Tra qualche gaffe e foto compromettenti, i giovani di Fratelli d’Italia diventano grandi all’ombra di Meloni. Filini, erede di Fazzolari all’ufficio studi di FdI, ha abbandonato le tesi anti-banche con la destra al governo
Cambiano i tempi, i volti e gli slogan. Non i simboli e le parole d’ordine. Così Fratelli d’Italia alleva generazioni di nuovi sovranisti nel solco della tradizione del Movimento sociale italiano. La definizione prediletta, in realtà, sarebbe quella di «conservatori».
Un tentativo per scrollarsi di dosso la cenere provocata da quella fiamma che arde tuttora nel simbolo del partito. Con le difficoltà di sempre, anche sulla professione di antifascismo che farà vivere come un supplizio la settimana che inizia domani, quella del 25 aprile.
Eppure sul conto degli astri nascenti della destra ci sono già piccole o grandi macchie, tra foto con ex terroristi, consulenze ottenute in virtù dei ruoli ricoperti e tesi semi-negazioniste del Covid.
Garbatella capitale
Marco Perissa è uno dei nomi più in ascesa di Fratelli d’Italia. L’elezione a segretario provinciale a Roma, a 41 anni, è un ponte verso il futuro, più di quello salviniano sullo Stretto di Messina. La capitale resta il simbolo del potere di un partito romanocentrico per definizione. Il golden boy Perissa, volto pacioso e sorriso affabile, vanta con Giorgia Meloni un’amicizia di lunga data.
Come la premier è di casa nel quartiere della Garbatella: lì si è formato politicamente nella sezione del partito, durante le varie evoluzioni, resistendo in un territorio rosso e solidamente antifascista. Ma non è solo questione di quartieri, Perissa condivide un’altra esperienza con Meloni: è stato presidente di Gioventù nazionale, l’organizzazione giovanile della destra. È uno dei “prodotti” della filiera della leadership.
In molti lo vedono come il «nuovo Lollobrigida». L’attuale ministro dell’Agricoltura ha fatto una lunga trafila sul territorio dalla provincia di Roma alla regione, dove è stato capogruppo in Consiglio e poi assessore, costruendo una rete di relazioni. Perissa parte dalla casella di segretario provinciale. E, come i suoi coetanei, ha avuto la vita più facile: l’elezione alla Camera è arrivata già da under 40, in un partito non più relegato a una nicchia dell’opposizione ma che è la prima forza del paese.
A tutto sport
La rampa di lancio di Perissa è la sua antica passione: lo sport. Per Fratelli d’Italia è l’uomo-macchina del settore, tanto che nei conversari degli addetti ai lavori rimbalzava una domanda: «Non è che Perissa voglia fare il ministro dello Sport al posto di Andrea Abodi?». Ma “radio Chigi”, in via informale, ha stroncato la voce senza farle prendere corpo: Abodi è saldo nel suo ruolo, grazie a un feeling politico di vecchia data con la premier. In un futuribile rimpasto potrebbe dormire sonni tranquilli. Non c’è nulla che abbia intaccato il sodalizio, nonostante vari tentativi di disseminare mine politiche.
Intanto Perissa continua a macinare tessere per l’Opes, l’ente di promozione sportiva che ha guidato fino all’elezione a Montecitorio e che è la cinghia di trasmissione di Fratelli d’Italia con il mondo dello sport. Ufficialmente non è più presidente dell’Opes, ma ha passato il timone a Juri Morico, da sempre suo stretto collaboratore che segue la medesima rotta, forte del salto di qualità del suo ex capo.
Proprio l’Opes ha causato il primo scivolone pubblico di Perissa. La procura del Coni, nel 2020, ha acceso un faro sulle gestione delle risorse: l’ente riceveva dei fondi per un progetto solidale, li affidava alla divisione calcio a 5, che a sua volta dava consulenze ai vertici dell’Opes tra cui Perissa.
«Non vedo cosa ci sia di male nell’offrire le mie competenze, visto che non c’è gara, e visto che ho proposto i miei servizi a prezzi concorrenziali o almeno ampiamente coerenti», è stata all’epoca la risposta data a Repubblica, aggirando l’ostacolo. La vicenda si è chiusa senza strascichi.
E il carattere? Sul punto si torna allo stile-Lollo. L’impostazione del deputato è «gentile nei modi, sempre disponibile all’ascolto», dice chi lo conosce. Solo che «deve trovare il quid di fronte alle platee e alle telecamere», è il giudizio che grava sul suo conto. Questi conservatori d’oggi sembrano quasi troppo moderati.
Il neo Fazzolari
A Montecitorio si aggira anche il “nuovo Fazzolari”, al secolo Francesco Filini, 46 anni, che di moderato, invece, ha poco o niente. Basta rileggere le posizioni espresse sul Covid, tra seminegazionismo e no mask, o i ragionamenti sulle banche. Un male per la società, secondo il Filini pensiero. Il deputato è fan delle tesi del giurista Giacinto Auriti, considerato il punto di riferimento per i complottisti del signoraggio per la sua teoria sulla moneta. La scalata al potere ha mitigato le spigolosità, portando il parlamentare a mettere da parte le battaglie più controverse.
Dal potente sottosegretario alla presidenza Giovanbattista Fazzolari, suo mentore politico, Filini ha ereditato il ruolo di responsabile del programma del partito e quindi la guida dell’ufficio studi di Fratelli d’Italia, uno dei fiori all’occhiello del partito di Meloni. «Siamo gli unici ad averne uno», gongolano i dirigenti più in vista. Con la macchina delle ricerche sotto controllo, Filini sforna di tanto in tanto dossier sui temi più disparati, dalla guerra in Ucraina alla tensione nelle università, distillando con sapienza i contenuti ai giornali. Selezionati in base alla convenienza.
Il deputato, come Fazzolari, non è attratto dalle luci della ribalta. E ancora come il sottosegretario ama la provocazione iperbolica pur di colpire gli avversari: è stata di Filini la proposta, rimasta poi lettera morta, di una commissione d’inchiesta sul Superbonus.
E se Fazzolari ha un erede designato, Chiara La Porta, di Prato, attuale vicepresidente di Gioventù nazionale, è la gemella diversa di Giovanni Donzelli, braccio organizzativo di Fratelli d’Italia. Fin dai tempi dell’università hanno vissuto la militanza a destra nella rossa Toscana. Mentre Donzelli si faceva strada, approdando in parlamento, La Porta ha seguito il percorso di militanza-lavoro, con trascorsi da collaboratrice sia a Montecitorio sia nel Consiglio regionale della Toscana. Alla prima occasione, a 30 anni, ha fatto il grande salto alla Camera, con un Cicerone d’eccezione come Donzelli che sta forgiando una classe dirigente meloniana nel suo territorio.
Sovranisti crescono
Tra i giovani sovranisti in ascesa ci sono anche altri nomi. Meno noti ma molto quotati. Come Fabio Roscani, leader di Gioventù nazionale. Si tratta di un altro debuttante di rilievo vista la leadership nella giovanile di FdI. In Transatlantico oggi mostra una maggiore disinvoltura rispetto ai primi tempi, che lo vedevano un po’ spaesato nel tran tran di Montecitorio. «Ma da qui a diventare un leader ce ne passa», è la sintesi di chi lo ha visto muovere i primi passi. C’è il difetto della riverenza eccessiva verso i vertici.
Chi ha i galloni della studiosa, pronta a parlare di imprese e fisco, è Letizia Giorgianni, che ha costruito il percorso politico con l’Associazione vittime del “salvabanche” (misura varata dal governo Renzi).
La sua professione di anti renziana ha conquistato Meloni, che l’ha voluta in FdI e l’hamessa sotto la sua ala protettiva. Non a caso è arrivata a lavorare per l’ufficio studi sui temi delle banche e più in generale della finanza. Sembra una barricadera alla Santanchè prima maniera.
Ma tra tanti nomi chi può essere l’erede di Meloni? Fare pronostici è complicato. L’attuale leader è ancora giovane, nessuno osa metterla in discussione e immaginare una successione sembra pura utopia. Eppure, all’orizzonte, l’erede in filigrana sembra avere le sembianze di Chiara Colosimo. Come la premier (e Perissa), può contare sul “fattore Garbatella”. In quella sezione è cresciuta a pane, fiamma e venerazione per «Giorgia». Inoltre, racconta chi le è vicino esaltando le sue gesta, condivide con la premier il «piglio battagliero». In regione Lazio è stata una spina nel fianco della giunta Zingaretti.
Per ora Colosimo ha ottenuto una postazione che offre un mix di visibilità e potere: la presidenza della commissione Antimafia. Nonostante la foto con l’ex terrorista nero Luigi Ciavardini. Uno scatto legato a una visita per progetti di un’associazione, è stata la versione di Colosimo, che incurante delle polemiche ha portato a casa l’incarico. Facendola diventare sempre più testa d’ariete politica. Insomma, potrebbe non diventare mai «la nuova Giorgia», perché Meloni vuole restare a lungo alla tolda di comando. Ma nel frattempo Colosimo sta facendo aumentare la sua dote politica.
Anche se ultimamente c’è un altro profilo che si sta affacciando sugli schermi. È quello di Grazia Di Maggio, ancora under 30, che risponde all’identikit tracciato da Fazzolari per individuare i profili più adatti da mandare in tv. Giovane e battagliera. Un pedigree perfetto per far ardere la fiamma.
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