La privacy dei cittadini continua a essere considerata un bene sacrificabile per le esigenze del governo di turno. Se n’è avuta ulteriore conferma riguardo al recente decreto interministeriale (n. 226/2024) sul foglio di servizio elettronico (Fdse) previsto per il noleggio con conducente (Ncc).

Il 12 dicembre scorso si è svolta una giornata di agitazione degli operatori del servizio, che lamentano l’appesantimento burocratico della loro attività rispetto a quella dei tassisti. Appesantimento che, con riguardo al Fdse, coinvolge – e in qualche modo travolge – anche i dati personali dei fruitori del servizio stesso, tracciandone gli spostamenti con Ncc.

La legge

Nel 2018 (d.l. n. 135), con una modifica alla “Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea” (n. 21/1992) era stata demandata a un decreto del ministero dei Trasporti, di concerto con quello dell’Interno, la disciplina delle modalità di compilazione e tenuta del Fdse, già previsto in formato cartaceo dal 2008.

Nel foglio devono essere indicati una serie di dati: la targa del veicolo; il nome del conducente; data, luogo e chilometri di partenza e arrivo; orario di inizio servizio, destinazione e orario di fine servizio; dati del fruitore del servizio. I dati riportati sono accessibili per tre anni a una serie di soggetti: dalla polizia stradale a carabinieri e guardia di finanza, dai Comuni a funzionari del ministero dell’Interno.

Le criticità

Dopo la previsione del Fdse, il Garante per la protezione dei dati personali aveva segnalato alcune criticità al presidente del Consiglio e al ministro dei Trasporti dell’epoca. «Il trattamento di informazioni così delicate, quali l’ubicazione o gli spostamenti degli interessati, che possono essere suscettibili di disvelare anche dettagli sensibili della vita degli stessi» – aveva detto il Garante – «non risulta conforme al canone di proporzionalità previsto dal Regolamento (Ue) 2016/679» (Gdpr).

Ciò comporta «ricadute sulla liceità del trattamento dei dati», determinando «ingiustificate limitazioni dei diritti degli interessati». La quantità dei dati personali da inserire nel foglio era ritenuta dal Garante sproporzionata in relazione ai fini perseguiti.

Ci si aspettava che, alla luce di queste osservazioni, il governo attuale, anziché limitarsi ad attuare la legge sul Fdse, l’avrebbe modificata, tenendo conto dell’evoluzione normativa avvenuta con il Gdpr e della mutata sensibilità – giuridica e non – per il tema della privacy.

Insomma, si sarebbe dovuto riconsiderare il bilanciamento tra l’esigenza dello Stato di controllare il servizio di Ncc per evitare abusivismi e il diritto dei cittadini alla tutela dei propri dati personali, facendo in modo che tale diritto non fosse oltremodo sacrificato attraverso una raccolta massiva di dati, conservati per un periodo eccessivo e accessibili a una pletora di soggetti. Ma così non è stato.

Il 26 ottobre scorso è intervenuto il decreto attuativo previsto dalla legge del 2018; e il successivo 3 dicembre la relativa circolare del ministero dei Trasporti. Il Fdse diverrà operativo dal prossimo 2 gennaio.

Il parere del Garante

L’autorità per la privacy ha espresso parere favorevole al decreto attuativo del Fdse, con la motivazione che il ministero avesse tenuto conto dei «suggerimenti formulati nel corso di interlocuzioni informali» e previsto «misure volte a mitigare l’impatto negativo sui diritti e sulle libertà degli interessati».

Il parere sul provvedimento rileva comunque la necessità che il periodo di conservazione dei dati dei clienti sia portato da tre a due anni e che siano dettate regole puntuali sulla pseudonimizzazione dei dati stessi dopo la chiusura del foglio di servizio. L’argine posto dal Garante appare insufficiente a tutelare in modo efficace la privacy e la libertà di movimento delle persone rispetto all’enorme tracciamento di massa realizzato attraverso il Fdse.

Ulteriori problemi

E non è tutto. L’utente di un servizio taxi può godere della riservatezza totale, mentre quello di un servizio di Ncc è praticamente schedato, come detto. Ciò potrà indurre taluni a preferire il primo tipo di servizio, gestito da coloro verso i quali l’attuale governo continua a manifestare un certo favore, a scapito del secondo.

Peraltro, da un esecutivo che di recente si è lamentato delle falle delle banche dati pubbliche, sarebbe stata doverosa una maggiore attenzione tesa a evitare la raccolta di quelli non necessari.

Ai tempi della pandemia, esponenti dell’attuale maggioranza di governo si erano opposti a qualunque controllo sui movimenti delle persone, battendosi per la tutela della privacy rispetto a sistemi di tracciamento. Hanno cambiato idea, nel frattempo?

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