All’ex sottosegretario ai trasporti vengono contestati due episodi di corruzione: uno relativo a un emendamento a favore di Paolo Arata, in affari con Vito Nicastri, uomo vicino al latitante Matteo Messina Denaro, e uno per un provvedimento normativo per far ottenere un finanziamento a Leonardo Spa. Siri: «La magistratura accerterà la mia totale innocenza»
Chiesto il rinvio a giudizio per il senatore leghista ed ex sottosegretario ai Trasporti Armando Siri e altre quattro persone tra i quali l’imprenditore ed ex parlamentare Paolo Arata. Nelle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal sostituto Mario Palazzi, a Siri vengono contestati due episodi di corruzione.
Secondo l’accusa, Siri, che oggi è ricopre il ruolo di responsabile economico della Lega, avrebbe asservito i suoi poteri a «interessi privati, proponendo e concordando con gli organi apicali dei ministeri competenti per materia (Infastrutture, Sviluppo economico e Ambiente) l’inserimento in provvedimenti normativi di competenza governativa di rango regolamentare e di iniziativa governativa di rango legislativo ovvero proponendo emendamenti contenenti disposizioni in materia di incentivi per il cosiddetto minieolico». Come riportato nel 415bis, secondo l’Accusa Siri «riceveva indebitamente la promessa e o la dazione di 30mila euro da parte di Arata, amministratore della Etnea srl e dominus della Soclara srl, amministrata dal figlio, società operative in quel settore». Sempre secondo l’accusa Arata da questi provvedimenti avrebbe ottenuto benefici economici.
Per un secondo episodio contestato, Siri, si sarebbe attivato «per ottenere un provvedimento normativo ad hoc che finanziasse anche in misura minima, il progetto di completamento dell’aeroporto di Viterbo, di interesse della Leonardo Spa, per future commesse».
Tutto parte in Sicilia
Tutto è partito dalle indagini in Sicilia: dalla ricostruzione della procura di Palermo erano emerse le attività illecite di Paolo Arata, nate dalla collaborazione tra Arata e Vito Nicastri. Dal sodalizio erano state portate avanti operazioni finanziare tracciabili e no volte a implementare gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili, giungendo alla creazione di un gruppo di fatto di imprese, tutte collegate tra loro. Tutte le società apparivano partecipate occultamente da Nicastri, destinatario negli anni passati di sequestri e condanne in inchieste giudiziarie sull'eolico e considerato fedelissimo del boss latitante Matteo Messina Denaro. Il processo che vede Arata imputato è attualmente in corso. Dalle intercettazioni era emerso il nome di Siri e la promessa di denaro per l’emendamento, circostanza che ha portato il ramo dell’indagine a Roma per competenza.
La risposta di Siri
Siri continua a dirsi estraneo ai fatti: «Sono due anni che non commento le inchieste che mi riguardano perché i processi si fanno nelle Aule di giustizia e non sui giornali o in televisione, i quali viceversa si sono già espressi con una sentenza definitiva di condanna attraverso una violentissima campagna diffamatoria fondata su ricostruzioni prive di riscontro probatorio». Appena esploso il caso Siri aveva lasciato il suo posto da sottosegretario, ma è rimasto il suo ruolo da responsabile. Matteo Salvini continua a fare conferenze stampa con lui, l’ultima lo scorso 3 novembre al Senato per parlare di medicinali e proposte per la lotta al coronavirus. Siri si dice fiducioso: «Siccome i processi non sono fondati su opinioni ma su prove, e io non sono mai stato corrotto da nessuno, ho fiducia che la magistratura accerterà la mia totale innocenza».
Vari esponenti del Movimento 5 Stelle quando erano emersi i fatti avevano confermato che l’emendamento sul minieolico era stato fortemente voluto dalla Lega. Il testo era stato presentato anche dal capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo.
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