- Il card. Zuppi spiega che la Chiesa intende tornare a esprimersi in favore del bene comune dei singoli e della collettività. Chiede inoltre che l’Italia si muova, rispetto alla guerra in corso in Ucraina, in accordo con l’Europa.
- I vescovi lanciano l’allarme per il livello senza precedenti raggiunto dall’astensionismo. Come indicato dalla Costituzione, dicono, bisogna rimuovere gli ostacoli che impediscono o ostacolano la partecipazione di tutta la popolazione alla vita sociale, economica e democratica del Paese.
- Civiltà Cattolica parla dell’importanza decisiva del “centro” come antidoto all’estremismo populista nelle democrazie più mature incentrate sul bipolarismo. Un rischio che corre anche l’Italia. Vengono pure espressi dubbi sul presidenzialismo che politicizzerebbe una figura super partes e di garanzia costituzionale come quella del Capo dello Stato.
La Conferenza episcopale italiana, sotto la guida del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, sembra tornata a far sentire con maggior frequenza e puntualità la voce della chiesa in occasione degli appuntamenti politici decisivi del paese. Così, ieri, a due giorni dal voto, il presidente dei vescovi italiani è tornato a ribadire le priorità della Cei per il nuovo parlamento, già espresse a ridosso della scadenza elettorale nell’appello dal titolo “Osare la speranza”.
Aumento drammatico della povertà, accoglienza per i migranti, attenzione al calo demografico e necessità di politiche per favorire l’occupazione giovanile sono alcuni dei temi indicati dal cardinale. Non manca un esplicito riferimento all’urgenza di una nuova legge elettorale e viene lanciato un forte allarme per il livello troppo alto raggiunto dall’astensionismo; un aspetto, questo, messo in luce anche da altri osservatori cattolici.
Ancora, da sottolineare, il commento politico di carattere generale diffuso ieri dal direttore della Civiltà Cattolica, autorevole testata dei gesuiti italiani, padre Antonio Spadaro; il religioso fa il punto sui rischi che corre la democrazia con l’insorgere dei populismi, rivaluta il senso delle parole «moderati» e «centro», e mette in luce i problemi che nascerebbero dall’introduzione del presidenzialismo nel sistema istituzionale e politico italiano.
Sulla questione astensionismo c’è anche una significativa nota del Sir, l’agenzia stampa della Cei, nella quale si legge: «Su tutto c’è l’ombra dell’astensionismo più alto di sempre. È andato alle urne il 63,91 per cento degli aventi diritto. In altre parole più di un elettore su tre non ha votato». «La coalizione vincente – prosegue il testo – che pure ha il diritto di governare, perché siamo in una democrazia rappresentativa, ha ricevuto i consensi di meno di un quarto dei potenziali elettori. E di questo non si può non tenere conto. C’è da lavorare molto per ricostruire le condizioni della partecipazione».
Per questo si chiede una piena applicazione dell’art. 3 della Costituzione, nel quale si afferma l’importanza di rimuovere gli ostacoli che impediscono «l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese».
Si cominci dai più deboli
«Agli eletti – afferma invece il presidente della Cei nel suo commento al voto – chiediamo di svolgere il loro mandato come un’alta responsabilità, al servizio di tutti, a cominciare dai più deboli e meno garantiti. Come abbiamo ricordato nell’appello, l’agenda dei problemi del nostro paese è fitta: le povertà in aumento costante e preoccupante, l’inverno demografico, la protezione degli anziani, i divari tra i territori, la transizione ecologica e la crisi energetica, la difesa dei posti di lavoro, soprattutto per i giovani, l’accoglienza, la tutela, la promozione e l’integrazione dei migranti, il superamento delle lungaggini burocratiche, le riforme dell’espressione democratica dello stato e della legge elettorale».
«Senza dimenticare – prosegue Zuppi – che la guerra in corso e le sue pesanti conseguenze richiedono un impegno di tutti e in piena sintonia con l’Europa». Infine la conferma del nuovo protagonismo nella vita pubblica da parte della Cei.
«La chiesa – spiega infatti l’arcivescovo di Bologna – come già ribadito, continuerà a indicare, con severità se occorre, il bene comune e non l’interesse personale, la difesa dei diritti inviolabili della persona e della comunità. Da parte sua, nel rispetto delle dinamiche democratiche e nella distinzione dei ruoli, non farà mancare il proprio contributo per la promozione di una società più giusta e inclusiva».
Complessivamente il tono è dialogante, ma certamente più d’uno dei temi sollevati potrebbe rivelarsi delicato per il nuovo esecutivo che nascerà a breve: dalla questione migranti all’attenzione verso gli esclusi, senza contare le attese per le risposte che verranno date all’“inverno demografico”.
Populismo ed estremismi
Nella sua analisi, padre Spadaro spiega come il «centro», inteso come area politico-culturale, abbia avuto una notevole importanza nello sviluppo delle democrazie moderne più mature fondate sul bipolarismo, se si considera la sua capacità di rendere inoffensivi o quasi gli estremismi dei due schieramenti. Questo meccanismo, spiega il gesuita, è saltato con l’irruzione sulla scena politica del populismo il cui dato caratteristico «è quello di esprimere la volontà popolare in modo che si pretende totale. Per essere tale, questa volontà si rappresenta usualmente come forte e ostile a nemici esterni, come i poteri forti o gli immigrati, e così via».
Ne scaturisce uno scontro irriducibile fra opposti estremismi. «Anche l’Italia – osserva padre Spadaro – potrebbe conoscere una marginalizzazione del centro sia nel centrodestra sia nel centrosinistra, che poi vorrebbe dire una radicalizzazione della proposta politica delle due coalizioni».
«La stessa proposta – prosegue – di trasformare la nostra Repubblica in senso presidenziale, legittima e che ha trovato in tempi diversi condivisione e sostegno sia a destra sia a sinistra, se apporterebbe benefici in termini di governabilità, politicizzerebbe la figura istituzionale del presidente, eliminandone il ruolo super partes come garante della Costituzione e rappresentante dell’unità nazionale».
Il direttore della Civiltà Cattolica, dunque, pur riabilitando il centro come luogo politico decisivo della vita democratica, lo colloca però dentro l’orizzonte del bipolarismo quale elemento costitutivo delle altre culture politiche presenti, più che immaginarlo come partito o soggetto politico autonomo a sé stante.
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