«Qui paghiamo noi» pungono dal M5s parlando del palco di Serra. Invitati intellettuali e giornalisti. Ma non si teme una rottura con il Pd
«Alla fine, se nessuno ci viene dietro su questo, meglio per noi». Tra i parlamentari Cinque stelle si procede con serenità verso la doppietta di piazze che il Movimento ha in programma sabato prossimo e il 5 aprile. L’antipasto è l’appuntamento di Cosenza, dove i parlamentari contiani manifesteranno per la vicenda dell’ormai ex parlamentare Elisa Scutellà, costretta a lasciare la Camera dopo un ricorso alla Giunta delle elezioni che, al suo posto, ha fatto risultare eletto l’onorevole Andrea Gentile (FI). Ma la data cerchiata in rosso è quella all’inizio del prossimo mese.
Una protesta che è passata dall’essere contro il caro-bollette all’opposizione strenua al Piano europeo Readiness 2030. Ma anche un tentativo di «recuperare un po’ del nostro spirito originario», sospira chi ha sofferto dell’allontanamento dei Cinque stelle dalla piazza. Per i parlamentari parlare di spese ingestibili e guerra nella stessa manifestazione non è una contraddizione.
«In fondo sono le ricadute della guerra sulla nostra vita quotidiana» sintetizza chi segue da vicino l’organizzazione del doppio appuntamento. Le call si affollano nelle agende dei parlamentari. La più recente, ieri, tra il presidente Giuseppe Conte e i suoi vice. «Dobbiamo ancora limare gli ultimi dettagli, ma la scaletta è già zeppa di oratori interessanti» giurano dal gruppo parlamentare. Qualche anticipazione? «Sarà un palco in stile Nova». Il riferimento è all’assemblea costituente che ha portato alla defenestrazione di Beppe Grillo e al rilancio del progetto movimentista, ormai in chiave del tutto differente dagli inizi.
Al palazzo dei congressi all’Eur erano intervenuti intellettuali e giornalisti, ora ci si aspetta lo stesso per il prossimo appuntamento, che sarà anche affiancato da stand tematici, come quello di Unite, che riguarda le questioni di genere, ancora più urgenti in tempi di conflitto.
La manifestazione è aperta a tutti, spiegano, e c’è già chi va certo della presenza di Elly Schlein, anche se dal Nazareno ancora non si sbilanciano: «Manca ancora troppo tempo». E pazienza se le prese di posizione sempre più dure di Conte rischiano di aprire faglie all’apparenza incolmabili con gli alleati a momenti alterni del Pd.
Non escludere il ritorno
«È così che il presidente sta interpretando il mandato che gli ha conferito l’assemblea a novembre scorso – spiega chi conosce bene i meccanismi del Movimento – L’abbraccio troppo stretto con il Pd non è piaciuto al nostro elettorato, quindi abbiamo scelto di dimostrare la nostra autonomia». Senza però escludere il ritorno, come direbbe Franco Califano.
«Intanto difendiamo le nostre ragioni, poi vediamo che succede. Alle elezioni politiche manda un sacco di tempo, più avanti ci sarà un chiarimento». Anche perché, a livello parlamentare, a Roma e Bruxelles, la collaborazione procede senza incidenti: che sia l’opposizione al decreto Sicurezza o la campagna sulla richiesta dei fondi Sure per salvare il comparto automotive europeo, dal M5s ad Avs passando per il Pd deputati e senatori fanno fronte comune.
Il tasto dolente è sempre la politica estera. Eppure, è il ragionamento che filtra parlando con i parlamentari pentastellati a taccuini chiusi, un punto di caduta si potrebbe trovare: «La segretaria e il Pd che immagina lei hanno una certa sensibilità che condividiamo. È l’altra parte che ragiona in maniera diversa». Tradotto, i Cinque stelle sono sereni con il loro nuovo posizionamento e non temono conseguenze strutturali su una possibile alleanza, contando sul fatto che sarà Schlein a trovare il modo di gestire la minoranza riformista del suo partito.
Nessun controsenso
La linea pacifista non viene peraltro considerata contraddittoria con il fatto che i governi Conte hanno contribuito a portare avanti l’incremento delle spese militari: impegni che dipendevano da governi precedenti, spiegano, e incrementi comunque minimi.
Ma soprattutto, il tema unisce il gruppo parlamentare, spesso indebolito negli ultimi tempi da una certo disamoramento, dovuto alla posizione un po’ defilata di un Movimento messo ai margini dalla polarizzazione dello scontro politico tra Schlein e Meloni e al fatto che l’annosa questione delle eccezioni al limite dei due mandati resta ancora irrisolta.
Ma ora la scommessa di Conte sta pagando e il pacifismo si sta dimostrando un filone fruttuoso da perseguire, quantomeno per stabilizzare i sondaggi (che si aggirano sempre intorno al 12 per cento) e l’umore dei gruppi.
Guai però a paragonare la piazza pentastellata a quella del 15 marzo. «Il sentimento pacifista sta crescendo. Da noi non è detto che chi venga debba condividere tutto, ma almeno non è una raccolta di persone che la pensano diversamente su tutto» dice un europarlamentare. «Quella era una piazza lanciata dalle élite – rincara una collega di stanza a Roma – Astrattamente, solo per dichiararmi favorevole all’Europa, avrei potuto partecipare pure io, ma noi siamo diversi. Intanto, a organizzare stavolta è un partito politico, in secondo luogo da noi verranno anche persone comuni e, soprattutto, a pagare siamo noi e il Movimento, non il sindaco».
Niente apparentamenti con i sindaci, niente interventi discutibili, è il ragionamento che filtra in attesa del corteo che porterà da piazza Vittorio a via dei Fori imperiali, dove sarà allestito il palco finale.
E pazienza se le adesioni di sindacati e associazioni per ora latitano, visto che tanti si sono impegnati con la piazza convocata da Michele Serra: nel M5s sanno bene che una parte del pubblico di piazza del Popolo si sovrappone a quella che sfilerà dietro a Conte, e non c’è intenzione di alienarsela. Però, è il messaggio che si vuol far passare, se la sinistra è vicina al popolo e vuole caricarsi le sue preoccupazioni, il Movimento sa esserlo perfino un po’ di più.
© Riproduzione riservata