- Dopo un messaggio di Beppe Grillo in mattinata in cui si sembrava aprire una piccola finestra di mediazione tra Conte e Luigi Di Maio, i Cinque stelle arrivano al giorno del giuramento del capo dello Stato come cristallizzati.
- Entrambi i protagonisti continuano a lavorare per ingrandire i propri schieramenti cercando di pescare tra i parlamentari che finora non si sono voluti posizionare né con Conte né con Di Maio.
- I contiani stanno prendendo tempo anche per valutare la strada migliore per andare allo scontro. Il presidente ha ampia scelta: è vero che Di Maio è a capo del Comitato di garanzia, ma considerato che l’organo risponde al garante Grillo, è in questo momento improbabile che riesca ad agire contro l’ex premier.
Nel Movimento 5 stelle un’altra giornata di stallo allontana ulteriormente la possibilità di trovare una soluzione. Su una cosa però nessuno ha dubbi: la situazione è grave e non è possibile tornare a lavorare insieme come se nulla fosse. A questo punto è sul tavolo anche il rischio di scissione. In un contesto così apocalittico, molti convengono però sul fatto che Giuseppe Conte ha in mano le carte migliori.
Dopo un messaggio di Beppe Grillo in mattinata in cui si sembrava aprire una piccola finestra di mediazione tra Conte e Luigi Di Maio, i Cinque stelle arrivano al giorno del giuramento del capo dello Stato come cristallizzati. Il fondatore come sempre si esprime in maniera criptica, ma alla fine tra le righe si delinea comunque la conferma del sostegno a Conte.
Un elemento importante nell’elaborazione delle strategie: anche perché, pur avanzando pesanti accuse di sabotaggio nei confronti del ministro degli Esteri, l’ex premier continua a prendere tempo e non convoca l’assemblea. Restano così ignorate le richieste dei parlamentari, che stanno tempestando di richieste i direttivi delle due camere.
Entrambi i protagonisti continuano a lavorare per ingrandire i propri schieramenti cercando di pescare tra i parlamentari che finora non si sono voluti posizionare né con Conte né con Di Maio. Ma a questo punto tutti gli eletti sperano in un confronto autentico. «Non possiamo fare l’ennesima recita in cui ogni gruppo fa tre interventi a favore del proprio leader e finisce lì», dice un parlamentare toscano.
Continuano poi a volare accuse incrociate: i contiani vogliono sapere del ruolo di Di Maio nei giorni dell’elezione del presidente della Repubblica, i dimaiani pretendono di avere chiarimenti sulla linea di Conte e il desiderio di andare al voto filtrato durante le trattative. Anche l’arruolamento di Alessandro Di Battista, che si espone sempre più spesso per l’ex premier, è un’altra questione su cui i parlamentari vogliono vederci chiaro.
Le strategie
I contiani stanno prendendo tempo anche per valutare la strada migliore per andare allo scontro. Il presidente ha ampia scelta: è vero che Di Maio è a capo del Comitato di garanzia, ma considerato che l’organo risponde al garante Grillo, è in questo momento improbabile che riesca ad agire contro l’ex premier.
Se Conte lasciasse la decisione sul destino del ministro in mano all’assemblea, che sia quella dei parlamentari o quella degli iscritti, Di Maio nonostante i suoi colloqui strategici con Virginia Raggi, Elisabetta Belloni e Chiara Appendino sarebbe parecchio in difficoltà. Ma allo stato attuale è improbabile che Conte voglia procedere a una soluzione così drastica. Prendono così corpo altre due ipotesi, altre armi in mano all’ex presidente del Consiglio: il rimpasto di governo, che potrebbe essere presto chiesto anche dal centrodestra, e gli darebbe la possibilità di eliminare Di Maio dall’esecutivo, oppure una votazione sul limite alle ricandidature dopo il secondo mandato.
Una grossa fetta dei dimaiani più fedeli sono arrivati, secondo le regole finora in vigore, al termine della loro esperienza politica. Senza una deroga, quasi tutti, incluso il ministro stesso, rischiano di perdere il loro incarico. Il modo più semplice di risolvere il problema Di Maio a questo punto per Conte è quello di far votare la base sul terzo mandato: una consultazione con un esito scontato, sicuramente non favorevole per il capo della Farnesina, ma anche per un’alleata strettissima del presidente: Paola Taverna. ©riproduzione riservata
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