Un fatto sembra ormai chiaro. Il software spia Graphite, prodotto dalla società israeliana Paragon Solutions e usato per violare il telefono di almeno due cittadini italiani, un giornalista e un attivista, fino alla scorsa settimana era in dotazione a due agenzie pubbliche del nostro paese e a interrompere il rapporto contrattuale è stata la stessa Paragon, convinta evidentemente che l'Italia non abbia rispettato le condizioni pattuite, tra cui quella di non utilizzare lo spyware contro giornalisti e attivisti.

Sono queste le ultime novità di una vicenda che rischia di mettere in ulteriore difficoltà il governo di Giorgia Meloni, già alla prese con il caso Almasri, e che ora è chiamata dalle opposizioni a fornire spiegazioni su quella che ha tutta l’aria di essere una storia di spionaggio di stato.

I fatti

La vicenda è iniziata venerdì 31 gennaio, quando il direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato, ha fatto sapere di essere tra gli oltre novanta giornalisti e attivisti bersaglio dello spyware militare prodotto dalla israeliana Paragon Solutions.

A informare Cancellato è stato un messaggio di WhatsApp (Meta): «Le nostre indagini indicano che a dicembre potresti aver ricevuto un file dannoso tramite WhatsApp e che lo spyware potrebbe aver permesso l'accesso ai tuoi dati, inclusi i messaggi salvati nel dispositivo».

L’intrusione sarebbe avvenuta tramite un virus cosiddetto "zero click”: le vittime hanno ricevuto un messaggio contenente un pdf, non era necessario che lo aprissero per essere infettati. Una volta entrato, lo spyware ha avuto accesso completo a tutti i contenuti del telefono, comprese le chat crittografate su piattaforme come WhatsApp e Signal.

Dopo Cancellato, a far sapere di essere stato vittima dello spyware israeliano è stato l'attivista libico Husam El Gomati, che diverse volte si è occupato in modo critico degli accordi tra Libia e Italia per la gestione dei migranti. Mercoledì 5 febbraio è stata la volta di Luca Casarini, cofondatore della ong Mediterranea Saving Humans, anch’essa attiva da anni nel denunciare gli accordi firmati dall’Italia con la Libia e la Tunisia per la gestione dei migranti.

I tre condividono insomma una visione critica nei confronti del governo Meloni, per questo i loro sospetti sono subito stati rivolti all'esecutivo e alle agenzie di intelligence italiana. Un’ipotesi, quella della regia di Roma, rafforzata dal fatto che Paragon si è sempre vantata di vendere il suo software solo al governo degli Stati Uniti e a quelli dei suoi alleati.

Dopo giorni di silenzio, mercoledì sera Meloni ha finalmente fornito qualche spiegazione sulla vicenda. Palazzo Chigi ha diramato una nota in cui, oltre a specificare che le utenze italiane attaccate dallo spyware Graphite sarebbero sette, «esclude» che giornalisti «siano stati sottoposti a controllo da parte dell'intelligence, e quindi del governo». Meloni non ha dunque negato che il governo o i servizi segreti italiani abbiano acquistato lo spyware: ha escluso che questo sia stato utilizzato contro giornalisti.

I contratti italiani

A incrinare la versione dell'esecutivo non è però solo il caso di Cancellato, direttore di Fanpage, ma anche due articoli pubblicati poche ore dopo la nota di palazzo Chigi. A pubblicarli sono stati The Guardian e Haaretz.

Secondo entrambi, Paragon Solutions aveva dei contratti con il governo italiano, che sono stati interrotti proprio a causa di questa storia. Citando «una persona a conoscenza della questione», il quotidiano britannico ha rivelato che Paragon «ha sospeso il contratto con l'Italia venerdì scorso (31 gennaio, ndr), quando è emersa per la prima volta la notizia del possibile abuso nell'utilizzo dello spyware. La decisione di rescinderlo definitivamente è stata presa mercoledì (5 febbraio, ndr) dopo che Paragon ha stabilito che l'Italia aveva violato i termini di servizio e il quadro etico concordato ai sensi del contratto».

Il quotidiano israeliano Haaretz ha dato conto degli stessi fatti, aggiungendo alcuni dettagli importanti. Ha specificato che Paragon, società basata a Tel Aviv, «lavora esclusivamente con entità statali» e fino alla recentissima rescissione aveva due contratti attivi in Italia, uno con «una forza di polizia» e l’altro con «un’agenzia di intelligence».

Citando «fonti con conoscenza nel settore delle esportazioni informatiche offensive», Haaretz ha scritto che «se uno dei due clienti italiani di Paragon avesse effettivamente utilizzato lo spyware per hackerare i dispositivi di un giornalista e di un attivista politico, così facendo avrebbe violato sia le normative israeliane sulle esportazioni sia i termini contrattuali dell’azienda».

Chi mente?

Il fatto è che il governo italiano, con la nota diramata mercoledì sera, ha escluso di aver spiato giornalisti usando lo spyware di Paragon. Eppure il mattino dopo, giovedì 6 febbraio, l’azienda israeliana ha fatto sapere di aver rescisso i contratti con l'Italia. Perché? La risposta è sempre di Haaretz: «Una possibile spiegazione è che Paragon ritenga che gli italiani stiano mentendo. L’azienda può esaminare l’utilizzo del suo sistema da parte dei clienti se ci sono sospetti fondati di uso improprio o violazioni del cosiddetto "contratto con l'utente finale", ed è probabilmente ciò che è avvenuto in questo caso».

Quindi, delle due l’una: o a mentire è stato il governo, oppure le ricostruzioni di Haaretz e The Guardian non sono corrette. Intanto Pd, Italia viva, M5s e Avs hanno depositato una serie di interrogazioni in cui chiedono all'esecutivo di chiarire come sono andate davvero le cose.

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