- Dai documenti arrivati da Santa Lucia per dimostrare che la proprietà della casa di Montecarlo era di Giancarlo Tulliani, il cognato di Gianfranco Fini alla compravendita del senatore Sergio De Gregorio: Valter Lavitola era dappertutto.
- Nel febbraio 2011, scriveva a un altro amico, il ministro degli Esteri Franco Frattini: «Caro Franco, per piacere hai notizie della promozione dell’Ambasciatore Curcio? Ti abbraccio».
- La promozione desiderata era il salto, nella carriera diplomatica, da consigliere diplomatico a ministro plenipotenziario. Quella arrivata oggi, grazie a Di Maio.
Nell’infornata di promozioni che il Consiglio dei ministri ha approvato, il 29 aprile, su proposta del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, l’ultimo nome è di quelli tosti: Giancarlo Maria Curcio. Attuale ambasciatore in Perù, ma soprattutto grande amico di Valter Lavitola, ex direttore dell’Avanti! e faccendiere vicino a Silvio Berlusconi, travolto da una marea di processi dalla corruzione all’estorsione. Ricordate i documenti arrivati da Santa Lucia per dimostrare che la proprietà della casa di Montecarlo era di Giancarlo Tulliani, il cognato di Gianfranco Fini? E la compravendita del senatore Sergio De Gregorio? O lo scandalo delle tangenti pagate ai politici panamensi per l’acquisto di prodotti Finmeccanica?
Ecco, Lavitola era dappertutto. E teneva così tanto a Curcio che pochi giorni dopo la nomina di quello ad ambasciatore a Panama, nel febbraio 2011, scriveva a un altro amico, il ministro degli Esteri Franco Frattini: «Caro Franco, per piacere hai notizie della promozione dell’Ambasciatore Curcio? Ti abbraccio». La promozione desiderata era il salto, nella carriera diplomatica, da consigliere diplomatico a ministro plenipotenziario. Quella arrivata oggi, grazie a Di Maio.
La ribalta per Curcio era iniziata nel 2008 con la travolgente elezione a senatore PdL di Esteban Juan Caselli, il «Cacho», volato a Roma grazie a 48 mila preferenze su cui hanno indagato, per falso in atto pubblico e violazione della legge elettorale, le procure di Roma e di Reggio Calabria. Denunciava il senatore sconfitto in Sud America, quel Luigi Pallaro a cui era stata appesa, tra 2006 e 2008, la sorte del governo di Romano Prodi: «Venni informato per telefono dell’esistenza di un migliaio di schede, tutte con la stessa calligrafa e il nome di Caselli. Qualcuno ha raccattato migliaia di buste non consegnate e le ha votate».
Le schede irregolari sono poi risultate almeno 20.000. All’epoca Curcio era console generale a Buenos Aires. E su youtube gira ancora un video, pubblicato da un ex dipendente del consolato, che mostra centinaia di schede ammucchiate in una stanza, probabilmente del consolato stesso, su cui si legge chiaramente il nome “Caselli”.
Il grande salto
Nel 2011 Curcio ha fatto il grande salto: primo incarico come ambasciatore. A Panama. Esattamente dove Lavitola aveva un sacco di affari, tanto da poter facilitare, nel 2010, le prime visite ufficiali di Frattini e di Berlusconi. Sempre lui, sceso dall’aereo di Stato dove aveva viaggiato col premier, ha poi vigilato su molte trattative commerciali: Impregilo, Finmeccanica, ospedali, perfino la costruzione di 4 carceri assegnata a un consorzio di amici, Svemark. Costruzione mai andata in porto, quest’ultima, nonostante la solerzia di Curcio nel segnalare a Roma tutti gli intoppi e le possibili soluzioni.
Nel 2012 Valter Laviolta si è consegnato alla giustizia. Curcio è rimasto sempre a Panama; e da lì, nel 2015, ha esteso la sua competenza su Santo Domingo, Haiti, Antigua e Barbuda, St. Kitts and Nevis.
A Roma si sono alternati ben tre ministri – Giulio Terzi di Sant’Agata, Emma Bonino, Federica Mogherini - prima che al quarto, Paolo Gentiloni, venisse l’idea di richiamare in patria l’amico del pluri-condannato faccendiere. Ma a Roma Curcio è rimasto poco: nel novembre 2018 Enzo Moavero Milanesi lo ha mandato in Perù. E ora Di Maio gli regala un salto di carriera che vale circa 25 mila euro sullo stipendio base.
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