Perché aprire una società a Londra e intestarla a Claudio Durigon, il potente sottosegretario al ministero del Lavoro? A questa domanda non c’è ancora una risposta, ma nell’intrigo estivo che porta fino a un palazzo anonimo londinese si aggiungono sempre nuovi colpi di scena, l’ultimo riguarda una società con lo stesso nome e con l’intestataria che è la madre di un’affarista vicina alla Lega di cui ci siamo occupati nella seconda puntata della nostra inchiesta. L’imprenditrice ha negato ogni coinvolgimento, ma ripartiamo dall’inizio di questa storia.

Il senatore leghista ci ha fatto sapere, a inizio giugno, che di quella società nulla sapeva e di non averne né in Italia e né all’estero. Non solo, dopo aver letto i documenti che gli abbiamo inviato ha parlato di «attacco alla democrazia».

La società che a Londra risulta intestata a Claudio Durigon si chiama Service & Consulting Center Limited, è stata creata nell’ottobre 2023 e risulta ancora attiva. La sede è in un palazzo londinese, dove sorgono anche altre decine di aziende, visto che da quelle parti per aprire una società ci vuole davvero poco.

L’indirizzo è Hatton Garden al civico 66. Un indirizzo che è negli atti di un procedimento penale a Napoli, dove è indagato un presunto sodalizio che si occupava, tra l’altro, di schermare beni e proprietà. Nel procedimento napoletano sono indagate per intestazione fittizia di beni tre donne, proprio in quegli atti si trova una società aperta al civico 63-66, stesso palazzo dove è spuntata la società di Durigon.

Chi sono le tre donne? Maria Saveria Modaffari, la sorella Giada, e la madre Anna Maria Mangiola. La prima si definisce un’imprenditrice, lo scorso maggio ha partecipato a un convegno proprio con Durigon che, in collegamento, ha mandato i suoi saluti. Sui social appare in foto con esponenti delle destre, promuove incontri politici e, in un articolo sul suo blog, parla di una sua possibile candidatura alle europee poi sfumata, mentre alle ultime comunali a Roma è stata candidata non eletta con Forza Italia. Le tre sono anche coinvolte in un processo a Reggio Calabria.

L’omonimia

L’indagine reggina contesta la creazione di un finto centro di formazione internazionale, falsamente riconosciuto e convenzionato con università italiane e straniere, che avrebbe mietuto decine e decine di vittime.

Anna Maria Mangiola, e la figlia Maria Modaffari, detta Mary, sono ritenute dall’accusa promotrici del sodalizio. Mangiola, ha scoperto Domani, ha avuto una società a Londra, attiva fino al maggio del 2023, che aveva lo stesso nome di quella poi aperta nell’ottobre successivo, e intestata a Durigon.

La società di Mangiola si chiamava Service & Consulting Center Ltd, quella del sottosegretario ignaro, invece, Service & Consulting center limited. Indirizzo della società di mamma Modaffari era Great Portland street first, al numero 85. Un indirizzo associato a una società della galassia della presunta associazione a delinquere scoperta dai magistrati napoletani, associazione in rapporti anche con le tre Modaffari. Ma cosa replica l’imprenditrice?

La replica

Partiamo dall’ultima singolare coincidenza. «Mia madre è una libera professionista e si occupa di progetti in campo agricolo. Ha lavorato anche all'estero per delle consulenze con alcune aziende. Quella denominazione ce l'hanno parecchie aziende in Inghilterra, sicuramente chi l'avrà aperta al sottosegretario non ha granché di inventiva», dice Maria Saveria Modaffari. L’affarista poi racconta di aver conosciuto il sottosegretario Durigon solo nel maggio 2024 e «quindi non ci sono nessi di casualità».

Più avanti nella risposta spiega che l’operazione potrebbe essere «una mossa di soggetti politicamente opposti che pensavano di aver fatto "bingo" mettendo di mezzo la sottoscritta».

Modaffari continua dicendo che lei è estranea a ogni addebito da un punto di vista giudiziario e che chiarirà ogni contestazione nei procedimenti penali pendenti, sulla società dice: «Tutte queste “coincidenze” sono frutto di una macchinazione politica chiara nei confronti del sottosegretario». Poi parla del professionista con il quale avrebbe interloquito insieme ad altri, professionista che avrebbe fatto una consulenza poi pagata proprio dalla società intestata a Durigon. Nella prima email di risposta nega perché nel 2023 non era in condizioni fisiche per interloquire, nella seconda dice «il mio pensiero mi porta a pensare che questo “professionista” possa aver costituito tale società, messo in mezzo la sottoscritta non sapendo che ero disabile e non avrei potuto fare nulla e nemmeno membri della mia famiglia». L’indagine è affidata alla guardia di Finanza dopo la denuncia di Durigon, intanto noi continuiamo a raccontare il mistero londinese. (Ha collaborato Simone Olivelli)

© Riproduzione riservata