Conte e Di Maio sono volati a Bengasi per il rilascio dei marittimi trattenuti da settembre e hanno incontrato Haftar che li teneva in ostaggio. Il loro incontro è stato al centro dello scambio. I pescatori rientreranno con i loro pescherecci. Palazzo Chigi ha divulgato le foto: stanno bene. Mattarella ha ringraziato l’Aise, i servizi segreti per l’estero, diretti da Caravelli
- Conte e Di Maio sono volati a Bengasi per il rilascio dei 18 marittimi trattenuti da settembre, hanno incontrato Haftar che li teneva prigionieri. I pescatori rientreranno con i loro pescherecci, palazzo Chigi ha divulgato le foto subito dopo la liberazione: stanno bene.
- Dopo la liberazione il Quirinale si è felicitato con un tweet e ha ringraziato l’Aise, l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna, diretta da Giulio Caravelli.
- Il ministero degli Esteri ha detto a Domani che il governo si è rifiutato di scambiare gli ostaggi con i quattro calciatori libici detenuti in Italia su cui pesa la condanna per traffico di migranti, ma il ministro Di Maio e il premier Conte hanno ceduto sull’incontro con Haftar, alleato di Al Sisi.
Sono stati liberati i diciotto pescatori di Mazara del Vallo tenuti sotto sequestro in Libia dal primo settembre: stanno bene e torneranno a casa con i loro pescherecci, dopo oltre cento giorni a Bengasi. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sono volati nella capitale della Cirenaica per condurre a termine l’operazione. Conte e Di Maio hanno avuto la mattina stessa un colloquio con il generale Khalifa Haftar, che ha tenuto in ostaggio i marittimi. A pesare sulla buona riuscita dell’operazione è stata l’Agenzia informazione e sicurezza esterna, i servizi segreti che operano all’estero, come ha riconosciuto anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Nel suo tweet di felicitazioni ha espresso «apprezzamento alla Farnesina e ai Servizi di sicurezza per l’impegno profuso per conseguire questo esito positivo». Nella delegazione erano presenti Pietro Benassi, il consigliere diplomatico di Conte, il capo di gabinetto di Di Maio, Ettore Sequi, e proprio il direttore dell’Aise, Giovanni Caravelli.
Com’è andata
La liberazione è diventata certezza quando palazzo Chigi ha mandato le foto dei pescatori e il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha twittato: «Buon rientro a casa».
Un tweet a cui è seguito un post su Facebook di Di Maio. Oltre a ribadire la notizia, il governo, ha scritto, «continua a sostenere con fermezza il processo di stabilizzazione della Libia. È ciò che io e il presidente abbiamo ribadito oggi stesso ad Haftar, durante il nostro colloquio a Bengasi».
Secondo quanto riferisce il ministero degli Esteri la liberazione è arrivata all’improvviso, anche se Di Maio il giorno prima aveva convocato un incontro urgente del governo. I due punti all’ordine del giorno erano il caso dei pescatori sequestrati in Libia e la fine delle indagini sull’omicidio di Giulio Regeni in Egitto. Il titolare della Farnesina aveva parlato del quadro «agghiacciante» emerso dalle ricostruzioni della procura riguardo le torture subite da Regeni: «Chiederemo a tutti i paesi Ue di prendere posizione, non bisogna cercare i colpevoli, bisogna processare i colpevoli individuati dalla magistratura». Nelle sue dichiarazioni, Di Maio aveva fatto solo un brevissimo riferimento ai pescatori, che invece erano il primo punto dell’incontro di governo.
I pescatori
Il ministero degli Esteri dice che la trattativa si è sbloccata nella notte, ma è durata a lungo. A inizio novembre Mattarella aveva telefonato al sindaco di Mazara, Salvatore Quinci, assicurandogli che il Quirinale stava seguendo passo passo. A cose fatte, Quinci ha ringraziato non solo il premier e il ministro degli Esteri, ma anche il ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, e «tutto il corpo diplomatico e l’Aise per il lavoro svolto». Il merito dell’Aise è stato anche riconosciuto dall’opposizione. Il presidente del Copasir ed ex sottosegretario alla Difesa, Raffele Volpi, della Lega, ha dichiarato in una nota: «Un mio sincero ed affettuoso ringraziamento al Generale Caravelli e al personale dell’Aise per la costante dedizione e il determinante lavoro svolto. Unicamente a loro va la mia sentita gratitudine».
Lo scambio
I pescatori sarebbero stati trattenuti in una caserma, mentre i due pescherecci, Antartide e Medinea, sono rimasti ormeggiati nel porto della capitale della Cirenaica. Si trattava di otto italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi: Karoui Mohamed, Daffe Bavieux, Ibrahim Mohamed, Pietro Marrone, Onofrio Giacalone, Mathlouthi Habib, Ben Haddada M'hamed, Jemmali Farhat, Ben Thameur Lysse, Ben Thameur Hedi, Moh Samsudin, Giovanni Bonomo, Michele Trinca, Barraco Vito, Salvo Bernardo, Fabio Giacalone, Giacomo Giacalone, Indra Gunawan. «Questo è un bellissimo regalo di Natale per me e per tutti i familiari dei pescatori. Non vedo l’ora di riabbracciare mio figlio», ha detto all’Ansa Nuccia Giordano, madre di Giacomo Giacalone, uno dei pescatori mazaresi liberati.
I pescatori siciliani negli scorsi mesi sono finiti al centro di un un’ipotesi di scambio tra Haftar e il governo italiano. L’ordine del generale libico era quello di non rilasciare i pescatori italiani fino a quando 4 calciatori libici imprigionati in Italia non sarebbero stati liberati. Sui quattro pende una condanna a 30 anni della Corte d’assise, confermata dalla Corte d’appello di Catania, per traffico di migranti riguardo la cosiddetta «strage di Ferragosto», un naufragio avvenuto nel 2015 che ha comportato la morte di 49 migranti. Dal ministero degli Esteri fanno sapere che «non avremmo mai accettato questo scambio». La decisione del generale Haftar sarebbe perciò arrivata grazie alla possibilità dell’incontro con il presidente del Consiglio e il ministro. Quello che voleva ottenere il generale era averli a Bengasi entrambi. Nonostante l’Italia sia un governo europeo che ufficialmente appoggia il governo di Tripoli e in rapporti difficili il primo sponsor di Haftar, l’Egitto di Abdel Fattah Al-Sisi. Sia Conte che Di Maio si sono rifiutati finché il generale non ha deciso di procedere alla liberazione. Alla fine sono andati. Il ministro degli Esteri aveva detto il giorno prima: «Non dobbiamo scambiare il silenzio con l’inattività, il silenzio è consono a questo genere di azioni».
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