La struttura affidata al commissario Nicola Dall’Acqua paga le tensioni nel governo. Salvini voleva la nomina, ma dopo lo stop di Meloni ha lasciato il dossier
Il dossier è stato caldo, per qualche mese, come le temperature sopra la media che hanno prosciugato fiumi e laghi. Facendo urlare all’emergenza-siccità e alla necessità di un intervento immediato, con apposito decreto sfornato dal governo Meloni. E a quasi un anno dall’istituzione della struttura commissariale, è stato fatto poco o niente. Qualche decina di milioni di euro messe sul tavolo, e una cabina di regia, che si riunisce, in media, una volta ogni quattro/cinque mesi. Senza incidere sulla questione idrica.
Il commissario fa acqua da tutte le parti
Un bilancio magro che è il mix della disattenzione della destra verso le politiche ambientali e dell’eterno scontro interno all’esecutivo tra Meloni e Salvini. La “depoliticizzazione” della struttura commissariale ha infatti tolto appeal al progetto.
Inizialmente, ad aprile dello scorso anno, il ministro delle Infrastrutture Salvini ci aveva messo la faccia. Era stato indicato a capo della cabina di regia e aveva chiesto di diventare commissario per occuparsi del dossier in prima persona, trovando però il netto stop di Giorgia Meloni.
A maggio, la presidente del Consiglio ha optato per un profilo tecnico, quello di Nicola Dall’Acqua, molto stimato dal presidente della regione Veneto, Luca Zaia, che lo ha voluto prima al ruolo di direttore generale di Arpa Veneto e poi a quello di commissario straordinario per l’emergenza Pfas. Così Salvini ha perso interesse, non ha perso più tanto tempo per un dossier affidato ad altri, a un tecnico. Si è limitato alle mansioni minime, preferendo spendersi per altre operazioni politiche, dal sapore più propagandistico, come le inaugurazioni dei cantieri da inaugurare e la presentazione di progetti magniloquenti, tipo il Ponte sullo Stretto.
E poco male se tra qualche mese, come spesso accade, si riproporrà la piaga della siccità, con quel che comporta per interi settori, a cominciare dall’agricoltura, ma con effetti a cascata per i comuni cittadini. Nei mesi scorsi, in alcune parti del Paese, migliaia di persone hanno dovuto fare i conti con il razionamento dell’acqua. Una scenario plausibile nel caso dovessero protrarsi le temperature anomale di questo fine gennaio.
Dall’Acqua sta incontrando più di qualche difficoltà a essere incisivo durante il suo mandato: dovrebbe indicare le soluzioni di medio-lungo termine, ma le buone intenzioni sono rimaste lettera morta. E allora qualo sono nel dettaglio i risultati finora ottenuti?
A oggi «sono state convocate due cabine di regia», spiegano a Domani dal ministero di Salvini. C'è stata nel frattempo la preparazione di un documento, redatto in collaborazione agli enti meteo nazionali, sul fenomeno della crisi idrica. Una mappatura, che ha richiesto quasi un anno, non proprio rivoluzionaria nei contenuti: dovrà indicare una prospettiva attendibile sugli effetti dei cambiamenti climatici.
E qui si innesta un altro problema della struttura commissariale: la scarsa comunicazione delle iniziative, che già di per sé sono poche. Fino a oggi non c’è nemmeno un portale web per consultare le informazioni sulle attività svolte e gli eventuali testi elaborati.
Risorse ancora ferme
Dal punto di vista economico il consuntivo è altrettanto magro. Il ministero di Salvini ha stanziato 100 milioni di euro sul capitolo crisi idrica. Peccato che i soldi siano fermi: la cabina di regia deve ancora decidere la distribuzione del finanziamento attraverso un decreto, che è all’esame del Dipartimento per la programmazione economica (Dipe).
Ci sarebbero altri fondi inseriti nel Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico (Pniissi) che ha una dotazione complessiva di un miliardo di euro. Ma di questa somma solo una porzione sarà destinata all’emergenza idrica.
Il tempo inizia a stringere: il mandato di Dall'Acqua è al giro di boia (è in carica oltre otto mesi), visto che è in scadenza a dicembre del 2024. Servirebbe un’accelerazione per lasciare qualche traccia. Ma all’orizzonte non si scorge granché di rilevante.
Nella prossima cabina di regia, riferiscono sempre dal Mit, sarà illustrata «l’analisi della governance della gestione della risorsa idrica per i diversi usi (idropotabile, irriguo, industriale), che ha individuato le principali criticità e le prime proposte d’azione e le valutazioni del loro impatto coerenti con gli scenari futuri». Siamo all’ipotesi delle proposte.
Eppure, il decreto Siccità, approvato ad aprile 2023, prescriveva una serie di precise operazioni per garantire degli interventi contro la crisi idrica. Ma, passata l’emergenza acuta, il governo si è limitato alla danza della pioggia.
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