Il direttore degli Approfondimenti Rai nel mirino per un «infame» indirizzato a Corrado Formigli. Lui chiarisce: «Mi riferivo al gradino». L’ad Rossi lo convoca e fa sapere di aver «dato mandato alle direzioni competenti di valutare eventuali elementi sotto il profilo disciplinari». Nell’ultimo libro del linguista Massimo Arcangeli i post su Facebook del giornalisti con numerosi riferimenti a Mussolini e al fascismo
Ancora polemiche intorno a Paolo Corsini, direttore dell’Approfondimento Rai. Giovedì sera Piazzapulita ha mandato in onda uno spezzo in cui il giornalista, intercettato all’uscita della festa per gli 80 anni del quotidiano Il Tempo, prima si trincera dietro un «no comment» poi aggiunge: «Dite all’amico Formigli che si guardasse un pochino nella coscienza, va... Infame». «Lascio ai telespettatori ma anche alla Rai di valutare se questi termini siano degni di un altissimo dirigente di una televisione pubblica pagata da tutti i cittadini, compreso il sottoscritto», ha commentato il conduttore Corrado Formigli in studio. «Io non ho il piacere di conoscere questo Corsini, ma lui mi insulta dandomi dell'infame senza che ci siamo mai incontrati, non ci siamo mai parlati nella nostra vita – ha aggiunto – Noi non lo abbiamo mai insultato. Capisco che il direttore dell’Approfondimento Rai sia molto nervoso per la serie impressionante di flop che ha inanellato, di cui è corresponsabile».
Parlando con LaPresse, Corsini ha replicato: «Ho specificato, come si sente chiaramente in onda, che mi riferivo al gradino. Sono giorni che zoppico per un problema al ginocchio, tanto che faccio magnetoterapia tutti i giorni, anche in Rai come tutti sanno e vedono. Se poi a lui piace attribuirsi certi epiteti...». Le opposizioni chiedono la dimissioni del direttore. L’amministratore delegato della Rai, Giampaolo Rossi, in un nota, ha fatto sapere di averlo convocato e di avergli espresso «il proprio disappunto per l’episodio che lo ha visto coinvolto. Inoltre ha dato mandato alle direzioni competenti di valutare eventuali elementi sotto il profilo disciplinare in riferimento a quanto andato in onda nella trasmissione Piazzapulita».
Anche il direttore generale, Roberto Sergio, contattato da LaPresse, ha detto che «ci saranno da parte dell'azienda valutazioni giuste rispetto a quanto accaduto. Il video? L'ho visto ma non mi sento di dire nulla. C'è una pressione quotidiana che viene fatta e questo comporta che in alcuni casi si possa anche non avere la tenuta giusta e la pazienza giusta. Poi lui ha spiegato anche che c’era un problema personale, fisico. Ci saranno approfondimenti da parte dell'azienda».
Non è la prima volta che Corsini viene criticato per le sue uscite. Come quando, parlando ad Atreju, aveva rivendicato pubblicamente la sua militanza nella destra. Molto di più di una semplice simpatia come ben raccontato da Massimo Arcangeli che nel suo ultimo libro, Quel braccio alzato. Storia del saluto “romano” (Castelvecchi), da ieri in libreria e di cui di seguito pubblichiamo ampi stralci, ha raccolto alcuni dei post social del giornalista Rai. Post in cui secondo Sandro Ruotolo, europarlamentare e responsabile Informazione del Pd, «l’apologia del fascismo è evidente. È una vergogna che Paolo Corsini resti al suo posto. Chiederemo in commissione di vigilanza Rai di sentire i vertici aziendali».
Arriviamo al degno epilogo delle vicende qui brevemente riassunte. Siamo sempre su Facebook. «Abbasso il NATALE, plutocratico e borghese! Viva la BEFANA, popolare e fascista! AUGURI». «Non sono fascich?». Sarà l’ennesimo politico nostalgico, si potrebbe subito pensare. Invece no. Chi ha prodotto questi esempi è Paolo Corsini, che è a capo dei programmi d’informazione di approfondimento della Rai. Le sue simpatie e affiliazioni sono cosa risaputa, ma la gravità del quadro allestito di seguito va ben oltre il (poco) già noto, comprensivo della doppia partecipazione a un concerto nazirock di cui diremo più avanti e di un post con la foto del papà “figlio della lupa”.
Paolo Corsini è quello che, parlando di “orgoglio italiano” nel corso dell’ultima kermesse di Atreju, ha rivendicato pubblicamente, senza neanche un filo d’imbarazzo, la sua affiliazione al partito di Giorgia Meloni. In quell’occasione (14 dicembre 2023) ha dichiarato di essere tuttora militante di Fratelli d’Italia, definendolo «il nostro partito».
Paolo Corsini è quello del monologo sulla Festa della Liberazione che il 20 aprile 2024 Antonio Scurati avrebbe dovuto leggere in prima serata su Raitre a Chesarà… (l’intervento fu invece censurato), ed è lo stesso che si è divertito più volte a provocare gli utenti di Facebook, nei suoi post del 25 aprile, dicendo di essere al lavoro – nel 2016 ha sfoggiato anche una bella camicia nera – o nel 2011, tanto per approfittare della doppia festività, augurando Buona Pasquetta e rispondendo in questo modo alla reazione piccata di un utente (se può permettersi di scrivere una tale sciocchezza, fa notare il commentatore, «è anche grazie a quelli che il 25 aprile 1943 decisero di morire, per darci la libertà»): «Ah, gia’, ma perche’ oggi che festa e’ per… Gli americani?!».
Paolo Corsini è quello che al tempo della pandemia, a commento di una celebre poesia di Trilussa sul saluto romano (scrive: «…Di questi tempi sempre più attuale!»), schiaffa su un post del 25 febbraio 2020 tre figurette col braccio teso. È quello che ama citare frasi di Mussolini, come in due post del 10 febbraio 2011 («Con un proletariato riottoso, malarico, pellagroso non vi può essere un elevamento dell’economia nazionale») e del 9 ottobre 2012 («Il giornalismo non è per noi un mestiere ma una missione: non siamo giornalisti per lo stipendio, in questo caso non ci sarebbero mancati posti migliori.
Il giornalismo non è per noi un foglio che voglia essere riempito settimanalmente con quello che capita. No, il giornale è per noi un partito, è una bandiera, è un’anima») e in un commento a un post del 2 giugno 2012 («A chi la gloria? A noi! …E da 3 secoli»). È quello che per ben due volte, il 4 e il 24 novembre 2016, va a sentire al Piper di Roma i 270bis di Marcello De Angelis, che non mancarono allora di eseguire, nella selva delle braccia tese dei presenti, un classico del loro repertorio nostalgico: Claretta e Ben. I destinatari dei ringraziamenti di Corsini dopo il primo concerto, in un post del giorno successivo, sono tutto un programma.
Paolo Corsini è quello che il 26 aprile 2013 esalta Vladimir Putin. È quello che il 14 luglio 2013 posta una frase dello scrittore e filosofo colombiano reazionario Nicolás Gómez Dávila («Le aristocrazie sono i parti naturali della Storia, le democrazie gli aborti») per sbeffeggiare gli ideali che guidarono la Rivoluzione francese. È quello che il 21 dicembre – lo fa tante volte – augura il Buon Solstizio a celebrazione del Natale nazista. È quello dei gridi di guerra del Ventennio («Alalà!», figg. 40-41) e quello che riporta due versi di un canto repubblichino, piegandoli a un motivo di estenuazione e di sfogo («“Vince sempre chi più crede / chi più a lungo sa patir”… ma mi sarei anche un po’ rotto»), e tra un like e un complice sghignazzo una nutrita rappresentanza di giornalisti della Rai pare apprezzare.
(...) Potrei proseguire a lungo, ma è sufficiente aggiungere pochi altri tasselli al mosaico per far capire fino in fondo di chi stiamo parlando, per scolpirne il profilo a tutto tondo. Il 28 novembre 2013, come immagine di aggiornamento del suo profilo, Corsini posta una foto che lo ritrae seduto al suo studio di vicedirettore del Giornale Radio della Rai tra il balilla a destra che si è portato da casa, un poster attaccato al muro nella cameretta di un tempo – ce lo dice lui stesso in un commento a un altro post –, e due bei fasci littori a sinistra a incorniciare il suo nome e cognome (...).
Solo un’Italia che non abbia fatto ancora seriamente i conti col Ventennio può tollerare che a decidere degli approfondimenti giornalistici del servizio pubblico possa esserci chi inneggia senza mezzi termini al nazifascismo in atti, parole e comportamenti inaccettabili.
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