All’appello di Elly Schlein su una «proposta di governo» scarna e essenziale, in cinque punti –  sanità pubblica, istruzione e ricerca, lavoro e salari, politiche industriali, diritti sociali e civili – lanciato domenica sera dal comizio di chiusura della festa nazionale del Pd a Reggio Emilia, per ora rispondono solo gli alleati rossoverdi.

Angelo Bonelli spiega di essere pronto al confronto: ma mette subito i suoi paletti. Di energia nucleare, per esempio, non vuole sentire parlare: «Siamo pronti al confronto per costruire una piattaforma comune sulle priorità di questo paese, priorità tra le quali non rientra sicuramente il nucleare: una tecnologia pericolosa, obsoleta e carissima che gli italiani hanno già bocciato con il referendum del 1987. Il nucleare è il passato, le rinnovabili e l’efficientamento energetico sono il nostro futuro».

Il nucleare è un cavallo di battaglia di Carlo Calenda, il leader di Azione lo ha spiegato davanti agli industriali riuniti a Cernobbio. Ma non è indicato fra le «priorità» di un programma comune dalla segretaria del Pd.

Giuseppe Conte invece per ora non le risponde. Ma dalla festa del Fatto Quotidiano a Roma ha messo in chiaro che non intende fare nessuna alleanza con Matteo Renzi, «ne parlerà con Schlein». Renzi a sua volta sfida Conte che lo ha accusato di essersi buttato nell’affare del «litio», «In tv o in tribunale, scelga lui». 

L’alleanza spacca i partiti

Morale provvisoria: da quando si è tornato a parlare di alleanza di centrosinistra, e cioè da dopo il voto delle europee, i partiti del centrosinistra hanno cominciato a entrare in fibrillazione. Le offerte di partecipazione di Renzi hanno provocato la risposta stizzita di Conte, che a sua volta sta scommettendo su una vittoria non scontata nel congresso di M5s, che si svolge sotto il fuoco amico (neanche tanto) di Beppe Grillo.

A sua volta l’improvvisa svolta a sinistra di Italia viva ha creato uno scossone interno al mondo renziano, e nella mattina di lunedì 9 settembre Luigi Marattin ha annunciato il suo addio insieme a – dice lui – «centinaia» di altri iscritti: «La comunità di Iv non merita di farsi dire no da M5s e Fratoianni».

Calenda prova a lanciargli un’esca: «Abbiamo sempre le porte aperte per discutere con chiunque, e con chiunque voglia farlo in modo serio, in maniera non pregiudiziale e rispettosa». Ma anche lui è sospettato di convergere a sinistra. Per questo per ora mantiene nette distanze dalla coalizione, anche se questo non basta a tenere a freno il dissenso del deputato Enrico Costa, contrario all’alleanza con «i giustizialisti» a partire dalla Liguria, e “sospettato” di voler tornare nella sua precedente casa Forza Italia.

Nel Pd tutto bene? Sì, ma fino a un certo punto: se l’esito finale del muro anti-Renzi di Conte e Avs dovesse essere il veto sul leader di Italia viva, l’ala riformista del Pd non la prenderebbe bene. Finirebbe, per dirla proprio con Renzi, che «Conte dà la linea al Pd». 

Schlein-Penelope

Insomma, la leader dell’alleanza c’è, ora però bisogna fare l’alleanza. Se Schlein-Penelope ogni giorno tesse un pezzo di una tela comune, per il momento i papabili alleati gliela disfano: un filo ogni giorno. Martedì alle 19 settembre a Roma, alle “Notti del Cinema” di piazza Vittorio, la segretaria presenterà la sua nuova fatica editoriale, un libro-intervista con la giornalista dell’Espresso Susanna Turco.

Sarà l’occasione per rilanciare il suo appello all’unità per un’alternativa al governo di Giorgia Meloni. Conta sul fatto che non c’è altra strada per battere la destra e che da subito tutte le opposizioni si ritroveranno unite nelle battaglie regionali per la riconquista di Umbria e Liguria, e per la vittoria in Emilia-Romagna. Nel frattempo, conta anche su battaglie comuni sulla finanziaria: a partire dalla sanità.

Ma per la federatrice del centrosinistra succede che ogni giorno ha la sua croce: ieri Mario Draghi ha presentato a Ursula von der Leyen il suo rapporto sul futuro della competitività europea. Entusiasti il Pd e i socialisti europei, freddi Avs M5s (per i quali si tratta di un «ravvedimento tardivo» rispetto alle sue politiche da banchiere e da premier).

Mercoledì la presidente della Commissione europea presenterà la sua squadra: e anche su questo dossier è scontato il no di M5s e Avs. Per il Pd sarà un sì tormentato: Schlein ha spiegato che prima di votare la fiducia nell’europarlamento il suo partito farà una attenta verifica sulle deleghe e sul programma per il prossimo quinquennio.

Tormento Fitto

Ma nel Pd già in molti hanno anticipato un atteggiamento più che favorevole verso Raffaele Fitto, il commissario designato da Meloni. Che per di più avrà con ogni probabilità una vicepresidenza esecutiva, onore che non era toccato al suo predecessore italiano Paolo Gentiloni.

Il neo eurodeputato Antonio Decaro, pugliese come Fitto, dal Corriere della sera gli ha già aperto una linea di credito: «È tra i più moderati nel governo. È un democristiano. Credo che se riceverà delle deleghe importanti sarà un bene per l’Italia».

Quando sarà il momento, il Pd non potrà non votare sì alla Commissione – ma tutto dipende dalla scelta che farà S&D –, il che però significherà di fatto fare un regalo a  rimangiarsi tutta la campagna sull’Italia declassata in Europa. Fare come Renzi e Calenda, dunque. E mettere in conto le frecciate “da sinistra” di Conte e Fratoianni. 

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