I giovani leghisti urlano slogan contro il capo di Forza Italia e costringono il segretario a scusarsi. Attesi domenica gli interventi di Orbán, Wilders, Ventura, Svazek e Vannacci. Le Pen videocollegata
«Trump, Trump, Trump, vinceremo!», urla il rappresentante dei giovani Repubblicani americani dal mini palco del tendone di Pontida, che sabato ha ospitato il raduno della giovanile della Lega di Matteo Salvini.
Ospitati anche una delegazione dei giovani orbaniani e di portoghesi nazionalisti. Sulla strada di fango che conduce al pratone centrale e al tendone compaiono vari striscioni, uno è di questo tenore: Salis, Orbán ti aspetta.
Poi però i nemici veri sono due: i comunisti e il ministro Antonio Tajani, ingiuriato sia nel corteo con cui i giovani leghisti raggiungono l’evento sia dal palco: «Un bel vaff...a Tajani» che vuole regalare la cittadinanza agli ultimi arrivati, l’obiettivo è lo ius scholae. Parole che di certo non faranno piacere all’alleato, tanto da costringere Salvini, poco dopo, a scusarsi col leader azzurro.
Se questo è l’antipasto, la vera Pontida è oggi. Parlerà il generale Roberto Vannacci, che si è fatto vedere già ieri sera tra gli stand del pratone di Pontida. Il generale nero Vannacci è diventato la stella polare del corso sovranista di Matteo Salvini. Ma è in buona compagnia.
Il Capitano Salvini ha invitato qui, dove un tempo si celebrava il giuramento della Lega Lombarda, l’estrema destra europea, alla quale, a Bruxelles, hanno dato l’etichetta “Patrioti per l’Europa”.
Cambio speaker
Per capire, però, che Pontida sarà va data un’informazione solo in apparenza di dettaglio: dopo trent’anni lo speaker dal palco montato sul pratone verde e sacro non sarà più lo stesso. Fuori Daniele Belotti, storico volto della Lega sul territorio bergamasco, ultrà dell’Atalanta, mozione federalista.
Al suo posto Mirko Mengozzi, voce che infiamma le notti di San Siro e amatissimo dai tifosi interisti ogni volta che annuncia un goal di Lautaro Martinez. La scelta di mettere da parte un leghista d’annata è il sintomo di una frattura mai sanata all’interno della nuova Lega di Salvini, che alcuni vecchi militanti evitano di definire Lega.
La sostituzione di Belotti è stata motivata con l’esigenza di avere sul palco un professionista vista la presenza di leader politici internazionali di un certo peso, come Vicktor Orbán. Una giustificazione che regge fino a un certo punto: l’anno scorso Belotti ha introdotto la francese Marine Le Pen, leader del Rassemblement National.
Molti dissidenti interpretano l’esclusione dello storico speaker come una ritorsione: Belotti, infatti, ha firmato insieme a 20 esponenti della Lega bergamasca, una lettera con critiche feroci alla gestione Salvini. «Perché abbiamo smesso di dialogare con forze autonomiste e federaliste, per accordarci con chi non ha la nostra naturale repulsione nei confronti di fasci e svastiche», è scritto. Nella missiva indirizzata al segretario si legge anche che la Lega non può «condividere un cammino con partiti e movimenti che “NULLA HANNO A CHE FARE” (scritto proprio così, ndr) con la nostra storia culturale e politica».
Militanti vicini a Belotti sostengono che sia stato Matteo Pandini (portavoce di Salvini) a comunicarlo solo il giorno prima al diretto interessato. Peraltro, dicono, Belotti ha sempre fatto lo speaker da volontario: «Mengozzi mica lo farà gratis, ma non sappiamo quanto sarà pagato». E aggiungono: «È un segnale, l’obiettivo è togliere ogni punto di riferimento che non sia legato alla corrente salviniana».
I “patrioti” d’Europa
Al di là della narrazione pubblica salviniana di un’armonia ritrovata, esiste una questione interna che ha portato a recenti espulsioni di esponenti della fazione nordista legata a Umberto Bossi. Questa variegata componente è presente anche quest’anno sul pratone, un po’ defilata, che commenta con ironia l’ultima evoluzione salviniana e il rafforzamento delle alleanze con i partiti nazionalisti dell’estrema destra europea. Sorridono dell’internazionale nera, che ormai da due anni è di casa a Pontida.
Qui dove un tempo si gridava alla secessione, oggi sfileranno i capi dei partiti più centralisti dell’arco politico europeo. Il filo conduttore sarà la difesa dei confini, il processo di Open Arms, il tentativo di trasformare il Capitano in un martire del sovranismo mondiale. Certo si parlerà pure della quasi vittoria sull’autonomia con la legge firmata Roberto Calderoli, ma con moderazione.
Del resto agli olandesi del partito per la Libertà dei temi cari alla Lega Nord importa nulla. Il leader Geert Wilders è un noto islamofobo, contestato in patria per le posizioni radicali contro l’immigrazione. Allo stesso modo la presenza di Orbán sarà un tributo a Salvini, “eroe nazionale” per aver difeso l’Italia dall’invasione dei migranti. Sulla stessa lunghezza d’onda i portoghesi di Chega! con il suo condottiero Andrè Ventura.
Tra gli ospiti d’onore anche gli austriaci di Fpo, freschi di vittoria a Vienna: a Pontida sarà presente la vicepresidente del partito, Marlene Svazek. Un partito di origine neonazista, rappresentato da alcuni personaggi che in gioventù hanno militato in formazioni nerissime. In sintesi tutti le sigle che compongono l’eurogruppo “Patrioti per l’Europa”.
La star dell’anno scorso, Marine Le Pen, invierà un video assieme al volto nuovo del partito francese, Jordan Bardella: l’uomo della normalizzazione, cioè la faccia presentabile di un movimento erede del Front National accusato di legami con i neofascisti francesi. Tuttavia pure Bardella conosce bene quel mondo da cui Le Pen almeno pubblicamente vorrebbe affrancarsi.
La sua ex fidanzata è la figlia di Frederic Chatillon, la figura più controversa fino a qualche anno fa al fianco di Le Pen, uno dei capi del Gud (Groupe union defense), movimento studentesco di estrema destra.
Relazioni pericolose emerse anche per gli altri eletti di Le Pen a Bruxelles. Su tutte c’è Julie Rechagneux: la giovane europarlamentare è stata a capo di un dipartimento della sezione giovanile del Front National.
Diverse inchieste giornalistiche in Francia hanno documentato i suoi legami con gruppi della destra più estrema neofascista.
In particolare militanti “neri” che hanno poi costituito il movimento Bastide Bordeaux: una sigla che ci riporta in Italia, a Roma. A maggio scorso tre incappucciati hanno assaltato un pub del quartiere romano di San Lorenzo, frequentato dai movimenti di sinistra.
Tra i fermati un esponente di Bastide Bordeaux. Nella Capitale il sottobosco neofascista francese ha legami con i fascisti di Casapound e con l’amico di Le Pen, Chatillon, che vive a Roma da tempo, frequenta Casapound e fa affari nella ristorazione. L’internazionale nera, appunto. Che a Pontida è ora di casa.
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