«Le sembra che stia un passo dietro agli uomini?» La replica di Giorgia Meloni a Deborah Serracchiani del Pd a Montecitorio, all’inizio del suo mandato è rimasta agli annali. Ma oltre a offrire alla presidente del Consiglio l’assist per segnare un gol a porta vuota, la dichiarazione di Meloni in risposta a chi cercava di metterla in difficoltà svelando la contraddizione tra il suo successo e le posizioni tradizionaliste del suo partito svela anche parte della ricetta della sua vittoria: c’è infatti un elemento comune alle donne alla guida di partiti di estrema destra e una peculiarità italiana. 

Elettrici e leader

L’estrema destra è sulla cresta dell’onda in tutto il mondo, e Meloni è al centro del palco. Insieme a lei, a vivere lo stesso controsenso di donna alla guida di una forza tradizionalista, in Europa ci sono anche Marine Le Pen e, forse in maniera ancor più paradossale, Alice Weidel, che da omosessuale vive in un modello familiare che il suo partito sconfessa. Non è un caso. Nonostante le donne votino l’estrema destra meno di frequente (nel 2022, aveva scelto FdI il 24 per cento di elettrici e il 28 per cento di elettori), sono infatti più inclini a farlo se a guidarla c’è una leader donna. Uno studio danese di Karina Kosiara-Pedersen e Kasper M. Hansen dimostra che le capo di partito sono considerate in maniera più positiva dalle elettrici che dagli elettori, mentre non è vero il contrario. 

Il politologo Alexander Hensel, invece, nel 2017 ha spiegato – ripreso dalla scienziata politica Elisa Gutsche in uno studio della Fondazione Friedrich Ebert – che nonostante i partiti come AfD e FdI siano interessanti soprattutto per un bacino di maschi giovani, nei movimenti di estrema destra le donne hanno un ruolo prominente per una ragione ben precisa. Da un lato, rappresentano il volto più moderno e aperto di quel tipo di partiti, che vogliono liberarsi dell’immagine di formazione minacciosa e cupa. Dall’altro, sono anche «Postergirl» e possono fare da esempio per altre donne, sono più credibili quando solleticano le paure.

Sono timori legati spesso alla presenza massiccia di persone con background migratorio. Sempre Gutsche scrive che studi recenti dimostrano come le donne siano più sensibili degli uomini all’ostilità contro gli stranieri, razzismo e ostilità all’islam, soprattutto in termini di difesa di diritti già stabiliti in precedenza contro quelli dei “nuovi arrivati”. La ragione starebbe in sintesi nella strategia – soprattutto tra le donne meno qualificate provenienti dalla Germania orientale – di rivalutare il proprio status sociale screditando gruppi più deboli, facendo riferimento a un «senso generico di minaccia da parte di uomini stranieri» e a un «senso di appartenenza dimostrativa alla comunità tedesca». 

Effettivamente, per mostrare come l’estrema destra usi come bandiera i diritti delle donne – i «valori europei» che richiama spesso e volentieri anche Jordan Bardella, capo della delegazione europea del Rassemblement National – contro l’islam e le culture “straniere” basta guardare gli eventi di cronaca degli ultimi anni, a partire dalla vicenda delle molestie sessuali di gruppo a Colonia l’ultimo dell’anno 2015.

«Sono preoccupata che la crisi dei migranti sia il simbolo dell’inizio della fine dei diritti delle donne», disse in quell’occasione Marine Le Pen. Di conseguenza, sempre più donne vedono in questi partiti i guardiani migliori delle conquiste in termini di parità di genere, anche se si tratta di un inganno, visto che – nonostante una sostanziale parità che mostrano le prime file del partito – la proposta in termini di politica familiare per le donne prevede ruoli che spesso e volentieri non sono in linea con le priorità di donne progressiste. Ma la convinzione che certe libertà e certi diritti siano ormai acquisiti e inattaccabili, segnala la giornalista della Taz Simone Schmollack in un’analisi del recente voto in Germania per il Deutschlandfunk, è per esempio ancora più diffuso nei Land orientali della Germania, dove – almeno su carta – le donne erano alla pari già ai tempi della Ddr. Motivo per cui, ora, sono disposte a votare AfD, sicure che le loro conquiste non verranno scalfite. 

Il caso italiano

Ciononostante i partiti d’estrema destra restano formazioni per lo più molto maschili: è il caso del Rassemblement National e di AfD, dove però le poche donne presenti – nel Bundestag attuale le parlamentari sono appena l’11,8 per cento – hanno avuto spesso ruoli di rilievo. Prima di Alice Weidel, la leader era sempre una donna, Frauke Petry, e anche Beatrix von Storch si è conquistata un ruolo di rilievo. In Francia, Marine Le Pen sembrava aver trovato un’erede nella nipote Marion Maréchal, ma le faide familiari sembrano aver avuto la meglio, dopo che Marine era riuscita a spogliare il partito dello stile mascolino che gli aveva impresso suo padre guadagnando consenso anche tra le donne. 

Sembra invece un’eccezione in questo senso Fratelli d’Italia, in cui ormai parecchi posti chiave sono ricoperti da donne. C’è anche da dire che FdI è partito principale di una coalizione di governo, quindi ha a disposizione anche più posti di sottogoverno, presidenze di commissione e incarichi-satellite riconducibili al mondo di Meloni, ma la linea di comando sembra sempre più in mano a fedelissime, più che fedelissimi.

A partire dalla sorella della premier, Arianna, ma passando poi per altre donne di partito che hanno la fiducia della presidente. L’astro di Daniela Santanchè – decisamente non organica a FdI – si sta appannando, ma nel partito stanno crescendo con una certa costanza figure femminili da tenere d’occhio. Oltre alla pasionaria Chiara Colosimo, che alle spalle ha un’esperienza alla Regione Lazio e ora guida la commissione Antimafia, passando per Paola Frassinetti, sottosegretaria all'Istruzione e storica militante nera milanese.

Da segnalare anche i profili di tre deputate come la palermitana Carolina Varchi, la napoletana Marta Schifone e la trentina Alessia Ambrosi. Ma pure per gli incarichi tecnici Meloni fa spesso ricorso a figure femminili: oltre alla sua storica portavoce Giovanna Ianniello e la segretaria personale Patrizia Scurti, per la guida di Terna ha scelto Giuseppina Di Foggia, come ragioniera generale dello stato il suo esecutivo ha indicato Daria Perrotta, nel consiglio d’amministrazione della Rai ha fatto sedere per conto della sua area politica Federica Frangi. La dimostrazione del fatto che la destra non è più cosa da uomini. 

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