- La data delle prossime amministrative non è ancora stata decisa, sarà una domenica fra fine maggio e il 5 giugno, pandemia permettendo. Ma già impensieriscono il Pd.
- La tornata preoccupa i democratici. Dopo l’elezione del Quirinale, il partito vive uno stato di grazia, anche nei sondaggi, ma per le sfida comunali di fatto potrà contare sulle proprie forze, sugli alleati di sinistra e sulle liste civiche.
- Nella scorsa tornata sulle vittorie di Napoli e Bologna, insieme ai Cinque stelle, il Pd aveva provato a costruire la narrazione della futura alleanza giallorossa.
La prossima tornata delle amministrative inizia il 6 marzo a Rieti. Nell’«ombelico d’Italia» – secondo i latini il centro del paese cade esattamente a piazza San Rufo – si svolgeranno le prime primarie del centrosinistra.
Simone Petrangeli, giovane avvocato ed ex sindaco della città che allo scorso giro aveva perso per soli 90 voti, è appoggiato da Sinistra italiana ma anche da un fronte civico composto da Rieti Città futura, Alleanza Per Rieti, Controvento; Azione domani presenta la sua candidatura.
Petrangeli, alle scorse regionali, è stato il reatino più votato. Sfida difficile per l’ex sindacalista Claudio Di Berardino, assessore regionale al lavoro, appoggiato dal Pd e da Art.1, Rieti in comune, Patria e Costituzione e Città aperta. Berardino assicura «che i Cinque stelle hanno chiesto, con gli altri, la mia candidatura. Ma non partecipano alle primarie».
Traduzione complicata: vorrebbero un candidato comune, ma sono allergici ai gazebo del centrosinistra dunque stanno a guardare. Secondo Petrangeli «più avanti sceglieranno se partecipare alla corsa con un loro nome, o sostenere il vincitore delle primarie». Comunque parteciperanno al tentativo di espugnare la città, tornata alla destra nel 2018.
I pensieri del Pd
La data delle prossime amministrative non è ancora stata decisa, sarà una domenica fra fine maggio e il 5 giugno, pandemia permettendo. Ma già impensieriscono il Pd. Al voto andranno ventitré capoluoghi di provincia (Alessandria, Asti, Belluno, Como, Cuneo, Frosinone, Gorizia, La Spezia, Lodi, Lucca, Monza, Oristano, Padova, Parma, Piacenza, Pistoia, Rieti, Taranto Verona), di cui quattro anche di regione (Genova, L’Aquila, Palermo e Catanzaro). Poi ci sono 116 città sopra i 15mila abitanti. Dei capoluoghi, solo sei sono governati dal centrosinistra. Per lo schieramento, tutto quello che arriva in più è tanto di guadagnato.
Ma la tornata preoccupa i democratici. Il partito vive uno stato di grazia, anche nei sondaggi, ma per la sfida comunale di fatto potrà contare sulle proprie forze, sugli alleati di sinistra e sulle liste civiche. Il «campo largo» che il segretario Enrico Letta cerca di estendere ai grillini, che tradizionalmente sono deboli sulle competizioni locali, non è stato facile da unire già alle scorse amministrative, se non a Napoli e a Bologna.
Su queste due vittorie il Pd aveva provato a costruire la narrazione della futura alleanza giallorossa, nonostante le tante sbavature, prima fra tutte l’atteggiamento tenacemente ostile di Virginia Raggi verso il futuro sindaco di Roma Roberto Gualtieri. E all’epoca c’era Giuseppe Conte saldamente alla plancia di comando del movimento, costruttore di ponti, ancorché tentennante e zigzgante, come si era visto anche quando a dicembre aveva accettato poi rifiutato la candidatura alle suppletive del collegio 1 di Roma.
Stavolta, se la crisi giuridico-politica del movimento non rientrerà, il Pd con chi dovrà trattare? Dal Nazareno viene ostentata una qualche tranquillità. «La parola chiave in questa fase è stabilità», spiegano fonti del Nazareno. «La crisi dei Cinque stelle in questo momento si somma a uno stato di frammentazione che è esploso nella vicenda del Colle e che si è perfino acuito dopo, con leader, partiti e coalizioni alle prese con incertezza e fibrillazioni».
Quindi, silenzio e non ingerenza nelle vicende interne al Movimento, ma al contempo guardia alta nel sostegno al governo. Il Pd in una condizione di sostanziale compattezza, con buoni sondaggi. «Tuttavia» è l’amara constatazione, «questo non basta se tutto intorno ci sono incertezza e confusione».
Intanto su territori si lavora. A Palermo l’alleanza con i Cinque stelle è avviata, ma non è un pranzo di gala. Il dialogo di oggi potrebbe aprire la strada anche a quello di domani: il rinnovo della regione Sicilia ad ottobre. Per quell’appuntamento il Pd sente la possibilità di farcela e cerca un candidato forte.
Negli scorsi mesi era circolato il nome del vicesegretario Peppe Provenzano, ex ministro del governo Conte e, nella geografia interna, “amico” del M5s. I primi di gennaio l’eurodeputato Dino Giarrusso si è autolanciato nella corsa, beccandosi la immediata smentita del M5s ufficiale: «Un’iniziativa assolutamente personale non concordata con i vertici del Movimento».
Intanto per le comunali il dialogo c’è, ma è una corsa a ostacoli: ieri Giampiero Trizzino, deputato dell’assemblea regionale siciliana, ha avvisato il Pd di non spalancare troppo le maglie del «campo largo a forze diverse: è un errore». Pd e M5s si annusano anche a Taranto, città martoriata dalla crisi dell’ex Ilva, da alcuni mesi diventata Acciaierie d’Italia. Ma nelle altre realtà la convergenza è ancora indietro. Si procede tentoni. I dirigenti locali aspettano il riassetto dei vertici nazionali. E chi ha già impostato il dialogo, rallenta, sperando di non doversi rimangiare tutto.
Gli ambasciatori
Accade per esempio nella regione Lazio, dove da tempo il presidente Nicola Zingaretti ha allargato la giunta a due assessore Cinque stelle, Roberta Lombardi e Valentina Corrado.
Quest’ultima il 10 gennaio ha partecipato a un incontro promettente, intitolato “Insieme per il Lazio 2030” e organizzato da Daniele Leodori, vicepresidente della giunta e probabile candidato del post-Zingaretti (le elezioni saranno a marzo 2023, in corsa forse anche l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato). Lì l’assessora ha detto che «il laboratorio Lazio funziona» e che il percorso «andrà avanti».
C’è la benedizione di Conte. Ma fra un anno sarà ancora Conte a officiare il rito? Del resto nella Capitale, i rapporti fra il Pd e il movimento non si sono rasserenati: i Cinque stelle del Campidiglio restano puntualmente all’opposizione del sindaco Pd Roberto Gualtieri, che pure alla sua predecessora Virginia Raggi ha offerto la presidenza della commissione speciale per l’Expo. Ma per le regioni c’è tempo.
Entro poche settimane invece dovranno essere aperti i dossier delle comunali. E individuati, a livello locale e anche nazionale, gli interlocutori giusti. Ma quali saranno? Il Pd di Letta può contare su almeno tre ambasciatori molto «dialoganti»: Matteo Ricci, sindaco di Pesaro che ha aperto ai Cinque stelle la sua giunta; Michele Emiliano, presidente della Puglia che ha fatto altrettanto; ultimo ma non ultimo, naturalmente, Zingaretti, l’ex segretario che è stato il primo a riconoscere il ruolo di Conte nel centrosinistra, quando era premier del governo giallorosso. Sempreché il ruolo venga confermato, innanzitutto nel movimento.
© Riproduzione riservata