La strana estate dell'auto-isolamento si è conclusa con Maria Rosaria Boccia trasformata in Mata Hari. La premier prova a tornare al punto di partenza. Continuità in politica estera, rapporto con Draghi, tentativo di accreditarsi in Europa. Troppo debole per fronteggiare le manovre centriste di Tajani. Meglio riprovare ad accreditarsi con quel pezzo di establishment e di moderatismo che le diede fiducia iniziale
Il ciclone Boccia non ha travolto solo l'ambizione di Gennaro Sangiuliano di diventare quello che fu Giovanni Spadolini per la Repubblica dei partiti: giornalista, direttore, ministro dei Beni culturali e poi presidente del Senato e candidato al Quirinale.
Sangiuliano si è fermato a Pompei, il governo Meloni va avanti. Ma la vicenda della consulente fantasma, una questione privata e non politica, ha indebolito la leadership della premier, più del governo che presiede, e ha oscurato quella che nei piani dell'inquilina di Palazzo Chigi avrebbe dovuto essere la notizia della settimana: la designazione di Raffaele Fitto alla Commissione europea che significa la riapertura del dialogo con Ursula von der Leyen.
L'estate si era aperta con l'isolamento dell'Italia dalle nomine europee e con il voto contrario di Fratelli d'Italia nel Parlamento europeo, si chiude con l'immagine di una almeno apparente riappacificazione.
In un contesto continentale che appare radicalmente mutato rispetto a tre mesi fa. In Francia, alle elezioni legislative indette da Emmanuel Macron per bloccare l'ondata lepenista, il primato in seggi (ma non la maggioranza) fu conquistato a sorpresa dal Nuovo fronte popolare, in desistenza con i candidati centristi.
Ma in questi giorni si è compiuto tutto il giro: Macron ha nominato primo ministro il gollista Michel Barnier, 73 anni, che ha incassato la non belligeranza di Marine Le Pen.
«Un premier sotto sorveglianza», lo ha definito ieri il capo del Rassemblement National Jordan Bardella. Da una desistenza all'altra: per la prima volta cade il muro tra gollisti e lepenisti. Il centro che a inizio luglio guardava a sinistra a settembre si ritrova a guardare a destra, all'estrema destra.
La Francia scopre il trasformismo, ma è tutto l'asse europeo che gira, in attesa delle elezioni americane, l'accoglienza riservata a Viktor Orbán a Cernobbio ne è un segno.
Per mesi gli editorialisti ortodossi hanno raccontato che il nuovo bipolarismo europeo sarebbe stato tra centristi liberali in alleanza con i socialisti (in posizione subalterna) e destre sovraniste e che la Francia sarebbe stato il laboratorio di questa nuova alleanza. Anche Kamala Harris è stata riverniciata di centrismo.
E perfino la svolta sui diritti di Forza Italia e il miraggio di una futuribile maggioranza Pd-Forza Italia a partire dallo ius scholae sembravano inserirsi in questo schema. Il corollario era che al Pd non restava che adeguarsi. Ma la bella stagione finisce e con l'autunno torna di moda la rive droite, non solo a Parigi.
Per la sorella cristiana Giorgia Meloni, come l'ha chiamata Orbán a Cernobbio, è un aiuto insperato, che arriva in un momento di difficoltà. Ieri la premier ha provato a riposizionarsi rapidamente, con le parole di elogio per Enrico Letta e per Mario Draghi, che domani presenterà ufficialmente a Bruxelles il suo report sulla competitività.
La strana estate di Giorgia Meloni, l'estate weird dell'auto-isolamento, della caccia ai complotti, di congiure contro di lei e contro il governo attribuite a poteri e apparati dello Stato, dalla magistratura e i servizi, si è conclusa con Maria Rosaria Boccia trasformata in Mata Hari.
Come un pendolo, la premier prova a tornare al punto di partenza, quando cominciò il suo governo, due anni fa. Continuità in politica estera, rapporto con Draghi, tentativo di accreditarsi in Europa.
Troppo debole, in questo momento, per fronteggiare le manovre centriste di Antonio Tajani, le bizze di Matteo Salvini, il suo partito che è intorno al 30 per cento ma che la costringe continuamente all'imbarazzo e che dipende in tutto esclusivamente da lei.
Meglio riprovare ad accreditarsi con quel pezzo di establishment e di moderatismo che le ha dato una fiducia iniziale, per poi ritrarsi sconcertato. Non è detto che la manovra riesca e allora la premier sarà di nuovo tentata dal voto anticipato.
In questo quadro, sul versante delle opposizioni, la questione Renzi sì-Renzi no potrà infiammare le tifoserie con i fogli del fan club, ma è infinitamente piccola rispetto all'esigenza di costruire un'alternativa alle destre al governo, un regolamento di conti antichi tra leader già da tempo caduti in terra.
Via Maria Rosaria Boccia, da oggi le opposizioni devono tornare a parlare al Paese con la loro voce.
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