Il senatore di Fratelli d’Italia con origini a Militello Val di Catania (è nato lì anche Pippo Baudo), ex impiegato di banca, giornalista pubblicista, ha una fissazione per i borghi rurali del Ventennio e un’altra per i cavalli
Nello Musumeci, l’ex presidente della Sicilia, è diventato ministro del sud e del mare del governo guidato da Giorgia Meloni. Eppure in passato l’abbaglio del deputato neoeletto di Fratelli d’Italia, è stato quello di scambiare la Sicilia per una provincia. Magari più grande di quella di Catania della quale è stato presidente, ma sempre una provincia.
Un errore di prospettiva che l’ha fatto diventare nel 2017 un governatore, per l’appunto, un po’ “provinciale”, non sempre in grado di gestire – e di capire – la complessità di un’isola che, come si sa, non è neanche un’isola qualunque.
Di amici negli ultimi cinque anni ne ha trovati pochi, nemici tanti. Troppo ondeggiante Sebastiano Musumeci detto Nello, troppa la distanza fra quello che gli esce dalla bocca e quello che fa. Come con la storia delle dimissioni a sorpresa (a sorpresa?) da presidente della regione.
In quasi nove minuti di video postato su Facebook non ha mai pronunciato la parola “dimissioni” ma ha annunciato che i siciliani che avrebbero votato per le regionali il 25 settembre, lo stesso giorno delle elezioni politiche.
Dire e non dire
Un capolavoro del dire e non dire. Tipico di lui. Naturalmente era pronto a succedere a sé stesso anche se quasi nessuno a destra lo voleva, alla fine è stato candidato alle elezioni nazionali.
Non si è smentito fino all’ultimo il “fascista galantuomo” con origini a Militello Val di Catania (è nato lì anche Pippo Baudo), ex impiegato di banca, giornalista pubblicista, una fissazione per i borghi rurali del Ventennio e un’altra per i cavalli, tanto da avere finanziato con eccessiva generosità una “stazione equina” a pochi chilometri dal suo paese.
A quindici anni è nella Giovane Italia, a trentanove in Alleanza nazionale e siede nel parlamento europeo. In mezzo si cuce addosso la fama del “duro e puro” e del “politico senza macchia”, propaganda noiosa visto che nel 2017 è finalmente governatore a capo della lista Diventerà bellissima con il sostegno di Totò Cuffaro e di Raffaele Lombardo, compresi tutti quegli altri ras della politica siciliana più compromessa.
Un narciso che parla bene
Narciso, particolarmente incazzoso nonostante la pacatezza mostrata in pubblico, la sua forza è sempre stata la parola. Il piccolo ritratto che ne ha fatto Francesco Storace, l’ex presidente della regione Lazio suo ex compagno di partito: «Se c’è un dispetto che si possa fare a un uomo politico è quello di farlo parlare dopo Musumeci».
Il cameo dello scrittore e politologo Marcello Veneziani: «Finalmente un galantuomo che non prende il pizzo, perché ce l’ha già sotto il mento. Ottimo amministratore, indenne da macchie infami, grande oratore assai amato e votato».
Fra un tentativo e l’altro di prendere possesso della della regione, Sebastiano Musumeci nel 2012 è il presidente della commissione Antimafia di palazzo dei Normanni.
Non si accorge di niente di ciò che accade intorno a lui. Il governatore è Rosario Crocetta ma il padrone della regione è il cavaliere Calogero Montante, il vicepresidente di Confindustria. Crocetta è solo il suo pupo.
Musumeci da presidente dell’Antimafia incontra Montante indagato per mafia. Tutto normale per il "fascista galantuomo” che, qualche tempo dopo, si presenterà alla procura di Caltanissetta per spiegare che alla regione non c’era un «sistema Montante» quanto piuttosto un «sistema Lumia», da Giuseppe Lumia, senatore del Pd con le mani in pasta un po’ dappertutto.
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