Il presidente del Consiglio liquida lo scontro con l’ex premier in poche parole, rimandando il raggiungimento del traguardo del 2 per cento del Pil al 2028, come proposto dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini
Mario Draghi scrive la parola fine sulla disputa interna alla maggioranza rispetto alle spese militari. La maggioranza secondo il premier è solida, l’accordo si trova su «quel che ha proposto e deciso Guerini, che ha proposto che la data (di raggiungimento dell’obiettivo Nato) sia il 2028. Poi è uscito un comunicato che quella era proprio la richiesta di coloro che volevano ridurre le spese».
Una chiusura della non-crisi scatenata dal Movimento 5 stelle che aveva tentato di alzare il tono dello scontro con il presidente del Consiglio nei giorni scorsi e che entrambi i lati hanno proposto come propri successi. Ieri sera diversi esponenti dei Cinque stelle avevano espresso apprezzamento sull’«apertura» del governo nei confronti delle richieste del M5s. Sia Conte che Draghi non si stancano intanto di ribadire la volontà di rispettare l’impegno di spesa militare con la Nato.
«Bisogna tendere con continuità e realismo, non c’è nessuna sorpresa in questo obiettivo di tendenza» ha detto Draghi.
Il capo del governo ha anche specificato che «nel documento di economia e finanza non c’è un’indicazione specifica di spese militari», considerato che «è documento complessivo»: un altro aspetto che dovrebbe rendere più digeribile per i Cinque stelle il voto in programma a giorni sul testo proposto dal governo.
La guerra
Draghi ha liquidato lo scontro con Conte in poche parole durante la conferenza stampa presso la stampa estera, dedicando più tempo a discutere con i giornalisti stranieri della posizione dell’Italia nel conflitto ucraino e delle implicazioni sui costi dell’energia che l’invasione ha causato, anche in virtù della lunga telefonata che Draghi ha avuto ieri con il presidente russo Vladimir Putin.
Tra le altre cose, ha anticipato che sia l’Ucraina che la Russia hanno chiesto che l’Italia sia garante delle trattative e dei risultati che emergeranno dai negoziati. Sui contenuti dei punti fermi da garantire Draghi ha rimandato ai risultati delle trattative.
Il prezzo del gas
Per quanto riguarda invece la possibilità per le aziende europee di continuare a pagare le forniture di materie prime in euro e dollari, e non in rubli come richiesto da Putin, Draghi ha spiegato che l’apertura di Mosca comunicata anche al cancelliere tedesco Olaf Scholz è «una concessione che vale soltanto per i paesi europei. Le aziende europee continueranno a pagare in euro e dollari, la conversione del pagamento in euro o dollari in rubli è un fatto interno alla Federazione russa, questo è quel che ho capito» ha detto il presidente del Consiglio.
Altro aspetto delle conseguenze della guerra è l’aumento dei prezzi energetici che tocca soprattutto Italia e Germania, i paesi europei maggiormente dipendenti dalle importazioni energetiche russe.
Di fronte alla domanda se attraverso l’acquisto del gas non si stesse finanziando la guerra di Putin, Draghi ha risposto che «non c’è alcun dubbio, ma proprio per questo l’Italia ha spinto insieme a vari altri paesi verso attuazione di un price cap, un tetto ai prezzi.
La paura da superare, dice Draghi, è quella che la risposta a un abbassamento unilaterale del prezzo sia il taglio della fornitura. «Per ridurre i finanziamenti alla Russia occorre abbassare il prezzo del gas. siccome non possiamo rinunciarvi immediatamente, dobbiamo abbassare il prezzo».
Il premier è intervenuto anche sull’inflazione, promettendo ulteriori interventi per sgravare dall’aumento dei costi famiglie e imprese e anticipando che «la prossima settimana incontreremo i sindacati».
© Riproduzione riservata