«Queste esternazioni sono del tutto incompatibili con gli obblighi da te specificamente assunti nei confronti del Movimento con riferimento sia alla malleveria sia ai contratti di pubblicità e comunicazione: ciò mi obbliga a valutare possibili iniziative dirette a sospendere l'esecuzione delle prestazioni a carico del Movimento derivanti dalla malleveria, e il recesso dai contratti di pubblicità e comunicazione».

Giuseppe Conte è arrivato alla minaccia finale, quella di tagliare i fondi a Beppe Grillo. Quei 300mila euro annui che vale la sua consulenza sulla comunicazione, soldi forniti dai gruppi parlamentari, che da anni ormai facilitano la scelta del fondatore di ritirarsi dalle scene e lasciare il Movimento 5 stelle al presidente. A dimostrare che la rottura tra comico ed ex premier è definitiva ora c’è una nuova lettera del carteggio tra i due protagonisti: si tratta della risposta del presidente alle domande poste qualche giorno fa da Grillo sulle modalità con cui sarà organizzata l’assemblea di fine ottobre.

Ma alla missiva di Conte segue una controrisposta di Grillo, che è l’ultimo colpo della serata: «Non è possibile né aprire un confronto deliberativo né deliberare o mettere in discussione tra gli iscritti i principi fondativi del Movimento 5 stelle» recita la diffida che il fondatore diffonde all’ora di cena, ma arrivata nelle mani di Conte già il 5 settembre. Un messaggio definitivo con cui il garante fa sapere che farà uso dei suoi poteri se non dovesse essere rispettato. 

Le puntate precedenti

Si tratta dell’ultima puntata di una serie che conta ormai parecchi colpi di scena. La risposta del presidente diffusa nel pomeriggio arrivava come risposta a una provocazione del garante pubblicata sul blog nei giorni scorsi in vista dell’assemblea costituente in cui saranno messe in discussione anche questioni identitarie come nome, simbolo e regolamento. Grillo si domandava come saranno selezionati gli iscritti aventi diritto al voto, o come saranno selezionate le proposte presentate e in base a quale ordine di priorità. Tutte questioni rilevanti, a cui però Conte non ha voluto rispondere nel merito. «Non può farlo né gli interessa» dice chi conosce bene il Movimento: «Ci sono due ragioni: la prima è che siamo campioni di decisioni assembleari disattese, la seconda è che l’ex premier ora deve fare terra bruciata intorno a Grillo». 

I precedenti

Il primo riferimento è all’esito degli Stati generali del 2021, occasioni in cui la base si espresse per la creazione di un direttivo a cinque che avrebbe dovuto prendere in mano i destini del Movimento, scelta rimasta per sempre lettera morta. Il secondo elemento, quello di far passare Grillo per un padrone interessato ormai soltanto alla sua consulenza è da tempo tra gli obiettivi non dichiarati di Conte: a coprirgli le spalle c’è compatto il gruppo parlamentare e lo appoggia buona parte della base degli attivisti. Restano con Grillo alcuni seguaci della primissima ora, anche se in tanti stanno cadendo sotto la scure dell’inattività sulla piattaforma del Movimento: Conte e i suoi hanno deciso di eliminare chi non ha fatto login per più di un anno. «Deve farlo sembrare un despota per arrivare all’assemblea con un clima tale da poterlo cacciare» spiegano.

La prova delle intenzioni di Conte si troverebbe nella sua lettera di ieri: «Vorrei segnalarti che le tue reiterate esternazioni pubbliche stanno accreditando agli occhi della opinione pubblica una concezione “dominicale” del Movimento, considerato che una singola persona, per quanto essa sia il meritevole “fondatore”, pretende di comprimere il confronto deliberativo all'interno dell'associazione, contrastando in modo plateale il valore fondamentale che ha ispirato la nascita e lo sviluppo del Movimento stesso: il principio democratico e della libera partecipazione dei cittadini ai processi decisionali». Insomma, basta col partito padronale: lo scontro diretto tra i due è rimandato a fine ottobre, ma tutti sanno benissimo dove si vuole arrivare: «Credo ormai sia chiaro l’obiettivo di questa costituente», commenta una senatrice. 

«La tecnica che si applica è la stessa che si utilizzava anche nei confronti degli espulsi, li si accusava di essere troppo attaccati ai soldi o alla poltrona» nota qualcuna. E così Grillo rischia – o ha già accettato – di venir divorato dalla sua stessa creatura. «L’avrebbe voluta vedere finire con lui, ha sempre detto che i Cinque stelle sarebbero dovuti essere biodegradabili» dice un ex parlamentare. Ma niente da fare, ormai nel Movimento si sono messi tutti nell’ottica che sarà Conte a dirigere il partito: «Ha eliminato chiunque potesse mettere in discussione il suo peso mediatico: prima Casaleggio, poi Di Maio e ora Grillo». E il fondatore? Si sarebbe rassegnato a uscire perdente dal confronto, dice chi lo conosce bene, ma con il cuore resterà vicino alla sua creatura. «Nel frattempo, però, vuole andarsene mettendo a Conte tutti i bastoni fra le ruote che riesce». 

Uno scenario che molti citano come probabile è che dopo l’assemblea, una volta che si sarà liberato di Grillo, Conte sceglierà di cambiare nome al partito in modo da togliere a Grillo anche l’ultimo appiglio per criticarlo.

Difficile invece che il comico decida di mettere su un soggetto politico nuovo: «Mancano le figure giuste» osservano. Neanche l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi, da sempre vicinissima al garante, sembra pronta a fare il grande passo, nonostante Grillo abbia deciso di farsi aiutare a difendere le sue ragioni dallo studio Sammartino, dove Raggi aveva fatto il suo praticantato.

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