Un intreccio di aziende e di interessi si sono scontrati al Polo strategico nazionale (Psn). Le carte bollate sono arrivate fino al Consiglio di stato. Nel mezzo il ruolo di un sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il meloniano Alessio Butti, che ora punta a chiudere la vicenda prima possibile. Tanto che sarebbe intenzionato a chiedere ad alcune società, tra cui controllate dello stato come Leonardo e Cassa depositi e prestiti, uno sforzo economico aggiuntivo. E giungere così a un accordo intorno ai 20 milioni di euro a favore di un’azienda privata, Fastweb.

Una cifra superiore ai poco più di 15 milioni di euro indicati da un’autorità indipendente. Una soluzione più onerosa per le società statali. Lo scopo? Ufficialmente non c’è una versione. Ma indiscrezioni di palazzo Chigi raccontano della volontà di archiviare una vicenda che Butti ha ereditato dai precedenti governi con una soluzione a lui sgradita e già contestata dai banchi dell’opposizione nella scorsa legislatura.

Resta grande, insomma, il caos intorno al Polo strategico nazionale, nato nell’ambito dell’attuazione del Pnrr per garantire alla Pubblica amministrazione un’infrastruttura sicura per il cloud con lo scopo di provvedere alla protezione degli asset strategici. Una blindatura dei dati sensibili riconducibili alla Pa per provare a portare l’Italia a un livello maggiore di sicurezza. Con esiti finora positivi vista la migrazione avviata.

La storia del Psn

Al netto degli obiettivi futuri, occorre fare un passo indietro per avere un quadro chiaro. La storia è iniziata con l’affidamento del Psn a un raggruppamento temporaneo di imprese, formato da Tim (45 per cento), Leonardo (25 per cento), Cassa depositi e prestiti (20 per cento attraverso Cdp Equity) e Sogei (10 per cento).

L’iter non è stato dei più semplici. L’assegnazione è avvenuta dopo che la società pubblica Difesa servizi, presieduta dall’ex parlamentare Gioacchino Alfano, ha avviato la procedura in qualità di centrale di committenza del dipartimento per la transizione digitale di palazzo Chigi. Al bando hanno partecipato, con un’offerta, Fastweb e Aruba. Il Polo è stato però affidato al raggruppamento guidato da Tim, che ha pareggiato l’offerta dei concorrenti avvalendosi del diritto di prelazione. La vicenda è stata portata al Tar prima, e poi al Consiglio di stato, da Fastweb e Aruba, che hanno chiesto di poter subentrare e togliere di fatto la concessione all’altro raggruppamento.

La giustizia amministrativa ha accolto il ricorso, sancendo l’illegittimità della gara, a causa dell’uso improprio del right to match, la prelazione esercitata. Tuttavia, è stata negata la possibilità di rilevare la gestione del Polo nazionale strategico, indicando un risarcimento come strumento idoneo alla risoluzione del contenzioso. E ha perciò, contestualmente, affidato all’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) l’indicazione della cifra più adeguata. La somma è di 15,6 milioni di euro.

Fastweb sostiene di dover ricevere un risarcimento di più alto, intorno ai 50 milioni di euro, a cui dovrebbe sommarsi un indennizzo per le spese di progettazione sostenuta. La società, a Domani, non ha voluto commentare la vicenda e le cifre. Di sicuro è in corso una trattativa per tentare di chiudere lo scontro.

A questo punto è entrato in gioco il sottosegretario alla Transizione digitale Butti, uomo di fiducia della premier Giorgia Meloni, e del suo capo dipartimento, Angelo Borrelli, già numero uno della Protezione civile durante il periodo più difficile della pandemia di Covid. Proprio Butti, in asse con Borrelli, ha dialogato con Fastweb. E il dipartimento di palazzo Chigi si sarebbe speso per una soluzione con una transazione di circa 20 milioni di euro. Un’iniziativa presa – si lamenta qualche manager del gruppo capitanato da Cdp, Tim e Leonardo – senza aver avvisato la controparte. Durante le varie interlocuzioni, il raggruppamento che gestisce il Polo strategico nazionale sarebbe venuto a conoscenza con stupore del passo in avanti compiuto da palazzo Chigi, senza un adeguato confronto. E nonostante l’ipotesi di un esborso maggiore che lo riguardava da vicino. Sul punto il sottosegretario, interpellato da Domani, replica con un secco «no comment».

Intanto è stata valutata un’altra opzione: quella dell’inclusione di Fastweb, ed eventualmente di Aruba, nel progetto. Sogei ha messo a disposizione la propria quota, trovando un interesse proprio da parte di Fastweb per un subentro al 35 per cento. Ma la matassa si è ingarbugliata con un’altra incognita: l’ingresso di un socio esterno, peraltro concorrente di Tim sul mercato, sarebbe un problema per la tenuta stessa della società. Con il rischio di paralisi per il Psn e l’effetto a cascata sull’attuazione Pnrr. Anche se l’opzione migliore, attualmente al vaglio, è l’incremento delle quote di una delle partecipate statali, una tra Leonardo e Cdp. Ma resta da valutare l’orientamento di Butti.

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