Da Cota a Fidanza, alle europee il centrodestra presenta vecchie conoscenze dei tribunali. Il meloniano Fiocchi lancia la candidatura con un manifesto in cui imbraccia un fucile
Dalla Sicilia al Veneto c’è di tutto e di più. Da Fratelli d’Italia alla Lega, passando per Forza Italia si trovano campioni di omofobia, “pistoleri”, novax e l’immancabile galleria di condannati, indagati e imputati. Alle elezioni europee, insomma, le destre hanno fatto incetta di “impresentabili”. Del resto, i principali partiti ci sono andati giù duro: Roberto Vannacci è la grande novità della Lega. Matteo Salvini lo ha candidato nonostante due diverse indagini: una per incitamento all’odio razziale e un’altra per peculato e truffa dopo l’ispezione ministeriale sul suo comportamento.
In risposta Fratelli d’Italia ha schierato l’ex sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, indagato per riciclaggio nell’ambito della compravendita del quadro di Rutilio Manetti, sparito dal castello di Buriasco. Dietro i frontman, altri si fanno notare. È il caso di Pietro Fiocchi, europarlamentare di FdI ripresentato in lista. Sui manifesti elettorali si è fatto immortalare mentre punta un fucile per promuovere un evento elettorale. Dalla stessa lobby, quella degli appassionati di armi, è amico Francesco Bruzzone, candidato della Lega nel Nord-ovest: è il primo firmatario della legge che vuole dare più libertà ai cacciatori. Nel suo cammino, c’è anche un’inchiesta sulle spese pazze in regione Liguria. Nel 2023 ha tirato un sospiro di sollievo grazie al proscioglimento per prescrizione.
Condannati al voto
Bruzzone è in buona compagnia. Il big di Fratelli d’Italia e attuale eurodeputato, Carlo Fidanza, ha patteggiato a un anno e 4 mesi in un’inchiesta che lo vedeva indagato per corruzione. Il meloniano, tuttavia, si difende spiegando che l’accordo con i pm non è un’ammissione delle responsabilità.
L’ex governatore del Piemonte, Roberto Cota, in lista con Forza Italia, è stato condannato a febbraio 2023 in via definitiva a un anno e 7 mesi nell’ambito del processo Rimborsoli in regione Piemonte: ha ricevuto rimborsi in maniera non legittima. L’ex parlamentare di Forza Italia e del Pdl, Luigi Grillo, ha invece patteggiato a 2 anni e 8 mesi per un procedimento su una serie di appalti.
L’accusa era di corruzione, ora torna in pista con i forzisti. Anche l’ex leader sindacale Renata Polverini tenta il rientro nelle istituzioni con FI. Nel 2022 ha subito la condanna a un anno e 9 mesi (pena sospesa) per appropriazione indebita: avrebbe usato la carta dell’Ugl per spese improprie. Ha presentato richiesta di appello, sostenendo la propria innocenza. L’assessore all’Economia della Regione Sicilia, Marco Falcone, scelto da Forza Italia nella Isole, è stato invece rinviato a giudizio per lo scandalo Interporti. Il reato contestato è induzione indebita a dare o promettere utilità. I fatti risalgono quando era assessore alle Infrastrutture.
Sempre in Sicilia, poi, Fratelli d’Italia ha messo in lista il fedelissimo del ministro Nello Musumeci, Ruggero Razza, assolto per il procedimento sulla falsificazione dei dati sul Covid, ma per cui la procura ha chiesto il rinvio a giudizio in un’inchiesta su presunti incarichi assegnati in maniera pilotata. Nel Nord-Est, sempre nel partito di Meloni, è candidato Daniele Polati, coinvolto nel processo sulle firme false per la presentazione di Forza Nuova, raccolte nel 2015. In Appello è stato condannato a un anno, poi la Cassazione ha disposto l’annullamento del procedimento e l’avvio di un nuovo processo.
Non è da meno la Lega, che attacca la candidatura dell’imputata Ilaria Salis con Avs, ma candida profili che conoscono le aule di tribunale. Tra questi c’è Filippo Mancuso, presidente del consiglio regionale in Calabria, già rinviato a giudizio nell’ambito del processo “Gettonopoli”. L’accusa è di truffa: avrebbe preso irregolarmente i gettoni di presenze delle commissioni consiliari quando era consigliere comunale a Catanzaro. Oscar Lancini, eurodeputato uscente ricandidato (Nord-ovest), ha invece beneficiato della prescrizione nel processo su alcuni appalti nell’area feste di Adro (Brescia). Era accusato del reato di turbativa d’asta ed era stato condannato a tre anni. In appello la sentenza era stata annullata per un errore: la lettura del pronunciamento non era stata anticipata in camera di consiglio. I tempi si sono allungati fino alla prescrizione.
Roberto Marti, voluto da Salvini al Sud, è stato al centro di un altro caso: l’inchiesta su presunte irregolarità nell’assegnazione di un immobile, confiscato alla criminalità organizzata, si è conclusa con l’archiviazione. I magistrati inquirenti si erano “arresi” già dopo il “no” del Senato all’uso delle intercettazioni. Sotto inchiesta proprio da poche settimane risulta Davide Bordoni, uomo-forte di Salvini nel Lazio: secondo la Procura, il leghista non ha saldato il pagamento di un evento elettorale a un locale di Ostia, promettendo aiuti in cambio. Il diretto interessato garantisce che chiarirà tutto.
Gaffe e no-Covid
Altra campionessa di gaffe in lista con il partito di Meloni, è invece l’assessora alla regione Veneto, Elena Donazzan, autrice di prodezze tipo «l’antifascismo ha prodotto terrorismo» e la riproposizione di “Faccetta nera” in radio. Per non farsi mancare niente, Meloni ha voluto secondo in lista, nella circoscrizione nord-orientale, Sergio Berlato: l’eurodeputato uscente ha battezzato la propria campagna elettorale con un incontro tra negazionisti del Covid e novax.E ancora: nella Lega c’è in lista il senatore Nino Germanà, protagonista di un post sessista contro la parlamentare del Movimento, Barbara Floridia. «Ce lo fate vedere! Tiratelo fuori!», si leggeva sui profili social che ritraevano una foto dell’esponente M5s. Dopo la bufera di polemiche, la retromarcia di Germanà: «Colpa di un collaboratore». Un classico. Come le liste degli impresentabili.
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