Dalla segretaria del Pd, Elly Schlein, al leader di Italia Viva, Matteo Renzi, è un coro di critiche contro la lettere del ministro Sangiuliano sui 100 milioni di euro da togliere al settore dell’audiovisivo.
Shock e sdegno sono le due parole che meglio sintetizzano la reazione alla lettera di Gennaro Sangiuliano, in cui proponeva di propria sponte un maxi taglio al cinema. Un’iniziativa che ha provocato caos a più livelli: politico, economico e anche culturale. Tanto che il ministro della Cultura non ha fatto la star sul Red carpet della Festa del cinema di Roma, a differenza della sottosegretaria, la leghista Lucia Borgonzoni. Ma il vero protagonista della kermesse romano è il presidente della commissione cultura alla Camera, Federico Mollicone, big di Fratelli d’Italia, che vuole dettare la linea sul cinema. Almeno nella "sua" capitale.
Dissenso largo
Un quadro disastrato che è diventato un assist perfetto alle opposizioni: «Qui siamo oltre l’imperizia: siamo alla scelleratezza», ha attaccato la segretaria del Pd, Elly Schlein, promettendo le barricate. Una decisione che «non ha precedenti e alla quale ci opporremo in ogni sede» ha ribadito. In piena sintonia con la denuncia di «mannaia» fatta dalla deputata di Alleanza verdi-sinistra, Elisabetta Piccolotti. Sangiuliano è riuscitp a creare un campo largo del dissenso: la questione è «allucinante», secondo il leader di Italia viva, Matteo Renzi. «Il ministro della Cultura dopo aver cancellato la 18App propone di tagliare anche sul cinema», ha detto l’ex premier, chiudendo con una domanda provocatoria: «Finiremo con il rimpiangere Tremonti»?
Inevitabile, a quel punto, è arrivato un ravvedimento operoso, quanto frettoloso del ministero, che ha portato a 14 milioni di euro la riduzione del fondo per il cinema. La contrazione totale degli investimenti ammonterà quindi a 50 milioni rispetto ai 100 milioni immaginati dal ministro della Cultura.
I 14 milioni di euro, annunciati dalla sottosegretaria Lucia Borgonzoni, vanno comunque sommati ai 36 milioni da portare sul piatto della manovra al Mef di Giancarlo Giorgetti. «L’intervento che faremo è per aggiustare principalmente la parte che riguarda il commerciale. Siamo arrivati a un numero di titoli esorbitante», ha specificato Borgonzoni.
Premio di consolazione
Eppure Sangiuliano, che raccontano come infuriato verso registi e produttori di sinistra, esce sconfitto a metà nella partita della diminuzione delle risorse per l’audiovisivo. Certo, è rimasta frustrata l’ambizione, manifestata nella lettera, di una revisione totale delle spese. Segnando una vittoria per la sottosegretaria Lucia Borgonzoni, con delega proprio al cinema, che fin dall’inizio ha osteggiato la linea del ministro. Ma il ministro non è uscito del tutto a pezzi dalla vicenda. Ha portato a casa, comunque, uno scalpo: la piccola dote di 14 milioni ricavati dal cinema e da impiegare su altri capitoli, come aveva illustrato nella lettera a Giancarlo Giorgetti. L’obiettivo numero uno è risaputo negli uffici ministeriali: gli scavi di Pompei.
Il parziale scampato pericolo ha fatto tirare un parziale sospiro di sollievo al presidente dell’Anica, Francesco Rutelli: «Sono state diradate alcune nubi che si erano addensate». Tutto bene, quindi? Non proprio. Da quanto apprende Domani la partita non è ancora chiusa. Anzi. C’è solo un cauto ottimismo che il peggio sia passato.
Per comprendere la portata delle tensioni, anche Pupi Avati, regista ma soprattutto consulente del ministro, ha manifestato la propria contrarietà ai tagli: «Tagliando la tax credit ci sarebbe un colpo a una misura importante che aiuta il cinema italiano», ha detto a Domani. Avati ha comunque tenuto a puntualizzare che a suo giudizio «il caso è rientrato», evidenziando ancora che «non ho avuto alcun ruolo in questa vicenda. Non mi sia attribuito un potere di cui non dispongo». Fa sentire la sua voce pure Pif, attore e regista: «Resto stupito prima di tutto come cittadino».
Il suo discorso è concentrato su un elemento-chiave: «Le sovvenzioni stanno funzionando non rappresentano un costo, ma un investimento. Mi chiedo: perché tagliare». E il segretario di +Europa, Riccardo Magi, solleva il sospetto: il governo vorrebbe «l’arte assoggettata».
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