Salvini insiste:«Si è astenuta la minoranza della minoranza». Ma i dati della Cgil sono diversi: «Il ministro fa riferimento solo alle Fs». Intanto i sindacati alzano lo scontro e tornano a criticare la manovra del governo Meloni. Preoccupazioni sul taglio delle pensioni
All’indomani delle manifestazioni e dello sciopero generale di Cgil e Uil, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini insiste sul «flop». Lo fa da un gazebo della Lega a Milano: «Dopo una settimana di insulti e polemiche i dati sono chiari. Quelli che hanno scioperato, che vanno rispettati, sono una minoranza della minoranza della minoranza», altro che la “maggioranza” del paese di cui ha parlato Maurizio Landini dal palco, «Nel comparto ferroviario hanno scioperato cinque persone su 100. E che cinque persone su 100 possano bloccare l’Italia per 24 ore sarebbe stata una follia».
Al netto del fatto che lo sciopero era convocato per otto ore, sulle quali si è abbattuta la scure delle precettazioni, dal lato Cgil la replica arriva dal segretario del comparto precettato, quello dei Trasporti, la Filt di Stefano Malorgio. «Intanto per la prima volta i dati dello sciopero vengono forniti da un ministro anziché dalle aziende», premette, ma il punto è un altro: «Per dire che le adesioni sono state basse, il ministro deve restringere i dati al trasporto ferroviario di Fs, quello che tra fasce di garanzia e precettazione era in larga parte impossibilitato ad aderire allo sciopero. Nel trasporto pubblico locale e nei marittimi i numeri sono altissimi. Così come il settore della logistica: per esempio la filiera di Amazon ha aderito al 90 per cento. Inoltre il ministro finge di non conoscere un dato molto significativo. Glielo dico io: al nord si sono fermati tutti i porti. Lui, e il sottosegretario Rixi, forse dovrebbero riflettere. Anche perché non rivelo nessun segreto dicendo che una forte spinta alle adesioni è arrivata proprio quando il ministro ha cominciato a contestare lo sciopero».
I numeri
Notizie simili stanno cominciando ad affiorare anche dalle grandi aziende metalmeccaniche del nord, dove la Cgil è forte, ma anche la Lega, persino in fabbrica. Le “sparate” di Salvini hanno provocato molto malumore fra quelli che i leghisti chiamano «i nostri».
Da fonte sindacale arrivano i primi dati sparsi del settore trasporti. L’adesione dei lavoratori dei porti, quelli che segnala Malorgio, è imponente: Livorno 90 per cento, Genova 90 per cento, Savona 90 per cento, Salerno 80 per cento, Ancona 80 per cento, Monfalcone 80 per cento, Venezia 70 per cento. Quanto alle ferrovie, Manutenzione rotabili Trenitalia Campania 70 per cento. Il trasporto pubblico locale: Gtt Torino 80 per cento, Valle D’Aosta 75 per cento, Sita Sud Campania 70 per cento, Puglia 60 per cento, Firenze suburbano 70 per cento. Il trasporto merci: Driver filiera Amazon in Lombardia 75 per cento, Driver filiera Amazon nel Lazio 70 per cento, dipendenti centro smistamento Amazon Spilamberto (Modena) 50 per cento, Corrieri Fedex a Genova 80 per cento, Corrieri Fedex Ancona 95 per cento, Appalto Bcube a Bari 95 per cento.
Non sono i numeri di un flop. Ma Cgil e Uil non hanno fretta. Gli scioperi vanno avanti. Domani si fermerà la Sicilia, il 24 le regioni del nord, il 27 la Sardegna, il primo dicembre le regioni del sud. Le manifestazioni convocate sono in tutto 58, al netto di presìdi e altre iniziative. Ci sarà il tempo per fare i conti.
Battere il chiodo
Nel frattempo la strategia è quella del pressing quotidiano. La Cgil e la Uil intendono battere il chiodo finché è caldo, ovvero utilizzare la finestra di visibilità mediatica per far circolare il più possibile le ragioni del no alla manovra. Nel merito, settore per settore, capitolo per capitolo. Anche per replicare alla premier secondo cui lo sciopero è stato convocato prima ancora che lei «pensasse» alla legge di bilancio.
Ha iniziato ieri via del Corso, pubblicando un’analisi a cura del dipartimento previdenza Cgil-Spi, pronta da giorni. Nello studio il governo viene accusato di fare «cassa» sulle pensioni. «Oltre ad essere riusciti a peggiorare la legge Monti/Fornero, azzerando qualsiasi forma di flessibilità in uscita, taglia per migliaia di euro la rivalutazione delle pensioni», spiega Lara Ghiglione. Si calcolano «tagli pesantissimi sulle pensioni nel biennio 2023-2024, che raggiungono 962 euro per una pensione lorda di 2.300 euro (netta 1.786), fino ad arrivare a 4.849 euro lorde per un importo di pensione lorda pari a 3.840 euro (2.735 euro nette)». Non finisce qui, viene spiegato: dal 2027 il governo intende cambiare gli indici con cui calcolare la rivalutazione delle pensioni, sostituendo l’indice di perequazione con il deflatore Pil (lo strumento che consente di depurare la crescita del Pil dall’aumento dei prezzi, ovvero dall'inflazione). La Cgil calcola una perdita ulteriore di 78 euro per una pensione di 1.786 euro netti e di 230 per una pensione di 2.735 euro netti. Dati che se proiettati sull’attesa di vita media, raggiungono importi tra i 18mila e i 35mila euro di mancato guadagno».
Dalla Uil stessa musica. Le cifre rilanciate dal segretario Pierpaolo Bombardieri in piazza sono quelle della relazione tecnica alla manovra dell’Ufficio parlamentare di bilancio: «La mancata indicizzazione delle pensioni determinerà un risparmio dal 2023 al 2032, di 36 miliardi. L’ufficio parlamentare di bilancio dice che la rivisitazione retroattiva delle aliquote nel pubblico impiego porterà risparmi, fino al 2043, per 32 miliardi», insomma sono stati tolti 68 miliardi al sistema delle pensioni. La Uil spinge anche sul tasto di Opzione Donna, un affondo “dedicato” alla prima presidente del Consiglio donna: «Nella manovra c’è scritto che l’età passa da 60 a 61 e così la platea viene ulteriormente ridotta, passando da 17mila donne, per una possibile spesa di 100 milioni, a 2mila donne, per una spesa di 19 milioni».
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