- Lo scontro politico sta danneggiando le popolazioni colpite dalle alluvioni iniziate il 3 maggio in Emilia-Romagna. Meloni e Salvini si contendono la nomina del commissario e sono uniti solo dal veto a Bonaccini.
- Il presidente della Regione Emilia-Romagna ha fatto sentire la propria voce alla Camera: «Più passa il tempo e più aumentano i costi. Serve una governance prima possibile». E ricorda: «Dopo il sisma del 2012 il commissario fu nominato in una settimana».
- A nulla vale la moral suasion di chi fa notare che si sta creando un precedente rischioso. E un giorno potrebbe ritorcersi contro il centrodestra.
Gli alluvionati dell’Emilia-Romagna possono attendere ancora, almeno per il governo Meloni che dilata sempre più i tempi della nomina del commissario. Nella giornata di ieri il viceministro alle Infrastrutture, Galeazzo Bignami, ha parlato di questione di «ore», facendo seguito all’impegno assunto da Matteo Salvini il giorno prima: «Il commissario arriverà, l’importante è che siano arrivati i soldi». Ma si parla ancora al futuro, manca l'atto concreto. Prima ci sono da affrontare le beghe politiche, ogni tanto ne spunta una a indebolire l’avversario. Poi, con calma, si faranno i conti con i problemi di chi ha visto la propria casa o l’azienda travolta dall’acqua e dal fango. Del resto in politica ognuno ha la sue priorità.
Meloni ha scelto la strada del corpo a corpo con il Pd anche a fronte di un’emergenza dalle dimensioni enormi, che interessa centinaia di migliaia di persone e migliaia di aziende. È stata accantonata la maschera istituzionale indossata subito dopo la tragedia. Così si torna al problema di base: diventa tutto più complicato senza un commissario che possa velocizzare gli iter degli interventi, da quelli emergenziali agli altri più focalizzati sulla ricostruzione. «Se le famiglie non tornano rapidamente in casa non si torna alla normalità, fatica a ripartire il lavoro, aumentano i costi di assistenza», ha detto il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, indicando un aspetto centrale: più passa il tempo e più aumentano le spese per fornire sostegno, senza dimenticare il senso di abbandono trasmesso dalle istituzioni ai cittadini.
Soldi e politica
C’è poi una questione economica da approfondire: «Ci sarà bisogno di ulteriori e consistenti sforzi finanziari», ha osservato il capo dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio. La farraginosità dell’esecutivo sul dossier alluvione assumerebbe connotati comici, se di mezzo non ci fosse una tragedia. Le ragioni della lentezza sono tutte legate alla strategia politica, al tornaconto di una parte. Nel governo si sta consumando l’ennesimo duello tra Fratelli d’Italia e Lega, quindi tra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni e il suo vice, Matteo Salvini, perché ognuno vorrebbe un nome vicino al proprio partito. Lo stallo sul commissario ha superato il mese, ignorando la necessità di dare risposte tempestive alle popolazioni colpite e al tessuto produttive dell’Emilia-Romagna.
La premier è sicura di vincere pure questa volta la sfida con Salvini, supportata dal partito, primo fra tutti il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, che ha fatto da testa di ariete contro Bonaccini. Su un punto Meloni e Salvini vanno a braccetto: sbarrare la strada al presidente della regione Emilia-Romagna, colpevole di essere del Partito democratico. Non hanno intenzione di affidargli le risorse che arriveranno dal governo. L’interesse di bottega, in ottica delle elezioni del 2025, è più importante del rispetto istituzionale, a dispetto della preoccupazione che anima altri presidenti di Regione di centrodestra, come Giovanni Toti: «Bonaccini deve essere commissario», ha scandito già a una settimana dall’alluvione. L'invito è caduto nel vuoto: non ha prodotto alcun effetto la moral suasion di chi fa notare, nella maggioranza stessa, che si sta creando un precedente rischioso. E un giorno potrebbe ritorcersi contro il centrodestra.
La lista di Bonaccini
Bonaccini sembra essersi messo l’anima in pace sul ridimensionamento del suo compito per la ricostruzione e si è concentrato sulla descrizione dell’urgenza. Durante l’audizione sul decreto alluvione alla Camera in commissione ambiente, ha presentato i cahiers de doléances, tra danni da riparare e altre questioni da affrontare, tracciando un significativo parallelo con il 2012: dopo il terremoto «le risposte arrivarono a una settimana dal sisma dell’Emilia e lo stesso dovrebbe avvenire oggi. Anzi, sarebbe già dovuto avvenire», ha scandito. Il sotto testo è chiaro: si sta accumulando un preoccupante ritardo, perché «un’alluvione impone tempi diversi, molto più rapidi, rispetto a quella di un sisma», a cominciare dalla necessità di garantire il regolare andamento della stagione turistica sulla riviera romagnola.
La zona è stata meno colpita rispetto ad altre, ma occorrono iniziative di comunicazione per attirare i turisti e spiegare che l’alluvione non ha pregiudicato la possibilità di trascorrere le vacanze in quelle zone. Bonaccini ha rilanciato l’appello a velocizzare la procedura di nomina di un commissario, insieme a tutto il resto: «Riteniamo che occorra individuare immediatamente norme, governance e risorse che presidino a questo percorso di emergenza e ripartenza, nel momento in cui il Parlamento si accinge a convertire in legge il presente decreto». Il presidente della Regione ha poi rivendicato il sostegno delle realtà emiliano-romagnole: alla Camera ha depositato un centinaio di emendamenti predisposti con associazioni e organizzazioni territoriali. La maggioranza non può ignorarli, perché farebbe torto agli alluvionati, non al Pd e a chi lo rappresenta.
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