- I senatori berlusconiani puntano a esaminare il decreto anti raduni in commissione Giustizia, dove a presidiare i lavori potrebbe esserci il viceministro berlusconiano Francesco paolo Sisto, favorevole alle modifiche.
- FI contesta al ministero dell’Interno, che il decreto lo ha scritto, di aver approvato in fretta e furia un testo troppo vago e delle pene sproporzionate rispetto ai fatti contestati.
- Intanto, anche alla Camera qualcosa si sta muovendo. La capogruppo del Pd, Debora Serracchiani, ha annunciato che il suo gruppo presenterà un emendamento al decreto Aiuti ter, all’esame di Montecitorio, proprio per cancellare la norma anti raduni. In testo, però, ha poche chance di passare.
Le trattative politiche sono già iniziate. Neppure il tempo di assegnare al Senato il primo decreto del governo Meloni, quello che contiene le cosiddette norme anti rave, che i senatori di Forza Italia hanno cominciato a muoversi per cercare di garantirsi un peso aggiuntivo nella discussione e una maggiore possibilità di cambiarla durante l’esame in parlamento. Che partirà appunto da palazzo Madama. L’ala moderata del governo, rappresentata dal partito di Silvio Berlusconi, contesta al ministero dell’Interno, che il decreto lo ha scritto, di aver approvato in fretta e furia un testo troppo vago e delle pene sproporzionate rispetto ai fatti contestati. Per chi «organizza o promuove» il raduno, il decreto d’urgenza prevede dai tre a sei anni di reclusione e una multa da mille a diecimila euro, con il rischio che la stretta possa essere applicata anche ad altri eventi, come concerti o occupazioni studentesche. «Non credo che al Senato ci siano senatori di Forza Italia contrari alla modifica del decreto», dice Giorgio Mulè, berlusconiano e vicepresidente di Montecitorio, che chiede che venga modificata.
Se ne occupi la giustizia
I senatori azzurri, molti dei quali conoscono bene le dinamiche parlamentari, vorrebbero che il testo finisse in commissione Giustizia. Non si tratta solo di un tecnicismo parlamentare: se il testo venisse assegnato a quella commissione, sarebbe il ministero della Giustizia a presidiare i lavori per conto del governo. Con il suo titolare, Carlo Nordio, favorevole a modificare la norma.
Non solo. Per prassi sono i sottosegretari e viceministri a partecipare alle sedute e sono loro a trattare per conto dell’esecutivo durante le riunioni politiche che si svolgono in parlamento.
Tra quelli della Giustizia, Forza Italia può contare sul viceministro Francesco Paolo Sisto. L’avvocato, ex deputato berlusconiano, ha già detto nei giorni scorsi che la norma può essere migliorata in parlamento, anche abbassando la pena massima, in modo tale da escludere l’uso delle intercettazioni durante le indagini (possibilità prevista per i reati con una pena superiore ai cinque anni).
Se, invece, il provvedimento venisse assegnato solo alla commissione Affari costituzionali, che di norma si occupa dei provvedimenti provenienti dal ministero dell’Interno, Forza Italia non avrebbe sottosegretari o viceministri su cui contare.
Vicino al ministro Matteo Piantedosi, che la norma l’ha voluta, siedono tre sottosegretari: Nicola Molteni della Lega, Emanuele Prisco e Wanda Ferro di Fratelli d’Italia. Tutti e tre vogliono preservare la norma rivendicata dalla premier. Molteni è stato il più esplicito: «La Lega difenderà la norma» in parlamento così com’è.
L’esame
Mercoledì prossimo verranno formate tutte le commissioni, con l’elezione dei rispettivi presidenti, vice e segretari. Il Senato è in vantaggio rispetto alla Camera, perché dopo il taglio dei parlamentari ha provveduto prima delle elezioni a stendere il nuovo regolamento, rivedendo la composizione degli organi interni. Rispetto all’altro rampo del parlamento, dunque, le commissioni possono partire subito.
Finora, dei provvedimenti del governo Draghi rimasti in sospeso se n’è occupata la cosiddetta commissione speciale, che viene eletta a ogni inizio legislatura per sbrigare gli affari rimasti nel limbo. Non avendo una versa e propria materia di competenza è più difficile immaginare chi del governo presiede le sedute.
In ogni caso, secondo diverse fonti parlamentari di maggioranza, l’intenzione sembrerebbe quella di procedere con l’esame delle commissioni permanenti, chiudendo l’esperienza dell’organo speciale.
«Il decreto contiene le norme sul carcere ostativo e quella sui raduni, mi sembra sia scontato che vada in commissione Giustizia», dice il senatore forzista Maurizio Gasparri, che conosce bene le procedure parlamentari. In ogni caso, l’assegnazione in commissione spetta al presidente Ignazio La Russa, che deciderà nei prossimi giorni. Non è scontato che i desiderata di Forza Italia vengano accontentati, anche tenendo conto del voto che ha portato La Russa ad essere eletto presidente senza i consensi degli azzurri di Berlusconi.
I passi dell’opposizione
Intanto, anche alla Camera qualcosa si sta muovendo. La capogruppo del Pd, Debora Serracchiani, ha annunciato che il suo gruppo presenterà un emendamento al decreto Aiuti ter, all’esame di Montecitorio, proprio per cancellare la norma anti raduni. In testo, però, ha poche chance di passare.
Sopprime del tutto la norma, richiesta su cui difficilmente un pezzo della maggioranza di destra potrebbe convergere, e soprattutto è espressione dell’opposizione. Se venisse approvata, ad esempio, con i voti di Forza Italia si aprirebbe subito un caso politico per il governo Meloni, nato da poco più di dieci giorni.
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