Barbara Floridia, senatrice Cinque stelle e presidente della commissione di Vigilanza, guarda con fiducia alla costituente. Il fatto che Giuseppe Conte abbia minacciato di tirarsi indietro è sintomo di «coerenza» e lo spazio per un nuovo M5s più a sinistra del Pd c’è.

Cosa c’è da aspettarsi dalla costituente? Cosa c’è in gioco?

Sono nel M5s quasi dall’inizio ma un percorso come questo non l’ho mai visto, mi sembra un momento altissimo e in cui in gioco c’è il futuro del Movimento.

Le ultime regionali hanno avuto esiti disastrosi per voi. Cosa serve per invertire la tendenza dei voti in calo?

Nelle regioni abbiamo spesso preso batoste, ma non mi nascondo dietro un dito. Spero che un momento così aperto risvegli gli animi dei nostri attivisti. Mi auguro, quindi, un ritorno alle origini per quanto riguarda la partecipazione e che l’assemblea sia come ricaricare le batterie di un’auto elettrica. Credo anche che forse alcuni lacci e lacciuoli generati da regole del passato, non parlo di principi, vadano superati.

Restiamo ancora sulle regionali: le alleanze sono un’opportunità o una zavorra?

Quando nelle regioni il nostro percorso è ancora fragile prendiamo percentuali basse sia da soli sia in coalizione, non dipende dall’alleanza col Pd. Ma non possiamo ignorare che stavolta, la nostra percentuale seppur bassa abbia contribuito a vincere. Io non credo che allearsi con altre forze politiche progressiste ci penalizzi, ma forse dobbiamo ragionare su come far passare in maniera più forte l’impegno che mettiamo nelle nostre battaglie: siamo capaci di portare un contributo nostro e di far cambiare anche idee al Pd su determinati temi, come sul salario minimo.

Il presidente Conte, proprio sul tema di posizionamento e alleanze, ha drammatizzato molto negli ultimi giorni, evocando la possibilità di lasciare, se i risultati non confermassero la sua linea. È uno scenario probabile?

Il presidente Conte ha una grande virtù, è un uomo molto coerente. È chiaro che ha dato una collocazione al partito: immagino che lui non si possa sentire a suo agio in una forza politica che ritorni a essere né di destra né di sinistra. Mi auguro che non accada, perché io stessa mi sento affine al campo progressista e credo che questa sia l’anima di un Movimento che lavora per la sanità pubblica, per la scuola pubblica.

Non è peculiare ridiscutere un aspetto importante per un partito politico come la sua collocazione ideologica a quindici anni dalla fondazione?

È un tema che ha voluto porre la base, non il presidente Conte, e quindi è giusto fare chiarezza. Dopo questo calo dei consensi era necessario.

Assumiamo che la base decida per una linea progressista. Quell’area non è già presidiata dal Pd?

Credo che il Movimento abbia una forza diversa su determinati temi rispetto al Pd e noi abbiamo dimostrato decisamente più coraggio nella protezione delle parti più fragili della società, ma anche nelle battaglie ecologiste o sul tema della pace, su cui il Pd è ancora ambivalente.

A che elettorato si rivolgerà il M5s?

Rappresenteremo quella parte di cittadini che non ha dubbi su temi come la difesa degli ultimi, la pace e la sostenibilità. Credo che ci sia uno spazio molto importante da occupare e che molte persone si possano riconoscere ancora in noi.

Prima ha parlato di «lacci e lacciuoli». Si riferiva al limite dei due mandati? L’obiezione più immediata che la proposta solleva è che si tratti solo di garantire una carriera a chi ha preso gusto alla politica.

Io sono al secondo mandato quindi chiaramente può sembrare che io parli per un mio tornaconto. Non voglio superare il secondo mandato per farmene un terzo in Senato, ma sono d’accordo a farlo per immaginare che persone che hanno superato il secondo mandato possano essere invece candidabili in regione o in Europa. È chiaro che un volto noto, penso a nomi come Appendino, Patuanelli o Taverna, sia più forte di quello di un attivista che si candida per la prima volta e può essere anche più interessante per il Pd sostenerlo sul territorio. Per questo per me fissare un limite di soltanto due mandati in tutto è limitante.

C’è addirittura chi vorrebbe liberarsi del simbolo. Ha fatto il suo tempo?

No, ci sono affezionata, è il simbolo che mi ha fatto riavvicinare alla politica e tengo alle cinque stelle. Mi piacerebbe invece cambiare il sistema dei probiviri: se fossimo in cinque invece che in tre sarebbe più facile lavorare. Sono regole, non principi, e possono essere rinnovate.

Grillo verrà al palazzo dei Congressi?

Non lo so, se viene è sicuramente il benvenuto e avrà spazio per dire la sua e confrontarsi con noi. L’unica cosa che mi è dispiaciuta è stato il suo tentativo di sabotare un’opportunità di democrazia dal basso come quella che rappresenta quest’assemblea, superiore a quella che c’era nel Movimento in altri periodi, quando un post decideva tutto.

Il suo compito da garante è terminato?

Credo che sia tramontato il modo in cui lui ha immaginato che sarebbe stato per sempre. Penso che sia stato importante e spero resti, ma con poteri diversi. Faccio una metafora: rispetto tantissimo mio padre e i principi che mi ha insegnato, ma sono una donna adulta e a un certo punto ho intrapreso un percorso tutto mio. Il “padre” del Movimento deve rendersi conto del fatto che suo figlio è cresciuto.

Il quorum la preoccupa?

No, di solito la comunità ha sempre dato prova di grande partecipazione, però visto che ci sono raccomando a tutti di andare a votare. Spero che si superi il quorum e accetterò tutte le conseguenze. Posso andare a casa anche subito.

Una parentesi sull’attualità stretta: è saltata per la quarta volta la seduta in commissione di Vigilanza per il boicottaggio delle destre. Ieri il consigliere d’amministrazione d’area di Majo ha votato per la conferma del direttore Chiocci. C’è chi sospetta che dopo la vostra assemblea possa agevolare la conferma della presidente designata Rai Agnes.

Abbiamo sempre detto che bisognerà parlare con la maggioranza e che questa dovrà cambiare atteggiamento nei confronti di tutte le opposizioni. Se ciò avverrà, saremo ben lieti di dialogare, però non è soltanto una cosa tra noi e la maggioranza.

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