Anticlericale e favorevole a eutanasia e matrimoni omosessuali, l’attuale direttore generale del Vittoriale potrebbe essere il ministro più progressista del governo Meloni. È stato “assessore al dissolvimento dell’ovvio” in un comune di Catanzaro
Condivide il nome con uno dei filosofi più rilevanti e anticlericali dell’occidente, di cui ha ereditato anche lo spirito critico nei confronti della religione. Giordano Bruno Guerri potrebbe essere il prossimo ministro della Cultura e uno di quelli meno appiattiti sull’ideologia predominante nel centrodestra del prossimo governo. Storico del periodo fascista e studioso del rapporto tra italiani e chiesa cattolica, Guerri dal 2014 è direttore generale del Vittoriale degli italiani, ruolo che potrebbe lasciare per trasferirsi nella sede di Campo Marzio.
Il rapporto con la Chiesa
La famiglia di Guerri gli impartisce un’educazione cattolica, nonostante ciò lui si professa ateo. L’interesse per le questioni di chiesa nasce quando a 32 anni pubblica Povera santa, povero assassino, la storia della santa Maria Goretti riletta con occhi più indulgenti sull’uomo che la uccise dopo aver tentato di violentarla.
L’anno dell’affermazione come studioso in questo campo però è il 1993, quando pubblica Io ti assolvo. Il libro è un resoconto di confessioni raccolte in giro per l'Italia in cui si sottolineano le differenze tra diversi confessori cattolici sugli stessi argomenti e le prassi penitenziali, alcune delle quali sono secondo l’autore discutibili.
Sia Io ti assolvo che il libro su santa Maria Goretti raccolgono numerose e aspre critiche da ambienti vaticani. Questo è uno dei motivi per cui la sua eventuale nomina a ministro sarebbe un gesto in controtendenza con quanto successo finora, in particolare la nomina di Lorenzo Fontana a presidente della Camera.
Dal Sessantotto all’assessorato
La parabola politica di Guerri comincia con la partecipazione ai moti del Sessantotto, quando era ancora un liceale. Lo storico racconta di avervi preso parte «come cane sciolto ringhiante, ma non politicizzato». Poi all’università, dove è iscritto a lettere moderne, decide di approfondire le sue conoscenze sugli stili di vita di epoca fascista, secondo lui a quel tempo ancora sottovalutati.
Prima di definirsi un liberista, è stato vicino al Partito radicale del quale condivide alcune battagli tra cui quella contro la pena di morte. Con l’antropologa Ida Magli ha fondato il movimento culturale, ItalianiLiberi, di matrice «antieuropeista e di libero pensiero», per il quale ha diretto il giornale Internet italianiliberi.it.
Nel 1997 il neosindaco di Soveria Mannelli (in provincia di Catanzaro), Mario Caligiuri, gli propose di divenire il suo assessore alla cultura, Guerri accettò ma con una riserva: volle essere chiamato “assessore al Dissolvimento dell'ovvio”.
La cultura liquida
Ma ciò che rende più distante Giordano Bruno Guerri dalla maggioranza che si sta delineando è la sua opinione di intellettuale su alcuni temi identitari. «Io da presunto, e sottolineo presunto, uomo di destra sono favorevole all’eutanasia, ai matrimoni gay, all’accoglienza. E mi vergogno a essere identificato con una schiera di bacchettoni o polverosi reazionari», ha dichiarato all’agenzia di stampa Agi.
Una distanza che si accentua quando si tocca il tema di ciò che sia la cultura di destra che Guerri definisce «liquida, come un'acqua che filtra dappertutto in modo disomogeneo e talvolta confuso. Mi sembra si debba parlare non tanto di posizioni politiche, quanto di atteggiamenti mentali verso problemi contingenti».
Da storico quale è non intende dimenticare il passato dei conservatori italiani, sul quale, da presunto uomo di destra, è pronto a fare autocritica. Ma afferma che le tre storiche correnti della destra – quella post-fascista, quella liberale e quella conservatrice – non possono conquistare le nuove generazioni.
«Perché è giusto che si conservino i beni culturali, è giusto che si protegga la tradizione della pizza e della mortadella di Reggio, ma riguardo al resto c’è l'esigenza di modernizzare e proiettare questo paese nel futuro. I giovani non hanno niente da conservare, vogliono aprirsi al mondo, innovare e progettare», dice.
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