Il ministro ha ribadito che l’Italia non diventerà indipendente dalla Russia prima del 2024, intanto dice che sono indispensabili i rigassificatori a Piombino e Ravenna. Finito anche lui nel toto nomi su un eventuale governo Meloni assicura: «Non farò più il ministro»
Nessuna misura «draconiana» per il risparmio di gas. Così il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani – che oggi ha tenuto una conferenza stampa al Mite per presentare il piano di risparmio di gas chiesto dall’Europa – ha annunciato quello che era nell’aria da settimane: per far fronte al ricatto di Vladimir Putin bruceremo più carbone e olio combustibile e ridurremo l’utilizzo dei riscaldamenti. E speriamo che Mosca non chiuda i rubinetti per almeno altri due anni. Il ministro ha ribadito infatti che l’indipendenza dal metano russo non arriverà prima del 2024.
Nel frattempo sacrificheremo ancora una volta lo spegnimento delle centrali, che prima della guerra in Ucraina era stato promesso per il 2025 (con uno step successivo per la Sardegna) e che adesso rischia di slittare ancora.
Il nuovo gas
Nonostante tutti i nuovi accordi siglati in giro per il mondo, dall’Africa all’Azerbaigian, al momento, ha riferito il ministro, nel secondo semestre del 2022 totalizzeremo nuove forniture per 7,5 miliardi a fronte dei 29 miliardi di metri cubi che abbiamo importato dalla Russia l’anno scorso. E finora, anche se i quantitativi si sono ridotti per scelta di Vladimir Putin, non abbiamo mai smesso di comprare il metano di Gazprom.
Cingolani ha fatto i conti: «Si tratta di 6 miliardi compresi i 4 miliardi da Algeria e 1,5 miliardi dal Tap per il secondo semestre 2022». In futuro, si tratterà di «8,9 miliardi di mc nel 2023 e a regime 14 miliardi». Tutte cifre che dovranno fare i conti con i rigassificatori galleggianti acquistati da Snam per 750 milioni di dollari e che devono essere ormeggiati a Piombino e Ravenna e poi collegati alla rete. La capacità del Tap infatti non potrà espandersi ulteriormente prima del 2027, dunque per sopperire sarà necessario espandere diversamente la capacità italiana di importazione.
Per far fronte all’obiettivo di risparmio fissato dalla Commissione che per l’Italia, ha tradotto Cingolani, «è del 7 per cento di 55 miliardi di metri cubi (primo agosto-31 marzo), pari a 4 miliardi di metri cubi all'anno», il ministro ha presentato una tabellina riassuntiva: per il secondo semestre è previsto che le centrali a carbone attualmente attive arrivino a bruciare per raggiungere l’equivalente di circa 2 miliardi di metri cubi all’anno. Per il secondo semestre del 2022 nello specifico 1,1 miliardi di metri cubi.
A questi si aggiungono i risparmi presunti con la riduzione delle temperature dei riscaldamenti pubblici e privati e del loro utilizzo di un’ora: un risparmio di un altro miliardo di metri cubi. Dalle rinnovabili ci aspettiamo un incremento di produzione equivalente al 0,4 miliardi di metri cubi, e infine dal biogas 0,1.
Dal punto di vista tecnico, finora il ministro non ha chiarito come si assicurerà che i riscaldamenti nelle case rispondano alle esigenze nazionali.
Gli stoccaggi e le industrie
Obiettivi europei a parte, per ottenere una reale sicurezza per l’inverno è fondamentale che continui il riempimento degli stoccaggi. Il governo a giugno ha incaricato Snam di occuparsi degli acquisti e ha deciso di investire 4 miliardi che dovrà gestire il Gse quando l’incarico passerà al gestore. Dal mese scorso così hanno ricominciato a riempirsi a ritmo sostenuto, e oggi siamo al 71 per cento dei 17 miliardi di metri cubi di capienza totali, in linea con l’obbligo europeo del 90 per cento al primo novembre.
«Se ci fosse un'interruzione a inizio inverno delle forniture russe – ha detto Cingolani – saremmo a posto fino a febbraio, poi a marzo ci sarebbe un piccolo deficit compensabile, e poi ad aprile i consumi andrebbero a calare». Se Putin dicesse stop, inoltre, non è escluso che le industrie siano costrette a cominciare a fare la loro parte e ridurre il metano consumato. Ma il ministro ha detto che non sarebbero necessarie «misure drastiche».
L’agenda Cingolani
Mentre oggi Gazprom ha ridotto i flussi di metano del Nord Stream e di riflesso ancora una volta le consegne a Eni, il ministro Cingolani per il futuro prevede che il piano di risparmio e la diversificazione facciano sì a un certo punto che comunque si smetta di usare il carbone in più.
Le rinnovabili dovrebbero offrire un risparmio previsto nel 2023 già di 2,4 miliardi di metri cubi, per poi passare a 4,9 miliardi di metri cubi nel 2024 e infine 7,3 nel 2025.
Per raggiungere l’indipendenza da Mosca invece sul rigassificatore di Piombino e quello di Ravenna comunque non si discute: è di fondamentale importanza che il primo entri in funzione entro gennaio 2023 e il secondo alla fine dello stesso anno, si legge in grassetto nel piano.
Anche se le proteste per la maxi nave da oltre 300 metri da ormeggiare direttamente nel porto della città continuano. Il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, e quello di Europa Verde, Angelo Bonelli hanno chiesto di aspettare il prossimo governo mettendo in pausa la procedura autorizzativa: «Io non mi rassegno – dice Fratoianni – dato che il mio non è un pregiudizio ma un giudizio di merito su un’installazione, peraltro assolutamente non paragonabile a quella di Ravenna, e allora insisto ancora una volta: fermatevi, sospendete l’iter in corso, si attenda il nuovo governo che uscirà dalle urne di settembre».
Il nuovo esecutivo erediterà una situazione che piano o no sarà complessa: «Se non rigassifichiamo – ha avvisato Cingolani, rivolgendosi anche al suo successore – siamo in emergenza energetica». Un allarme, ha sottolineato, legato soprattutto al destino dell'impianto di Piombino. Giorgia Meloni sta valutando diversi nomi di ministri mentre spera di vincere le elezioni e diventare la prossima presidente del Consiglio. Cingolani sarebbe nella sua rosa ma il ministro però assicura di non avere intenzione di tornare ad avere un ruolo di governo: «Non sarò ministro, per mia scelta».
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