turbando il regolare svolgimento delle competizioni elettorali de equo finanziando in tutto o in parte le attività illecite di compravendita di voti, favorendo l’attribuzione degli incarichi di governo della città di Sant’Antimo a soggetti prescelti dal clan». 

Il salvataggio di Renzi

Nella stessa giornata la Giunta ha anche approvato la relazione della senatrice forzista Fiammetta Modena sul conflitto di attribuzione riguardo l’inchiesta sulla Fondazione Open che riguarda il senatore Matteo Renzi, indagato per finanziamento illecito. La Giunta ha sollevato il conflitto di attribuzione presso la Corte Costituzionale, perché alcuni messaggi finiti nelle intercettazioni dei pm fiorentini che indagano sul caso non sarebbero stati autorizzati dal Senato. La procura di Firenze «avrebbe dovuto rivolgere preventivamente una richiesta di autorizzazione». Anche in questa decisione i pentastellati si sono astenuti insieme al Partito democratico. «È stata un’astensione tecnica perché mancavano dei decreti del tribunale», così l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha motivato la scelta.

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