Nell’era della larga maggioranza anche i giornali sono quasi tutti impegnati a cantare le lodi del governo. Domani è tra i pochi che cercano di mantenere una posizione equilibrata. Per colpa di un “sorteggio” sfortunato, la nostra giornalista avrà la possibilità (forse) di fare la sua domanda alla conferenza stampa di fine anno solo dopo 46 colleghi. Visto che è improbabile ci riesca, ecco le cose che avremmo voluto chiedere al premier
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Gian Mattia D'Alberto / LaPresse 05-11-2015 Milano cronaca Inaugurazione Anno Accademico Università Cattolica nella foto: Mario Draghi Gian Mattia D'Alberto/LaPresse 05-11-2015 Milan Cattolica University in the picture: Mario Draghi
Tra i tanti effetti dell’arrivo di Mario Draghi al governo, sostenuto da una maggioranza larga, c’è che ogni forma di critica è scomparsa, in parlamento e fuori. Questo clima di concordia nazionale sembra rendere sgradito anche il giusto distacco che ogni giornale dovrebbe mantenere dal potere. Almeno finché la stampa vuole essere un contro-potere, invece che un’appendice del potere.
Il presidente del Consiglio ha scelto di non concedere interviste, forse sapendo che tanto di domande vere ne avrebbe ricevute ben poche, e di interagire con i giornalisti nelle conferenze stampa istituzionali. Quella di fine anno è una delle più importanti, perché il numero di domande possibili è molto alto, almeno 20-30 giornalisti riescono a sollevare una o più questioni, e il premier di solito risponde.
C’è un piccolo dettaglio: è anche l’unica conferenza stampa la cui gestione è affidata ai giornalisti stessi, nello specifico all’Ordine dei giornalisti in collaborazione con l’Associazione stampa parlamentare. L’ordine delle domande viene stabilito sulla base di un “sorteggio” che si svolge con modalità a noi ignote.
Domani è stato sorteggiato alla posizione numero 47, ben dopo testate assai più sconosciute, neppure tutte italiane. La nostra Daniela Preziosi sarà comunque presente in sala stampa, ma difficilmente riuscirà ad avere la sua occasione, perché la resistenza fisica dei presenti è limitata.
Visto che non potremo farle in conferenza stampa, ecco qua alcune domande che ci sarebbe piaciuto sottoporre al presidente Draghi ma che per colpa di un “sorteggio” sfortunato non avranno risposta.
- Gentile presidente, lei ha ottenuto un mandato legato al Covid e all’impostazione del Pnrr, quasi un anno dopo può dire “missione compiuta” oppure no, visto che la pandemia è in pieno svolgimento e del Pnrr non è ancora stato speso un solo euro? Da zero a 100, quanto si sente vicino all’obiettivo?
- I vertici delle grandi società di costruzioni italiane sostengono che sia impossibile spendere i 25 miliardi di euro per infrastrutture previsti dal Pnrr: non ci sono gli ingegneri, le macchine e l’infrastruttura burocratica per avviare i progetti nei tempi del piano. Che ripercussioni pensa che ci sarebbero sulla sostenibilità del debito pubblico se queste fosche previsioni fossero confermate?
- Molte delle riforme politicamente più delicate, come quella delle pensioni o quella del catasto e in gran parte quella del fisco, oppure quella delle concessioni balneari, sono rinviate al prossimo anno quando però la legislatura sarà agli sgoccioli e la probabilità di prendere decisioni significative e potenzialmente impopolari sarà minima. A meno che non ci sia un nuovo governo appena insediato dopo elezioni anticipate nel 2022 e dunque con piena legittimità per agire. Lei ha fatto questa scelta perché si aspetta una fine a breve della legislatura oppure soltanto per evitare di prendere decisioni delicate a ridosso dell’elezione del nuovo capo dello Stato?
- Come si spiega che il parlamento sia stato di fatto escluso dalla gestione della legge di Bilancio, con il Senato che è appena riuscito a vederla mentre la Camera sarà chiamata ad approvarla a scatola chiusa il 28 dicembre? Quando il governo Conte nel 2018 era arrivato a ritardi simili aveva almeno l’alibi di aver dovuto riscrivere il testo dopo la bocciatura preliminare della Commissione europea. Lei che giustificazione ha?
- Lei ritiene che un condannato in via definitiva per frode fiscale come Silvio Berlusconi sia titolato a competere per la successione a Sergio Mattarella al Quirinale?
- Da presidente della Bce, lei era attentissimo a evitare ogni comportamento suscettibile di critica esterna e a ogni interazione con il settore privato di cui la banca centrale è regolatore. Cosa pensa delle consulenze per governi stranieri di un senatore della Repubblica in carica, Matteo Renzi? Sono compatibili coni suoi standard etici?
- Molta teoria economica dice che bisognerebbe fare manovre anti-cicliche: quando le cose vanno bene, accumulare risorse per affrontare poi senza drammi le fasi difficili, in cui i mercati sono più scettici e il costo del debito più alto. La sua prima legge di Bilancio invece agggiunge quasi 80 miliardi di deficit nei prossimi tre anni. Lei dunque è ottimista che le condizioni di finanza pubblica rimarranno favorevoli a lungo?
- Se fosse ancora alla Banca centrale europea, che strategia adotterebbe di fronte a queste pressioni inflazionistiche? Pensa che siano temporanee o strutturali?
- Dopo l’aggressione fascista alla Cgil, lei ha accuratamente evitato di pronunciare quella parola “fascista”. E in parlamento ha preso tempo sullo scioglimento di Forza Nuova, nonostante si potesse procedere anche senza aspettare gli esiti delle inchieste giudiziarie, che hanno tempi lunghi. Come giustifica quella scelta che si è tradotta in una sostanziale impunità politica (mentre dal punto di vista dell’ordine pubblico i responsabili sono stati messi in condizione di non nuocere)?
- Appena arrivato, tra le prime decisioni ha rimosso le figure apicali della gestione della pandemia e dello Stato che erano state scelte dal suo predecessore, Giuseppe Conte. In particolare ha cambiato il vertice dei servizi segreti, con Elisabetta Belloni al posto di Gennaro Vecchione, e ha nominato un sottosegretario con delega a palazzo Chigi, Franco Gabrielli. Cosa ha dettato quelle scelte? Ha riscontrato qualche abuso nella gestione precedente?
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